Un maxi-sequestro di oltre 30 milioni di euro per Gedi, che opera in uno dei settori strategici della holding Exor della famiglia Agnelli (il cui presidente e ad è John Elkann) che si occupa di editoria con l’accusa di truffa ai danni dell’Inps riguarderebbe presunte irregolarità nei prepensionamenti di numerosi giornalisti e dirigenti. Una notizia svelata dal quotidiano La Verità nei giorni scorsi e che oggi vede un ulteriore aggiornamento. Ci sarebbe, infatti, un documento riservato trasmesso nel 2016 dall’allora Dg dell’Inps Massimo Cioffi al ministero del Lavoro che, già cinque anni fa, svelava artifici della truffa ai danni dello Stato contestata dalla Procura di Roma al gruppo editoriale Gedi. In quel documento – come riporta il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro -, salvato come “Nota informativa su Cigs e prepensionamenti Gruppo editoriale L’Espresso”, insieme alla ricostruzione di tutte le segnalazioni arrivate all’istituto, erano contenute le storie di sette dirigenti della casa editrice, in particolare del comparto radiofonico e della concessionaria pubblicitaria, la Manzoni.
In buona sostanza, pare che i manager, dopo essere stati demansionati e trasferiti da società sane ad altre in crisi (per usufruire della cassa integrazione) siano stati pensionati con la qualifica di grafico. Anche le età sono sospette, visto che variano dai 53 ai 61 anni. Un modo, sempre secondo l’accusa, di caricare sulle casse dello stato (L’Inps) i costi dei dirigenti assunti dall’azienda all’epoca guidata dalla famiglia De Benedetti. Ora però saranno gli Agnelli a dover rispondere, dopo il sequestro da parte della Procura di oltre 30 milioni di euro ai sensi del decreto legislativo 231 del 2001, quella che punisce la responsabilità amministrativa delle società. La questione, però, non riguarda soltanto la società guidata da John Elkann, perché pare che presto a pagare dovranno essere gli stessi prepensionati, visto che la Procura sembra pronta a sequestrargli le somme illecitamente percepite che non sono di poco conto, come alcuni che percepiscono 7mila euro al mese. Per loro, che sono indagati, si configura il reato di aver concorso nella truffa in danno dello Stato aggravata dall’entità del danno patrimoniale.