Alle ultime elezioni amministrative ha vinto l’astensionismo, nel fine settimana la Cgil è scesa in piazza per rispondere all’assalto della sua sede romana da parte dei gruppi neofascisti ma, in un mondo del lavoro sempre più precario, ci si chiede quanto contino ancora i sindacati e, non da ultimo, le manifestazioni contro il Green Pass (che spesso nascondono la contrarietà ai vaccini anti-Covid) continuano, benché a macchia di leopardo, in moltissime città italiane causando disagi. Una fotografia del Paese che mette in luce una fase molto complessa, per interpretare la quale abbiamo chiesto una mano al professore di Storia economica presso l’Università degli Studi di Milano Giulio Sapelli, già ricercatore associato della Fondazione Eni Enrico Mattei, consulente di prestigiose aziende e istituti bancari e che, nel 2018, fu addirittura a un passo dal diventare premier (governo Lega-M5s), ma i partiti non accettarono alcune sue condizioni per accettare l’incarico.
Professore, nel fine settimana si è svolta la manifestazione dei sindacati in piazza San Giovanni per rispondere all’assalto alla sede romana della Cgil. Ma il giorno dopo, visto il mercato del lavoro sempre più precario, ci si chiede quanto contino davvero oggi i sindacati.
Per capirne il peso partiamo da un aspetto, il più analitico. Nonostante la crisi delle forme di rappresentanza e di qualsiasi elemento di solidarietà, in Italia il sindacato è una struttura che regge. Se si guarda al numero delle iscrizioni ai sindacati a livello internazionale, l’Italia non è messa pr niente male. Tenendo conto che negli ultimi 40 anni sono aumentati gli iscritti nell’impiego pubblico rispetto a quello privato. Però mantiene, stentatamente, le sue posizioni, nonostante abbia anche dei concorrenti agguerriti in certi segmenti del lavoro precario, che sono i sindacati autonomi, così come dei sindacati accomunabili alle politiche di destra che un tempio era impensabile avere.
Quindi, cosa manca ai sindacati per rappresentare davvero la società attuale?
Quello che credo manchi, come hanno dimostrato le manifestazioni “no Green Pass” che poi sono no vax, è una capacità di vera proposta. Prima avevamo un sindacato antagonista come la Cgil e uno partecipativo come la Cisl e, paradossalmente, queste due forze si bilanciavano. Il vettore che ne usciva permetteva di avere un sistema sindacale originale e rappresentativo. Mi pare che questa originalità del sindacalismo sia venuta meno. Ma bisogna parlare anche dei leader.
In che senso?
È evidente una carenza di leadership. I segretari vanno più in tv che tra i lavoratori. Non intendo leader in senso classico, alla Max Weber cioè il “capo carismatico, però ora siamo arrivati, come avrebbe detto il grande sociologo Roberto Michels, a dei sindacati che sono retti da una oligarchia che si sostenta attraverso il welfare dello Stato assistenziale. È un fenomeno di burocratizzazione che porta al distacco dalle masse lavoratrici.
Per commentare l’astensionismo che ha caratterizzato le ultime elezioni amministrative, lei ha dichiarato: “I ricchi votano a sinistra, i poveri a destra ma hanno smesso di andare a votare”. Forse i partiti sono messi peggio dei sindacati?
Sì, anche se, per carità, non c’è niente di male. Negli Stati Uniti, che continueranno a essere una grande democrazia pluralista, non vota più del 50%. In Italia, invece, questo calo si è accentuato con la disgregazione dei partiti. Ma perché semplicemente non ci sono più i partiti come comunità di destino. I loro leader sono dei “neo cacicchi”. L’organizzazione si basa su dei fedeli raccolti intorno a un capo. E il capo è quasi un imprenditore politico, con le sue fondazioni che finanziano lui e la sua famiglia, spesso neanche più il partito.
Nel 2018 lei fu a un passo dal diventare premier. Ora come valuta l’operato di Mario Draghi?
Ero stato invitato a quel ruolo in un periodo di crisi, ma ho posto delle condizioni che non sono state accettate (la nomina di Domenico Siniscalco al ministero dell'economia e delle finanze, ndr). Comunque, Mario Draghi deve assolutamente diventare il prossimo presidente della Repubblica. È indispensabile, perché tornerà la vera competizione in Parlamento sarà un fratricidio. È l’unico che può dare certe garanzie. Il presidente della Repubblica, ormai, conta molto più del primo ministro. C’è stata una verticalizzazione del potere con il prosciugamento dei partiti. Qualsiasi politica faccia, giusta o sbagliata, Draghi continua ad avere canali privilegiati di collegamento con poteri esterni che ci condizionano, come l’Unione europea e, ancora più importante, con gli Stati Uniti.
Intanto, parallelamente, le proteste “no Green Pass” proseguono in varie città italiane.
La mobilitazione collettiva esiste perché c'è un grande malessere. Le manifestazioni avvengono quando la gente non vede più un futuro e oggi, purtroppo, non lo vede.
Come hanno paventato in molti, lei vede serpeggiare un ritorno del fascismo attraverso queste manifestazioni?
Sono l’occasione per gruppi organizzati, come Forza Nuova o i centri sociali, per cercare di intestarsi queste proteste e trarne un plusvalore politico. Che esistano delle forze neofasciste e neonaziste è innegabile, verso le quali la polizia ha sempre usato la mano leggera, come del resto in tutto il mondo. Non a caso il capo dei servizi segreti tedeschi si è dovuto dimettere perché appoggiava queste realtà. Non è il caso italiano, la nostra pubblica amministrazione è repubblicana e democratica, però le forze dell’ordine spesso ci vanno con la mano più leggera verso i gruppi di estrema destra. Finora ho visto solo gli operai menati di fronte alle fabbriche e questo mi fa nascere qualche sospetto.