Angelo. Angelo Licheri ieri è morto in un ospizio romano, a Nettuno, cieco e con la gamba destra amputata. Una storia, la sua, dal destino perfido: eroe fallito. Per poco. Comunque eroe. Tra il 12 e il 13 giugno del 1981 si presentò in un campo di località Selvotta, frazione di Frascati, vicino a Vermicino, per calarsi in un buco di terra e provare a recuperare Alfredino Rampi, anni quasi 6 (li avrebbe compiuti il 24 dello stesso mese), caduto in un vecchio pozzo artesiano. La prima tragedia vissuta in diretta Rai.
Angelo allora di anni ne aveva 37. Pesava 45 chili, aveva una circonferenza toracica minima, era magrissimo. Uno speleologo sul posto, al Messaggero, ha raccontato: “Si fece avanti quest’uomo sardo, si sbracciava. Non aveva paura”. Si calò a testa in giù dentro un cunicolo largo 30 centimetri. Una posizione da tenere al massimo, dicevano gli esperti, 15 minuti. Lui rimase così per 45. Ogni tanto urlava: sto bene. Fu l’unico, in tre giorni di tragedia, ad arrivare laggiù, ad arrivare a toccare il bambino.
Sopra, la madre di Alfredino chiamava suo figlio. Sotto, però, Angelo non lo sentiva rispondere, sentiva solo dei rantoli. Riuscì ad agganciare una cinghia al piccolo ma la cinghia si spezzò. Riuscì ad afferrare la canotta ma la maglietta si stracciò. Riuscì a prenderlo da un polso, provò a tirarlo su ma sentì il rumore di un osso che si rompeva. Ma Alfredino non era più cosciente. Riuscì a togliergli un po’ di fango dalla bocca e dagli occhi. “Quando lo tirarono su era una palla di fango” racconta lo speleologo Enrico Mariani. Piangeva disperato Angelo, diceva: ero lì, ce la stavo facendo ma ora non c’è più niente da fare.
Ho raccontato di Alfredino a mio figlio, abbiamo visto la prima puntata della serie insieme. Lui la notte non ha dormito. Il giorno dopo si è addormentato a lezione, esausto e impaurito. Non ho avuto la forza di vedere la seconda puntata. A fermarmi sono stati il confrontarmi con la disperazione della madre e l’impossibilità di poter fare qualcosa del padre, soprattutto quest’ultima. A mio figlio ho detto: “Se succedeva a te, sarei sceso io a prenderti, piuttosto sarei morto”. Ma è facile dirlo. Orlando mi ha confessato di aver visto la seconda puntata da solo. Lui il coraggio ce l’ha avuto.
Angelo è morto ieri in una casa di riposo di Nettuno, nel buio come era nel buio in quel buco, e senza una gamba. Nel 1999 ha sposato una kenyana, per farlo ha dovuto comprare una mucca e una pecora alla madre delle sposa. Di come può essere perfido il destino racconta la sua storia, di come ti porti via i ricordi, le paure, il dolore di averci provato, di esserci quasi riuscito, di essere stato capace di ricostruirsi ma mai del tutto. Eroe fallito, comunque eroe.