Il centrodestra, composto principalmente da tre partiti (due al governo, Lega e Forza Italia, e uno all’opposizione, Fratelli d’Italia), ha preso un sonoro sberlone alle elezioni amministrative, in controtendenza rispetto ai sondaggi nazionali che vedono l’ipotetica coalizione in netto vantaggio rispetto alla (teorica) concorrenza. Di questa – forse solo apparente – contraddizione e di altro parliamo con Daniele Capezzone, liberale classico, commentatore politico e firma della Verità, che oggi arriva in libreria con il libro “Per una nuova destra” edito da Piemme.
Per il centrodestra si è trattato di una batosta netta, ma, visti anche e soprattutto i candidati, di una batosta piuttosto attesa, o no?
“Sì – dice Capezzone – indubbiamente era un esito prevedibile. A questo punto a me pare che il centrodestra abbia due strade: la prima, che non consiglierei, è una specie di chiassosa e infinita lite condominiale, dandosi reciprocamente la colpa dell’una o dell’altra scelta; la seconda strada, che invece consiglierei caldamente, è quella di consentirsi un lusso che il centrodestra non si permette da troppi anni, e cioè una discussione di fondo, costruttiva ma sincera, per stabilire che cosa questo schieramento voglia essere, dove voglia andare e soprattutto quali elettori intenda rappresentare”.
C’è chi, anche su quotidiani di centrodestra come Libero e Il Giornale, parla di sconfitta del populismo. Un’analisi che condividi?
“Preliminarmente io suggerisco a tutti, politici e osservatori, di spostare la telecamera. Telecamera che comprensibilmente è molto concentrata sui politici e sulle loro scelte. Io suggerisco però di spostarla e di puntarla sugli elettori del centrodestra: autonomi, partite Iva, imprenditori e dipendenti impegnati nel privato. Questa mezza Italia del privato che cosa si è sentita dire dal centrodestra in questi mesi? Secondo me troppo poco, si è sentita abbandonata. Tu hai questa mezza Italia che è stata rinchiusa con il lockdown, ha avuto due spiccioli di sussidi, viene costantemente aggredita da sinistra e presentata come composta da evasori o peggio, e lo schieramento che questi elettori sentono più vicino a mio avviso è troppo timido su questi temi: anche quando dice cose giuste, raramente dà la sensazione che questa sia la battaglia campale a difesa di quegli elettori. Se poi quegli stessi elettori si vedono paracadutati dei candidati debolissimi, la tentazione di stare a casa è forte”.
Che dire del sostegno della Lega a Draghi? Non sarà forse che il Carroccio, più che il populismo, abbia pagato il “governismo”?
“Io sdrammatizzerei questa questione. Si possono sostenere due tesi che hanno due pezzi di verità dalla propria. Giorgia Meloni può dire «guardate che se state al governo non ce la fate». Salvini e Berlusconi, e anche loro hanno un pezzo di verità, possono dire «guardate che se non ci fossimo noi al governo, il Governo farebbe delle scelte ancora peggiori, dettate solo da Pd e 5 Stelle». C’è una porzione di verità sia nell’una che nell’altra tesi. Quello che però per me è il punto decisivo è avere un’agenda chiara e forte del centrodestra, a prescindere dalla collocazione contingente delle singole forze. Anche perché sennò che cosa succede? Che gli elettori di centrodestra dicono «sì, posso avere più simpatia per l’una o per l’altra scelta», l’elettore Tizio può stare più vicino a Salvini, Caio più vicino alla Meloni, ma entrambi rischiano di vedere i loro partiti spettatori di scelte altrui che vanno in direzione opposta. Il punto non è dove si sta, ma come si sta dove si sta. Tu puoi stare (vale per la Lega e Forza Italia) al governo oppure tu puoi stare (vale per Fratelli d’Italia) all’opposizione, ma a me piacerebbe che le tre forze di centrodestra, ovunque collocate, avessero questo tipo di agenda. Mi spiego. Parliamo a poche ore da un Consiglio dei ministri in cui il Governo potrebbe sciaguratamente mettere sul tavolo la riforma del Catasto: da fuori Fdi ha detto no, da dentro Forza Italia e Lega hanno detto no, se il Governo dice sì, che fa il centrodestra? Io mi aspetto una battaglia su questo e altri temi, al di là della collocazione in un dato momento dentro o fuori dal perimetro della maggioranza. E credo che se l’aspettino anche tanti elettori”.
