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Il “venerdì nero” è un flop,
De Masi: “L’assalto alla Cgil
ha fatto capire che
con il fascismo non si scherza”

  • di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

15 ottobre 2021

Il “venerdì nero” è un flop, De Masi: “L’assalto alla Cgil ha fatto capire che con il fascismo non si scherza”
Mentre si attendevano i blocchi totali dei porti, delle autostrade e dei mezzi pubblici, in realtà si sono verificati solo pochi disagi e gli italiani in larga parte hanno scaricato in massa il Green Pass: oltre 860mila in un solo giorno. “Perché siamo pragmatici” ha premesso il sociologo De Masi, il quale ci ha ricordato che il nostro Paese non è mai stato avvezzo alle rivoluzioni: “Abbiamo avuto le cinque giornate di Milano, le quattro giornate di Napoli, le dieci giornate di Brescia, ma all’undicesimo giorno ce ne siamo tornati a casa”

di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

Il venerdì nero contro il il Green Pass non ha avuto gli esiti paventati. A partire dal porto di Trieste, il fulcro della protesta, dove è proseguita per tutta la giornata l’attività con regolarità, anche se con qualche rallentamento, secondo le autorità portuali. Nel resto d’Italia, sulla stessa linea, proteste e i sit-in sono stati numerosi, ma non hanno causato il blocco delle merci e della viabilità. Parallelamente, già dalla vigilia dell'entrata in vigore dell'obbligo sul posto di lavoro, mai così tanti pass sono stati scaricati da tre mesi a questa parte: oltre 860mila, secondo il portale del Governo. Il giorno prima, mercoledì 13 ottobre, erano 560mila. Nello stesso momento sono aumentati quelli scaricate dopo la vaccinazione, 223.165 (il giorno prima erano 188.924) ma soprattutto quelli post-tampone, ben 632mila, contro i 360mila di mercoledì. Per capire come mai, nonostante gli annunci, i “rivoltosi” non siano riusciti ad aggregare abbastanza popolazione per raggiungere i loro obiettivi, abbiamo chiesto al noto sociologo Domenico De Masi. Secondo il professore emerito di Sociologia del lavoro presso l'Università La Sapienza di Roma, alla fine gli italiani “sono pragmatici” e c’è stato un episodio che ha aperto gli occhi a molti: “L’assalto alla Cgil da parte dei fascisti ha fatto capire realmente quali erano i rischi”.

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Le proteste al porto di Trieste

Professore, ci si aspettava un “venerdì nero” per i porti, le autostrade e il trasporto pubblico, mentre invece si sono verificati soltanto alcuni isolati disagi. Come se lo spiega questo scollamento fra gli annunci e la realtà?

Perché l’italiano, tutto sommato, è pragmatico e negli ultimi 5-6 giorni devo dire che anche i media sono stati più realisti nel loro racconto. Non tanto la carta stampata, ma la televisione che aveva contribuito alla confusione. Ho visto intervistati tantissimi no vax, sembravano una valanga, mentre invece sono in tutto meno del 10%. Un grosso numero, per carità, però ha queste proporzioni.

Secondo lei ha fatto bene il governo a non istituire l’obbligo vaccinale e a scegliere invece il Green Pass?

Se l’operazione riesce, come sta riuscendo, si vanificano le idee che ho portato avanti anch’io. E cioè che sarebbe stato meglio l’obbligo vaccinale. C’è stato un periodo magico per Mario Draghi, durante il quale ha goduto di un tale consenso che si poteva permettere di istituire questa misura e sarebbe stata accettata. Poi ci sarebbero stati i problemi con chi non l’avrebbe rispettata, ma è un’altra storia. A questo punto ha avuto ragione Draghi, quindi faccio anch’io autocritica.

Come mai lei era favorevole all’obbligo vaccinale?

Quando Giuseppe Conte obbligò tutti al lockdown si poteva temere una disobbedienza di massa. Invece tutti accettarono perché il premier godeva di grande consenso. In quei casi un leader si può permettere decisioni impopolari. Ma a quanto pare la gradualità dell’intervento è stata premiante.

In altri paesi europei, come Francia e Inghilterra, le proteste sono molto più veementi e durature. Qui in Italia, invece, spesso durano l’arco di un fine settimana. È sempre questione di pragmatismo?

Noi italiani anche nelle nelle rivoluzioni abbiamo fatto le cinque giornate di Milano, le quattro giornate di Napoli, le dieci giornate di Brescia, ma all’undicesimo giorno siamo tornati a casa. Non siamo portati per questo tipo di proteste. Ma c’è un altro fattore importante.

Quale?

Quello che è accaduto alla Cgil, con l’assalto fascista. Ha fatto capire a tutti i democratici del Paese che sotto la cenere covava del torbido e non ce ne accorgevamo. Io avevo letto delle indagini e già negli ultimi due-tre anni c’era un bassofondo della società rivoltoso di stampo fascista. Quell’episodio, però, lo ha rivelato a tutti. Un fatto deplorevole, che ha avuto almeno il merito di farci comprendere che oltre un certo punto non si scherza.

C’è chi ancora oggi non ritiene quelle forze di matrice fascista.

Sono forze antisistema, per cui non populiste ma fasciste. Per cui, in tutto questo caos ci portiamo a casa almeno un po’ di buonsenso, perché ci siamo ricordati di quali sono i pericoli che ancora serpeggiano per il paese. Tanto che persino Meloni e Salvini sono stati messi con le spalle al muro.

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