Volevo iniziare con “Caro direttore”, poi però ci ho ripensato. Sarebbe sembrata una polemica e invece una polemica non è, ma solo una riflessione a sangue più freddo rispetto ai momenti immediatamente successivi il GP di Catalunya a Barcellona. Quelli che il nostro direttore, appunto, ha sfruttato per scrivere di getto un elogio di Fabio Quartararo, interprete di un motociclismo ormai scomparso con il suo gesto di chiudere la gara e bagarrare nonostante la tuta aperta, nonostante il parasterno volato via e una situazione di oggettivo pericolo.
Lo ammetto, io stesso mi sono gasato e pure tanto, ho trovato romantico il gesto del francese, al limite dell’eroismo e specchio dell’anima di un pilota che sceglie di mettere il risultato, o l’obiettivo se vogliamo, davanti alla sua stessa vita. E’ stato figo, è stato adrenalinico, è stato folle come piace a noi che i folli li abbiamo amati sempre. Poi però la gara è finita, il sangue ha cominciato a farsi più freddo e la ragione ha iniziato a intrufolare il dubbio dentro le certezze. E MOW è, fin dalla sua nascita, il luogo delle libertà e delle opinioni, il luogo in cui la linea editoriale è, appunto, il libero pensiero. Il mio, di libero pensiero, è andato ad appena sette giorni fa, quando un pilotino di soli diciannove anni, nelle stesse ore, veniva dichiarato morto in seguito all’incidente avuto il giorno prima in qualifica. Quella tragedia aveva, inevitabilmente, scatenato commozione e il solito dibattito sulla necessità di maggiore sicurezza in pista.
Tutti, dal più sconosciuto al più famoso, hanno chiesto maggiori tutele per i piloti, riconoscendo che effettivamente oggi si muore molto meno di un tempo nelle corse in moto, ma ribadendo che anche una sola morte non vale il gioco. Ma la sicurezza è solo qualcosa da pretendere oppure, anche violentando l’anima da pilota, andrebbe anche perseguita in maniera attiva? Casey Stoner, in un Tweet, ci ha anche provato a dirlo, scatenandosi contro anche diverse critiche. Eppure non si può certo dire che Stoner ai suoi tempi era un braccino e tantomeno che era uno che agiva di conserva e senza prendere rischi. Ma oggi Fabio Quartararo avrebbe dovuto dimostrare che alla sicurezza lui ci tiene davvero, non solo a parole. Se si rompe la moto ti ritiri e se si rompe la tuta, esponendoti ad una situazione di oggettivo pericolo mentre sei in piena bagarre, dovresti accostare di lato e spegnere il motore. Probabilmente l’eroismo vero sarebbe stato quello a pensarci bene e quindi no, caro direttore, Fabio Quartararo oggi non è stato un eroe. Ma un incosciente. O, se proprio non vogliamo dargli dell’incosciente, è stato un incoerente, visto che appena sette giorni fa, anche lui come gli altri, chiedeva che le corse fossero più sicure.
Non ci ha pensato lui a farlo con l’adrenalina (e la sacrosanta rabbia per la sfiga avuta) ancora nelle vene? Bene, avrebbero dovuto pensarci quelli che comandano e vigilano sulle gare, piuttosto che stare a puntigliare su cazzatelle (perché al confronto sono cazzatelle) come il mettere una ruota sul verde o aver tagliato una doppia curva penalizzandolo di tre secondi. Casey Stoner nel suo Tweet è stato chiaro. “A prescindere dal fatto che Fabio Quartararo abbia abbassato la cerniera delle tuta di proposito o meno – ha scritto il 27 - credo fosse giusto esporre la bandiera nera. A questo livello non si può essere autorizzati a correre a 350 km/h o più con la tuta aperta”. E, anche se lo so che in tanti non saranno d’accordo, credo che Stoner abbia ragione marcia. E’ stata una brutta scena, ed è stata ancora più brutta soli sette giorni dall’asfalto che ha trasudato il sangue di un ragazzino di soli diciannove anni.