“Non arretriamo di un millimetro”. È irremovibile Stefano Puzzer, portavoce del Clpt, il comitato dei lavoratori del Porto di Trieste, nel portare avanti la linea dura contro il Green Pass che da venerdì 15 ottobre sarà obbligatorio per tutti i lavoratori, anche i portuali che lui stesso rappresenta. Una decisione che, in assenza di un accordo fra le parti, rischia di provocare il blocco delle merci. A Trieste, infatti, la quota di lavoratori sprovvista di Green pass è del 40%. Per scongiurare l’eventualità, le aziende coinvolte si sono dette disposte a pagare i tamponi ai lavoratori fino al 31 dicembre prossimo, “a patto che dal 16 ottobre, però, riprenda l'attività"”, ma anche in questo caso il Comitato dei lavoratori si è dichiarato irremovibile: “Dal 15 ottobre, se non verrà ritirato l'obbligo del Green Pass nei luoghi di lavoro, saranno bloccate le attività del porto. Siamo venuti a conoscenza che il governo sta tentando di trovare un accordo, una sorta di accomodamento riguardante i portuali di Trieste, e che si paventano da parte del presidente Zeno D'Agostino le dimissioni. Noi come portuali ribadiamo con forza e vogliamo che sia chiaro il messaggio che nulla di tutto ciò farà sì che noi scendiamo a patti fino a quando non sarà tolto l'obbligo del Green pass per lavorare, non solo per i lavoratori del porto ma per tutte le categorie di lavoratori”.
Quando ci risponde al telefono, Puzzer sta lavorando al porto come manovratore di gru e quindi taglia corto, anche se – ci ha spiegato – ormai c’è poco da trattare: “Non cambia niente. Finché non tolgono il Green pass bloccheremo il porto a oltranza”. Le ragioni sono presto dette: “È un attacco alla Costituzione, alla libera scelta, perché uno non deve presentare un passaporto verde per andare a lavorare, perché abbiamo lavorato in periodo di pandemia senza che venissero sanificati i mezzi e gli ambienti”. Insomma, pare che nessun accordo sia possibile. Nessun tentennamento neppure di fronte alle annunciate dimissioni del presidente dell'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale, Stefano D’Agostino, nel caso in cui i portuali concretizzassero la minaccia di blocco a oltranza delle attività: “Arrivederci e grazie” risponde Puzzer, che mantiene una linea intransigente: “A noi non interessa nessun tipo di accordo con nessuno. La linea è quella e lo è dall’inizio, bisogna togliere questo Green Pass criminale e fine”.
Difficile che la situazione si possa sbloccare con queste premesse, ma pare che sia stata esasperata anche dal modo con il quale è cominciata la trattativa: “Nelle fabbriche, fuori dal porto, la situazione è veramente triste – ha proseguito Puzzer -, ci sono lavoratori che vengono minacciati di licenziamenti se non si fanno il vaccino. Lavoratori che non avranno i soldi per i tamponi. Noi, sentite le loro istanze, abbiamo detto che non possiamo pensare solo a noi. È iniziata una lotta insieme a tutti e per tutti. Lo abbiamo ribadito anche al prefetto di Trieste. Ci hanno chiesto perché ci prendiamo la responsabilità di chiudere il porto? Perché è lo Stato che dovrebbe prendersi la responsabilità di togliere questo decreto sentendo le difficoltà che avranno le famiglie ad andare avanti e soprattutto dopo venerdì. Ci siamo presi carico di questa responsabilità in modo molto orgoglioso”.
Un orgoglio ritrovato da parte dei portuali che non sembra fermarsi solo a Trieste, visto che anche a Genova c’è il rischio che numerosi lavoratori possano aderire al blocco a partire dal 15 ottobre, così come in altri luoghi. Lo stesso Puzzer ha confermato che i contatti con in colleghi sono in corso per mantenere una linea unitaria: “Insieme agli altri lavori portuali avevamo in mente un coordinamento nazionale e ce lo stanno facendo fare in fretta. Era un nostro progetto già da tempo e dopo spero che si aggiungano le altre categorie. Perché chi decide deve avere un interlocutore serio e qualcuno del posto. Questo decreto lo ha fatto qualcuno che non è mai entrato in un porto. È privo di linee guida e quelle presenti sono tutte sbagliate. Cosa vuol dire fare un controllo a campione? Nelle aziende? Nei porti è impossibile: a Trieste entrano 500 camionisti e 100 marittimi al giorno. Abbiamo lavoratori che per due anni hanno lavorato in aree non sanificate e devono spendersi 300 euro al mese per andare a farsi un tampone. E poi il camionista e il marittimo nessuno lo controlla perché si blocca l’economia”.