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Il garante dei detenuti:
“Che il caso Corona serva a tutti
i detenuti, non solo a lui”

  • di Filippo Ciapini Filippo Ciapini

29 marzo 2021

Il garante dei detenuti: “Che il caso Corona serva a tutti i detenuti, non solo a lui”
“Le persone che presentano patologie psichiatriche difficilmente riescono a ottenere trattamenti adeguati in carcere”. Così il garante dei detenuti della Lombardia, Carlo Lio, il quale spera che il “caso Corona” – proprio nel giorno del suo 47esimo compleanno - possa essere d’aiuto a far conoscere la situazione di centinaia (in Lombardia) e migliaia (in tutta Italia) di detenuti con problemi psichici che non dovrebbero stare dietro le sbarre

di Filippo Ciapini Filippo Ciapini

Nel giorno del suo 47esimo compleanno, molti amici, parenti e appartenenti al mondo dello spettacolo stanno mandando messaggi di solidarietà a Fabrizio Corona, adesso nel reparto psichiatrico del carcere di Monza e in sciopero della fame. Oltre a loro, in questi giorni, gli era arrivato anche un appoggio istituzionale. Quello di Carlo Lio, garante dei detenuti della Lombardia, Difensore Regionale - una particolare carica prevista dallo Statuto d’autonomia della Lombardia  incaricato di tutelare i diritti e gli interessi dei cittadini e degli altri soggetti della società civile (associazioni, imprese, comitati) nei confronti della Regione Lombardia e delle altre amministrazioni pubbliche rientranti nella sua competenza, ndr - e garante del diritto alla salute di tutti i cittadini. Lo abbiamo intervistato partendo proprio da Fabrizio Corona, perché "attraverso di lui, che ha una grande capacità mediatica, possiamo dare voce a molti casi simili al suo che invece voce non hanno: persone che stanno vivendo momenti sanitari clinici difficoltosi e critici per le quali è necessario valutare misure più idonee rispetto al carcere”. Continua Lio:  “Il caso Corona ha messo in risalto un problema che per molti è sconosciuto, perché nelle carceri lombarde e italiane esistono molti Corona, a causa di come è strutturato oggi il carcere - ha spiegato il garante -, cioè un luogo con delle condizioni non adeguate per garantire quella assistenza psico-sanitaria che molti avrebbero bisogno quotidianamente”. Anche per questo, il garante dei detenuti ha precisato: “Spero che la risonanza mediatica del suo caso possa far riflettere le istituzioni affinché dal ministro e dal tribunale di sorveglianza possano riconsiderare se tenere nelle carceri lombarde e italiane persone che hanno queste tipo di problematiche”.

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Un momento dell'arresto di Fabrizio Corona, foto Mow

Dottor Lio, quali sarebbero le giuste indicazioni per i casi simili?
Diciamo che esistono alcune strutture che si chiamano Rems (Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza, nda) che sono adatte a un trattamento di questo tipo, qualificato e assistenziale, quando il carcere al suo interno non ha la capacità i dare questo tipo di assistenza. Oppure la presa in capo di strutture specialistiche, quando il reato di cui si è macchiato il reo non è di pericolosità sociale. In queste situazioni, la pena può essere trasformata in un affidamento domiciliare. Ma questo vale per tutti quei casi dove il carcere può essere un ostacolo ad un recupero medico e psicologico del detenuto. La nostra carta costituzionale, all’articolo ventisette comma secondo, dice che il carcere non deve essere il posto dove si sconta una pena ma dove si riabilita chi ha commesso un delitto. Ma oggi siamo molto lontani dal dettato della carta costituzionale. Allora, il mio auspicio è che tutto quello che sta accadendo a Corona e l’avvento al ministero della giustizia del presidente Cartabia, possa trasformare quei dettati in realtà.

Il carcere in cui si trova Corona, a Monza, fra l’altro è sovraffollato. Giusto?
Sì, anche se il carcere di Monza è nulla rispetto ad altri dove il sovraffollamento è del del 30-40-50 %, come a Burso Arstizio. Il sovraffollamento è la regola. Ma la drammaticità dei casi, e sono tanti, di questi detenuti con problematiche psicosanitarie è che non sempre esiste nelle carceri un’adeguata assistenza e quindi i medici possono fare un servizio lacunoso per mancanze oggettive. Ma il carcere è l’unica soluzione per un malato? Io dico di no.

