Il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, in vista della fine dell’anno ha fatto il punto sulla sua attività e ha scacciato le voci sulle sue dimissioni. Al Corriere della sera ha spiegato dati, numeri, nomine, scelte tecnologiche ed energetiche, indicando anche obiettivi ambientali futuri che vuole raggiungere e assicurando che già nel 2022 si vedranno i risultati. Prima di tutto, ha dettato la linea: “Il piano di lavoro che ci porterà alla scadenza naturale del governo nel 2023 prevede nei primi mesi del 2022 il completamento della nuova struttura del ministero della Transizione ecologica che da 1,5 miliardi passa a gestire e indirizzare circa 16 miliardi l’anno; l’implementazione del Pnrr con i bandi che prevedono tra l’altro l’effettiva produzione di 8 gigawatt nuovi da fonti rinnovabili ogni anno e con un nuovo mix energetico per il prossimo decennio; tutta la parte che riguarda l’ambiente e quindi la difesa dei territori, l’uso e non l’abuso dei terreni che come sappiamo sono i migliori intrappolatori di CO2; ci sarà la prima tappa di quello che ci porterà al 2030 a una decarbonizzazione del 55%”.
E poi, Cingolani si è tolto un sassolino dalla scarpa: “Ma si rende conto che abbiamo messo 8 miliardi sinora per affrontare un rincaro enorme del gas e non sono bastati per mitigare completamente le bollette dei meno abbienti, delle piccole e medie imprese che rischiano la chiusura? E tutto perché negli anni passati ci siamo accontentati di spingere l’interruttore e avere la luce. Qualcun altro pensava a come si creava quell’energia elettrica. In poco più di 10 mesi abbiamo ribaltato questo modo di ragionare e ci siamo messi nelle condizioni di lavorare i prossimi anni pensando al lungo termine non a domani mattina”. Un lavoro enorme, secondo il ministro, che non può essere interrotto. Infatti, ci tiene ad allontanare le voci di sue possibili dimissioni: “Dimissioni? Ho lavorato così tanto, vivendo come un monaco a Roma per fare in modo che si vedessero già nel primo scorcio dell’anno prossimo i risultati e me ne vado? Forse c’è qualcuno che ci spera perché ha capito che non si torna indietro e che l’anno prossimo si dovrà correre come e più che nel 2021”.
In seguito, nell’intervista rilasciata al Corsera, ha toccato tutti i punti chiave della sua attività, partendo dal contrasto della crisi climatica: “Occorre fare in fretta. Le sembra poco un decreto Semplificazioni che porterà da 1.200 a 300 giorni l’iter autorizzativo per nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili? A me no”. Per confermare che le tempistiche vengono rispettate, ha portato un esempio: “Sono stati autorizzati in queste settimane 400 megawatt eolici proprio grazie a quei poteri superando il contrasto che a volte c’è tra vincoli ambientali e vincoli paesaggistici. Nei prossimi 12 mesi partiranno i bandi per arrivare a quegli 8 gigawatt all’anno da fonti rinnovabili che ci siamo dati come obiettivo. Ecco cosa significa accelerare sul Pnrr”. Proprio sul Pnrr (il Piano nazionale ripresa resilienza) ha chiarito che “quello che dovevamo fare era strutturare un programma competitivo, vincere le resistenze, ottenere dall’Europa le risorse, i finanziamenti e lanciare il programma per i prossimi 5 anni. Come sa, è arrivata la prima tranche di risorse e per ora tutte le milestone sono state centrate, in questo modo guadagniamo credibilità e affidabilità nella Ue, attraverso i fatti”.
Inoltre, Cingolani ci ha tenuto a spiegare in che modo il governo sta cercando di calmierare gli aumenti delle bollette elettriche: “Purtroppo, sono abituato a essere schietto. Venni criticato la scorsa estate quando lanciai l’allarme sui rincari del gas. Sino a oggi però abbiamo dovuto investire 8 miliardi (quanto la prima tranche di riduzione delle tasse) per mitigare il rincaro in bolletta del gas”. Ammette che non è ancora abbastanza: “Sì, non abbastanza. Ma anche qui dobbiamo guardare all’Europa. A fare le cose assieme. Abbiamo proposto con Francia, Romania, Grecia gli acquisti comuni di gas. Ma i Paesi del Nord sono stati freddi. Ci aggiunga le tensioni geopolitiche sull’Ucraina, il North Stream 2 ancora incerto. Vede quanto è importante fare scelte sul mix energetico e non legarsi a una sola fonte come il gas?”. Mentre sulle riserve italiane di gas sottolinea: “Può essere un’opzione sull’immediato. Ma un altro primo passo è sganciare i prezzi dell’energia prodotta da rinnovabili da quelli del gas a cui erano stati legati quando il prezzo del gas era di molto inferiore. Ed è una cosa da fare con l’Europa. Come pure, grazie al Pnrr, strutturare un diverso mix di fonti da cui produciamo per gli anni a venire”.
Non ha mancato di tornare sul tema del nucleare: “Il nucleare è una tecnologia, da studiare, da testare. Ma ha i tempi della ricerca che sono lunghi. Un decennio almeno? E quindi si tratta di strutturare piani che prevedano orizzonti temporali ampi ma nel frattempo che accelerino sull’uso di fonti rinnovabili. Tenendo conto che in parallelo ci sono interi settori industriali che cambieranno volto. Pensi all’automotive. C’è chi vuole l’uscita al 2030 dai motori a combustione (i Paesi che non li producono) e chi al 2035. Comunque sia dobbiamo essere preparati”. Sempre sull’automotive chiarisce se il settore sia preparato o meno: “Oggi sicuramente di più. Siamo pronti a creare gigafactory per la produzione di batterie. Ci stiamo attrezzando per riciclare quelle esistenti recuperando i materiali preziosi che le compongono. Non dimentichi che l’Italia sull’economia circolare e sul riciclo dei rifiuti ha una leadership europea. Anche perché in tutto questo parlare di energia non dobbiamo assolutamente tralasciare la sfida ambientale”.