Vale lo stesso per le giravolte di Salvini su Green Pass e dintorni?
“Rimarrei più sul cuore delle questioni che ritengo più importanti: dal primo settembre è ripresa la riscossione, le cartelle sono ripartite, poi dal 15-16 settembre fino al 30 novembre è in programma una valanga di scadenze fiscali devastanti. Io mi aspetterei dal centrodestra, sia di maggioranza che di opposizione, una battaglia campale su questo”.
Come si spiega che forze di un’area che storicamente (e anche secondo i sondaggi più recenti) è maggioritaria nel Paese si trovino “costrette” ad andare al traino di altre forze che maggioritarie non sono?
“Qui, se mi si permette, arriva il mio libro, che vuole essere una critica costruttiva proprio nel momento più difficile del centrodestra. Un incoraggiamento al centrodestra per dire «guarda, hai subito una sconfitta pesante e probabilmente anche meritata, ma gli elettori ci sarebbero». Io resto convinto che il centrodestra in una prova politica nazionale avrebbe forse dai 7 ai 10 punti percentuali di vantaggio sugli avversari, ma deve mettere in campo un’offerta politica che convinca i potenziali elettori di centrodestra a uscire di casa. Lo dico con una battuta: ci sono elettori che vogliono Clint Eastwood, non gli puoi dare Michetti e Bernardo”.
A un certo punto, vista l’apparente non volontà di puntare su candidati forti, si è pensato che forse al centrodestra andasse bene di non dover governare città rognose come Milano e soprattutto Roma, preferendo concentrarsi sulle ambizioni nazionali anziché rischiare di perdere consensi come successo ai 5 Stelle con la Raggi.
“Non so se ci sia stato questo ragionamento, ma in genere perdere aiuta a perdere e invece vincere aiuta a vincere. Roma è difficile da governare, ma si potrebbe rispondere che se per esempio fai il sindaco di Parigi poi hai ottime chance di fare il presidente francese o se fai il sindaco di Londa poi hai ottime chance di fare il primo ministro, come accaduto a Boris Johnson”.
È in arrivo una resa dei conti nella Lega? C’è chi parla di scissione, chi di prossimo benservito a Salvini…
“Queste letture non mi convincono. La Lega è un partito che da oltre vent’anni sa discutere e sa unirsi attorno al suo segretario. Anche qui però mi permetto di consigliare più un’analisi sul cosa fare che non una discussione interna e «condominiale» sulla ripartizione delle colpe, per decidere come muoversi di qui in avanti”.
Uno dei prossimi passi è quello della strategia per la partita del Quirinale.
“Sì, però lo ribadisco: la telecamera va puntata sugli elettori più che sul palazzo. Non voglio naturalmente sottovalutare l’importanza dei prossimi appuntamenti politici e parlamentari, perché è evidente che la scelta del presidente della Repubblica è una partita importantissima per il centrodestra, ma ancora più importante è dare rappresentanza a quella metà Italia che vorrebbe riconoscersi nel centrodestra”.
Per finire, un passaggio su chi di centrodestra non è. Mentre i 5 Stelle più o meno si eclissano, il Pd, i giornaloni e i giornali di area gongolano. È stato più un successo dei “dem” o una vittoria a tavolino per assenza di avversari?
“Il Pd ha fatto il suo compitino. È il centrodestra che si è presentato nella peggiore forma possibile e ha perso la partita, ma – conclude Capezzone – è sempre il centrodestra che può vincere la prossima”.