“Io avrei messo i fissatori esterni”. Claudio Marcello Costa, il Dottorcosta, è un gran signore e non parla mai male dei suoi colleghi. Ma di solito usa frasi molto lunghe, parte da lontano e sceglie una terminologia tra epica e scienza, e quando invece è categorico diventa molto chiaro come la pensa. Nell’intervista rilasciata a Nico Cereghini per Moto.it, all’indomani del terzo intervento chirurgico all’omero della spalla destra subito da Marc Marquez, il Dottorcosta è stato categorico: “Io avrei messo i fissatori esterni”.
Lo era stato anche la prima volta che Marquez si era operato: “Io avrei messo un chiodo, la placca potrebbe spezzarsi”. E sappiamo come è andata. Poi lo è stato ancora quando Marquez è finito sotto i ferri per la seconda volta: “La piastra è un rischio, perché potrebbe portare ad una pseudoartrosi che rallenterebbe la calcificazione dell’osso”. E, manco a dirlo, l’osso del Cabroncito non si è rinsaldato. Terzo intervento chirurgico e terza piastra, questa volta a Madrid e con un’altra equipe medica, e il commento del Dottorcosta è stato categorico: “E’ l’intervento che andava fatto, ma avrei messo dei fissatori esterni, tagliando la parte che non calcifica, anche rischiando di accorciargli il braccio”. E che è successo? Hanno applicato una terza piastra, ma poi è venuto fuori che Marc Marquez ha una infezione e che proprio quella infezione potrebbe essere stata la causa delle difficoltà avute in precedenza. Tanto che adesso c’è già chi parla della possibilità di un quarto intervento chirurgico per rimuovere la piastra e applicare i fissatori esterni, limando le due porzioni di osso in cui risiede l’infezione. Esattamente quello che aveva detto il Dottorcosta.
E’ storia recente e, per carità, nessuno si augura che l’otto volte campione del mondo torni in sala operatoria. Già ci ha passato troppo tempo. Si spera, piuttosto, che gli antibiotici facciano il loro dovere e che l’infezione svanisca, consentendo a Marquez un recupero definitivo e possibilmente anche veloce. Ma di più rotto dell’osso di Marc Marquez c’è un sistema. Un sistema che brucia, che mette in soffitta, che ignora le esperienze e che ha perso il significato della parola “rispetto”. Non succede solo nel motociclismo, purtroppo, e l’esperienza degli anziani ormai è quasi un peso, una rottura di palle, anche nelle cose del quotidiano. Brutto a dirsi, ma è così. Richiederebbe un discorso più lungo e che comunque non porterebbe da nessuna parte ed è di motociclismo che dobbiamo parlare. Per raccontare, però, che il motorsport non si distanzia affatto dalla brutta piega che ha preso il vivere comune e il Dottorcosta ne è proprio l’esempio.
E’ di questi giorni, infatti, la notizia che Claudio Marcello Costa aveva provato a mettersi a disposizione per un consulto su Marc Marquez. Non potendo rintracciare direttamente il Cabroncito, ha tentato un canale italiano per arrivare a qualcuno vicino all’otto volte campione del mondo. Ma non ha funzionato, perché nessuno lo ha cercato e non è neanche detto che sia stato proprio Marquez a rifiutare il suo aiuto. Anzi, è molto probabile che la disponibilità del Dottorcosta non gli sia stata neanche riferita. Eppure aveva avuto già ragione una volta e pure una seconda. Eppure ha passato la vita sui circuiti e tra i piloti. Eppure ha messo la firma su imprese a cavallo tra la scienza e i miracoli. Ma niente: è superato, messo lì. Quasi costretto a sentirsi uno che non vuole uscire di scena solo per aver offerto la sua esperienza. Non è mai stato un cauto, ha fatto correre piloti con le stampelle, con traumi ancora freschi, con guanti speciali e marchingegni diabolici. Ma ha sempre avuto ragione, a volte anche sulla morte. Possibile che una telefonata al Dottorcosta ormai la facciano solo i giornalisti? E’ vero, ha scelto di andare in pensione, ma è risaputo che non ha mai smesso di studiare, di aggiornarsi, di seguire quei ragazzi che lui chiama “i suoi eroi”. Ogni volta che è intervenuto lo ha fatto in maniera puntuale, dicendo cose che poi si sono rivelate tutt’altro che fesserie. Ma l’hanno lasciato in soffitta, come qualcosa che non serve più.
L’infezione di Marc Marquez dovrebbe far aprire gli occhi su una infezione del sistema. Non su una persona, il Dottorcosta nello specifico, e nemmeno su un caso, quello dell’otto volte campione del mondo, ma su un modo di disconoscere tre termini: “esperienza”, “rispetto”, “fiducia”. Tre termini che sono anche tre valori o che, almeno, lo sono stati nel motociclismo fino a non molto tempo fa. Forse è il caso di somministrare un antibiotico anche al sistema e, magari, insieme all’infezione di Marc Marquez guarirà anche quella ben più grave che sta insidiando il motorsport e non solo.