Tutti contro Viktor Orbán e l’Ungheria per la legge “omofoba” approvata il 15 giugno e attaccata dai principali leader europei. “È sbagliata e incompatibile con la mia concezione della politica”, ha inveito la Merkel. “Rispetto e tolleranza sono al centro del progetto europeo. Continuiamo a lottare contro le discriminazioni verso la comunità Lgbt”, ha scritto Macron su Twitter. E la Von der Leyen: “La legge ungherese anti-Lgtb è una vergogna”. In una lettera firmata da 17 capi di Stato e di Governo (quelli di Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Estonia, Irlanda, Italia, Grecia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Spagna e Svezia) e indirizzata ai vertici europei si parla di “minaccia contro i diritti fondamentali e in particolare il principio di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale”, sostenendo che occorre “continuare a combattere contro la discriminazione verso la comunità Lgbti”. Ma è davvero così?
“Non abbiamo una legge contro l’omosessualità – ha detto Orbán – abbiamo semplicemente una legge che tutela i diritti dei bambini e garantisce i diritti dei genitori. L’omosessualità era punita sotto il comunismo e io ho lottato per la libertà e i diritti dei gay”.
“A nessuno importa – ha aggiunto il ministro della giustizia Judit Varga – che la dichiarazione firmata da diversi Stati membri dell’Ue contenga accuse false e che falsifichi il merito della legge ungherese omettendo parti essenziali. A nessuno importa notare che il focus della legge è la tutela dei bambini da qualsivoglia tipo di sessualità e che per questo motivo non può essere, per definizione, discriminatoria. L’orientamento sessuale e l’identità di genere rientrano pienamente nelle tutele della Costituzione ungherese. Tutti sono liberi di esprimere la loro identità sessuale come ritengono”.
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Ma cosa contiene questa legge? La Verità ne ha messo a disposizione una versione tradotta dall’inglese. La legge è intitolata «Sull’adozione di misure più severe contro i pedofili e sulla modifica di alcune leggi per la protezione dei bambini». È composta di 25 articoli. Il primo titolo prevede un emendamento alla legge sulla protezione dei bambini e l’amministrazione della tutela. Nel nuovo articolo si legge che “per garantire la realizzazione degli obiettivi stabiliti nella presente legge e l’attuazione dei diritti dei minori, è vietato rendere accessibile alle persone che non hanno raggiunto l’età di 18 anni un contenuto pornografico o che rappresenta la sessualità in modo gratuito o che diffonde o ritrae la divergenza dall’identità corrispondente al sesso alla nascita, il cambiamento di sesso o l’omosessualità”. Il terzo titolo riguarda la modifica della legge sulla pubblicità, secondo gli stessi principi: “È vietato rendere accessibile alle persone che non hanno raggiunto l’età di 18 anni la pubblicità che ritrae la sessualità in modo gratuito o che diffonda o ritragga la divergenza dall’autoidentità corrispondente al sesso alla nascita, il cambiamento di sesso o l’omosessualità”. Il titolo 5 prevede poi una stretta sui programmi classificati come “non adatti a un pubblico di età inferiore ai 18 anni”, cioè quelli in cui elementi centrali siano “la violenza, la diffusione o la rappresentazione della divergenza dall’identità personale corrispondente al sesso alla nascita, del cambiamento di sesso o dell’omosessualità o la rappresentazione diretta, semplicistica o gratuita della sessualità”.
“Norme stringenti – commenta Daniele Carrer sulla Verità – che però appaiono di difficile applicazione. Se non in un contesto in cui è schiacciante la mano dello Stato. Sono previste infatti forti restrizioni alle professioni pubbliche per chi ha commesso reati contro i minori e le attività nelle scuole «non possono essere finalizzate alla propaganda della divergenza dall’autoidentità corrispondente al sesso alla nascita, al cambiamento di sesso o all’omosessualità»”.