Crede che sia avvenuta anche disinformazione intorno al caso Corona?
Intorno a lui si è alzato un clamore mediatico, ma io come garante parlo a nome di tutti i detenuti. Sto seguendo il dibattito intorno alla vicenda e noto, in alcuni casi, persone che parlano perché vogliono conquistare un titolo di giornale e spesso non fanno il bene dello stesso Corona.

A proposito di chi non ha voce, ci sono casi simili che si sente di citare pur mantenendo la privacy?
Posso dire con certezza che esistono decine di casi come quello di Corona, molto simili. Se la vicenda Corona ci aiutasse a dare voce ai senza voce sarebbe utilissimo. La commissione speciale carceri ha avviato un’analisi precisa e puntuale per verificare in tutte le carceri quanti casi simili esistono e come sono trattati. Grazie al caso Corona, insomma, il consiglio regionale ha iniziato a fare un punto sulla situazione.

Crede sia stata una ingiustizia riportarlo in carcere?
Io non posso parlare di ingiustizia, non voglio e non posso discutere delle sentenze perché non si giudicano. Affronto solo il risultato, cioè la persona che viene condannata e va in carcere. E spesso ho trovato persone che hanno problemi importanti. Compio visite quotidiane e fra i detenuti c’è sempre qualcuno che ha un problema di questo tipo più o meno grave. Nessun carcere lombardo ne è esente.ù

E sulla questione vaccini, che preoccupa anche fuori dal carcere?
Noi abbiamo un coordinamento in tutta Italia e già in questi mesi, a partire dall’autunno quando si affacciò l’ipotesi, abbiamo chiesto al DAP (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nda) di inserire i detenuti e la polizia penitenziaria nelle fasce prioritarie insieme agli over 80 perché sono i più esposti. Non a caso nella polizia ci sono stati tantissimi contagi e qualche vittima, cosi come fra i detenuti. Ho apprezzato l’iniziativa del provveditore della Lombardia che ha già vaccinato il personale delle carceri e la polizia e già da oggi sarebbero partiti con i detenuti e i volontari che fanno assistenza.

Fuori dal carcere, invece, quali errori ha riscontrato su questo tema?
Io sono difensore civico della Lombardia, garante dei detenuti e del diritto alla salute, e in questa veste ricevo quotidianamente lettere di cittadini che nonostante l’età avanzata non ricevono il vaccino. Noi siamo intervenuti affinché si perfezionasse la macchina per far sì che la Lombardia torni a essere la locomotiva d’Italia. Purtroppo, abbiamo subito il combinato disposto fra la carenza di dosi e le difficoltà organizzative.

Lei si vaccinerà?
Sono stato inserito come garante dei detenuti nel piano vaccinale dei detenuti e del personale e ho ricevuto una dose all’ospedale di Baggio la scorsa settimana. Ma ci tengo che la gente sappia che già lo scorso anno quando c’era il blocco nelle visite io ho comunque mantenuto l’impegno di entrare perché volevo che i detenuti sapessero che le istituzioni sono vicine. Con tutti i rischi e le precauzione del caso, ho sempre mantenuto un rapporto di vicinanza nei confronti di queste persone deboli.

Il governatore Attilio Fontana crede che meriti la ricandidatura?
Ribadisco che la mia funzione è autonoma e indipendente, non rispondo a nessuno, solo alle leggi e alla mia coscienza. Io sono il difensore di chi vota destra e chi vota sinistra, per cui su questo non posso rispondere.

A breve si terrà il riesame per Fabrizio Corona. Che cosa si augura?
Che il caso Corona sia quel sasso buttato nello stagno in grado di far riflettere un po’ di più le istituzioni preposte ad affrontare e gestire i casi come quelli Fabrizio Corona che nel nostro paese sono migliaia e nella nostra regione sicuramente qualche centinaia. Mi auguro che alla fine, se Corona troverà una soluzione dignitosa, le leggi permettano che valga per tutti quelli che hanno gli stessi di problemi.

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