Protesta davanti al consolato generale di Cuba, in via Gaspare Gozzi a Milano, dopo che migliaia di persone sono scese in strada in tutto il Paese, dall’Avana a Santiago. Sul posto, nel capoluogo lombardo, un buon numero di agenti di polizia, preoccupati per una possibile escalation, anche se tra i manifestanti ha prevalso un approccio tranquillo e "festoso", nonostante la criticità del momento. E c'eravamo anche noi di MOW.
Dalla folla, tra cartelli, bandiere cubane e urla, cori come “Patria y vida” e "Libertad, libertad". Ma anche "Asesino" e "No mas violencia, no mas represion", oltre a slogan contro il comunismo. Non mancava però nemmeno la musica.
“Son tre giorni che piango, al mio popolo qua piange il cuore, e ci serve aiuto internazionale. Basta ragazzi. Patria y vida!”, ha urlato uno dei manifestanti, separati dalle forze dell’ordine e dal consolato da due file di transenne. Su altri cartelli si legge “Sos” e “Cuba libre”.
“Stanno alzando le mani contro il popolo in difeso – ha detto poi una signora – stanno sparando”.
C'era chi denunciava che ciò che viene inviato per esempio dall'Italia a Cuba non vorrebbe fatto arrivare ai cittadini dell'isola, ma rivenduto.
"Biden – ha detto uno dei manifestanti intervistati da Moreno Pisto – ci deve andare con la mano un po' più pesante. Basta fare finta di niente, basta girarsi dall'altra parte. Stanno massacrando il popolo cubano da anni e nessuno fa nulla. La gente si è stancata, la gente non ha più nulla da perdere".
"Io – ha aggiunto una signora – vorrei un governo libero. Un governo libero da tutta quella dottrina di merda che c'è a Cuba, che fa ammazzare tutto il popolo. Non è possibile che la polizia entri in casa delle persone e spari a delle persone con dei bambini piccoli in braccio".
“Vorrei – le parole di Alexander Munoz – un governo democratico, un governo eletto dal popolo, non una marionetta, non da uno che promette che tutto sarà [per] il bene del popolo e dopo ci prendere per il culo come hanno fatto il duce e il nazismo qua. Baste menzogne. Cuba non è sesso, Cuba è altro che belle spiagge. Cuba è un popolo che ha bisogno di libertà. Vivo in Italia da dieci anni e piango ogni giorno per la mia gente e per essere stato obbligato ad andare via dalle radici e dal mio popolo. Amo questo Paese perché mi ha accolto come un figlio, ma voglio stare a Cuba, dove ho la mia famiglia”.
La mobilitazione avvenuta a Cuba ha ricordato il “maleconazo” del 1994 che spinse Fidel Castro a incontrare i dimostranti e a parlare con loro. I motivi della protesta sono riconducibili alla pesante crisi economica che sta interessando l’isola, dove, stando a quanto riferisce il Corriere – “come nei primi anni Novanta, manca il cibo nei piatti, i blackout elettrici durano ore e la gente è spinta ad emigrare negli Stati Uniti, con qualsiasi mezzo. Anche rischiando la vita in mare sulle «balsas», zattere rudimentali. Ma oggi c’è qualcosa in più e di diverso rispetto al 1994. I vertici si sono trincerati nei palazzi del potere. E centinaia di persone sono finite agli arresti”.