Ha un cognome che non passa inosservato, ma se lo unite al nome, per i nostalgici del Ventennio, avrà di certo un fascino tutto particolare. Si chiama Rachele Mussolini, stesso nome della moglie del Duce e il cognome del nonno Benito. È lei ad aver ricevuto il più alto numero di preferenze nella lista di Fratelli d'Italia, che le hanno permesso di veder riconfermato un posto nel consiglio comunale di Roma. I malumori, come comprensibile, non sono mancati, ma la diretta interessata ci ha tenuto a precisare: “Mai fatto il saluto romano, mi hanno votato per quel che posso fare per la città”.
Rachele Mussolini, 47 anni, è figlia di Carla Maria Puccini, attrice televisiva e di teatro, seconda moglie di Romano Mussolini. Dopo Alessandra Mussolini, figlia di Maria Scicolone, prima consorte di Romano - artista di musica jazz e figlio di Benito – è lei a rinfocolare le polemiche di un periodo storico che ancora infiamma gli animi. Stavolta è Rachele a dover rispondere del pesante passato familiare, che persino sui social le aveva creato qualche disagio. Come quando le venne negato l'accesso a Instagram per aver cercato di commemorare l'anniversario della morte del nonno.
Intanto incassa 6.522 voti di preferenza raccolti alle ultime amministrative e spiega cosa significa convivere con un cognome così impegnativo: “Ho imparato sin da bambina – ha detto in una intervista a Repubblica -. A scuola mi additavano, ma poi è venuta fuori Rachele e la persona prevale sul proprio cognome, per quanto pesante. Ho molte amiche di sinistra. Una ha certamente votato per me”. E poi ha ricordato il rapporto con il padre artista: “Un jazzista importante. Mi ha educato alla tolleranza”, infatti si auto-definisce “una persona equilibrata” prendendo le distanze da “pose colorite” e persino sull’inchiesta di Fanpage – che ha messo nei guai Fidanza e Lavarini di Fratelli d’Italia per esaltazione del Ventennio (oltre alle proposte di finanziamenti in nero) – ha dichiarato: “Mi hanno sempre lasciata perplessa”. Ma sul fascismo preferisce non approfondire: “Per affrontare l'argomento dovremmo parlarne fino a domani mattina. Preferisco discutere della città di Roma”. Nel 2016, invece, fu più esplicita: “Cosa penso dio mio nonno? Il fascismo deve essere consegnato alla storia. Capisco la curiosità dei media per me e per mia sorella, ma vorrei che potessimo concentrarci sui problemi reali”.
Rachele non è nuova alla politica. Ha iniziato a muovere i primi passi fin da giovanissima e nel corso del suo primo mandato, quello appena conclusosi, oltre a svolgere la propria attività all’interno delle Commissioni capitoline, ha ricoperto anche l’incarico di vice presidente della commissione Controllo, Garanzia e Trasparenza di Roma Capitale. E a chi dice che sia stata favorita dalla parentela, ha cercato di rispondere con i fatti: “Certamente ripaga del lavoro che ho svolto nei cinque anni in Consiglio Comunale all'opposizione con i miei colleghi di Fratelli d'Italia con i quali abbiamo condiviso tante battaglie sempre e solo nell'interesse della città e in maniera non strumentale. Sono molto cresciuta personalmente. Venni eletta in una lista civica, che appoggiava Giorgia Meloni, con una manciata di voti e quindi il fatto sia cresciuta tantissimo sicuramente è gratificante. Sono comunque contenta e soddisfatta del mio lavoro”. Durante la campagna elettorale delle ultime Amministrative, si è concentrata prevalentemente sul tema delle periferie tanto da proporne la creazione di un Assessorato a Tor Bella Monaca: “Le periferie sono una realtà troppo spesso trascurata che sempre più finisce per divenire ostaggio della criminalità, così come alla disabilità e all’edilizia residenziale popolare” e ha puntualizzato: “Io sono affezionata alle periferie, sono stata più volte a Tor Bella Monaca e al Quadraro che non ai Parioli. Una scelta fatta per necessità: si dovrebbe cercare di andare dove più ci sono problemi, dove i sistemi di servizi sono a rischio collasso, dove le persone ti vogliono parlare”.