Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista, non ha seguito l’ultima tornata elettorale da spettatore. Era in campo in prima persona per le suppletive della Camera, nel collegio di Siena, contro il segretario del Pd Enrico Letta, che torna in Parlamento dopo che con il 50% delle preferenze ha prevalso sul candidato del centrodestra Tommaso Marrochesi Marzi (37,8%) e sullo stesso Rizzo (4,7%). Lo interpelliamo per un’analisi del voto (comprendente anche e soprattutto le amministrative) da un’ottica politicamente opposta rispetto a quella del già intervistato Daniele Capezzone.
“Lo scenario – argomenta Rizzo – è ormai quello di una forte disaffezione: sia nelle grandi città che nelle suppletive per la Camera c’è stata una grande astensione. Quasi ovunque si sta al di sotto della metà dei votanti: la maggioranza delle persone non va a votare, quindi evidentemente c’è un problema”.
Perché molti sono rimasti a casa?
“È probabile che molti non si sentano rappresentati e c’è una disaffezione motivata: oggi abbiamo la finanza che comanda la politica, non viceversa, e questo è chiaro che produce disaffezione, ma la disaffezione è anche incentivata dal modello di sistema. Il risultato è che chi ha il 20% dei consensi controlla il 100% della macchina politica, ma purtroppo è una macchina politica che decide molto poco. Dentro questi risultati si evidenzia come il Partito Democratico sia il più affine al modello Draghi, il partito più conseguente ai processi di globalizzazione capitalistica, dalle delocalizzazioni alla distruzione della sanità pubblica, dai licenziamenti al Green Pass. Per questo viene scelto dall’establishment e per questo motivo che io mi sono candidato contro Letta a Siena”.
Ne è valsa la pena?
“Sia a Siena che a Primavalle, che sono due collegi politici, sono arrivati risultati molto significativi: il Partito Comunista è arrivato terzo dietro il centrosinistra e il centrodestra con quasi il 5% a Siena e quasi il 7% a Primavalle, il che ci fa ben sperare. Sappiamo benissimo che è poca cosa rispetto alla globalità, però siamo soddisfatti”.
Che dire del centrodestra invece? Una sconfitta legata anche ai candidati deboli?
“Sicuramente c’è una crisi, ma va considerato che questo centrodestra non è alternativo al centrosinistra. Partono dallo stesso modello di sistema, tant’è che per esempio i miei due avversari a Siena, Letta per il centrosinistra e Marrochesi per il centrodestra, avrebbero votato per Draghi, presidente del Consiglio che non a caso è un banchiere. Che vinca il centrosinistra o il centrodestra, cambia poco. Se non è zuppa è pan bagnato. Chi vince davvero è la finanza. Ed è una politica delle porte girevoli. Gualtieri, già ministro dell’economia e probabile prossimo sindaco di Roma, credo sia stato candidato negli ultimi anni a quattro incarichi diversi. E Padoan se ne va dal Parlamento per entrare nel board di Unicredit, lascia un posto libero a Siena e fa entrare il segretario del suo partito richiamato dalla Francia dopo essere stato cacciato da Palazzo Chigi. È una politica delle porte girevoli frutto di una grande ipocrisia”.
L’alternativa?
“Noi abbiamo un progetto di cambiamento radicale del sistema, una proposta alternativa sia al Partito Democratico che alla destra. Noi usiamo le elezioni per poter parlare del nostro progetto politico. Poi se eleggessimo qualcuno, da statuto i nostri eletti in ogni ordine e grado non prenderebbero nulla di più dello stipendio di un lavoratore, quindi non è proprio alle poltrone che puntiamo”.
Ci sono delle possibili alleanze?
“Noi facciamo un discorso di alleanza sociale. Abbiamo costituito un comitato contro Draghi, che si chiama «No Draghi 27 febbraio», e sabato 30 ottobre a Roma faremo una manifestazione internazionale contro Draghi partendo da dei «no» forti, no all’Unione Europea, no alla Nato che ci ha condotto in Afghanistan e ci ha fatto spendere soldi e perdere vite umane per poi riavere i talebani, no alle delocalizzazioni, no ai licenziamenti Green Pass, sì invece al lavoro e alla pace, i temi cardine da sempre presenti nella storia del Partito Comunista. Parleranno lavoratori, parleranno intellettuali, parleranno persone che si vogliono collocare contro questo modello di sistema. Riteniamo – conclude Rizzo – che costruire un’alternativa su queste basi sia possibile”.