Un po’ come avvenne con Berlusconi, per anni assillato dalle dieci domande che Giuseppe Davanzo su Repubblica ripropose per mesi sul caso "di Noemi" o “di Veronica” – non è ancora chiaro oggi come definirlo -, anche Enrico Mentana su una questione così importante come la gestione della pandemia ha rivolto alcune acute e ponderate domande al premier Giuseppe Conte.
“Presidente Conte, la lettura del Dpcm di oggi e l’ascolto della conferenza stampa con cui lei l’ha presentato suscitano alcuni interrogativi – ha premesso Mentana - , che pongo tenendo ben presente quanto sia difficile il ruolo di chi deve decidere nell’interesse dell’intera comunità in una fase così grave e pericolosa. Sono quindi domande rivolte sine ira et studio”.
Ecco le sette domande:
1. Perché ancora una settimana fa, se la situazione stava così peggiorando, ha varato un altro Dpcm molto blando, tanto che le regioni hanno dovuto inasprire le misure già nelle ore successive alla sua entrata in vigore?
2. Perché dieci giorni fa Macron e oggi Sanchez, di fronte a curve non dissimili da quella italiana, hanno proclamato il coprifuoco serale, e invece lei ha scelto una strada volutamente diversa?
3. Perché ha respinto la richiesta delle regioni di tenere aperti bar e ristoranti fino alle 23, scegliendo oltretutto un orario di chiusura, le 18, che non ha senso per l’attività dei ristoratori?
4. Perché ha chiuso cinema e teatri nonostante rispettassero misure di sicurezza più rigide di mezzi di trasporto, supermercati e uffici pubblici, sapendo peraltro che l’attività cine/teatrale è già soffocata dalla concorrenza home video, che per effetto della chiusura viene favorita?
5. Perché per le scuole superiori, nel dualismo tra presidi e ministra da un lato e regioni dall’altro ha scelto una terza via (la Dad al 75%) che scontenta gli uni e gli altri e appare inapplicabile?
6. Perché ha evocato l’arrivo entro fine anno del vaccino, pur non essendo questa scadenza nella disponibilità di decisione o di controllo del governo o di altre entità nazionali?
7. Perché misure così pesanti per molte categorie produttive sono state decise senza alcun confronto con le categorie interessate? E perché poi tentate di placarne la protesta con la promessa di un ristoro, che per definizione poi non va a lenire il danno di tutta la filiera produttiva (a cominciare dai lavoratori meno tutelati)?
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