Davide Marra, alias Mr. Marra, è un content creator digitale, famigerata terza testa di Cerbero Podcast, che su Twitter si presenta come “fattualmente il miglior podcast in Italia” e che, effettivamente, è uno tra i format di infotainment più irriverenti e di successo di Twitch, la gettonatissima piattaforma di live streaming della galassia Amazon.
Da quando è nato, il canale Twitch di Cerbero Podcast è stato oscurato un numero incalcolabile di volte. Tutti ban temporanei. L'ultimo, in ordine di tempo, nel dicembre scorso. Un fatto che ha avuto molto risalto anche sulla stampa nazionale ma che testimonia la distanza tra i media mainstream e quello che succede su una realtà come Twitch. D'altra parte come ha detto proprio Mr. Marra, tra le sua Instagram Stories, "ogni mattina un cerbero si alza e sa che dovrà correre per non venire bannato".
Giovane, con una capacità quasi mistica di rinascere dalle proprie ceneri, appassionato di cinema e, a detta sua, con un carattere un po’ spigoloso, intrattiene giornalmente un pubblico composto da migliaia di individui, soprattutto giovani della Generation Z, toccando coi suoi soci i temi più disparati: dal revenge porn, al femminismo tossico, passando per ospiti come Morgan ed estimatori come Cruciani (che ospitandolo sulle frequenze radiofoniche de “La Zanzara” ha dichiarato “se fossi su Twitch mi bannerebbero dopo due giorni”).
Cerbero conquista e come tutti i prodotti che funzionano divide e viene spesso frainteso. Ecco perché Mr. Marra ha deciso, attraverso le nostre pagine, di mettere in chiaro un paio di punti fondamentali.
Davide, partiamo dall'inizio. Come sei diventato Mr. Marra?
All'incirca tre anni fa, lavoravo come personal trainer e avevo aperto un mio canale YouTube. All'epoca lo utilizzavo per diletto e nei miei video parlavo soprattutto di cinema. Era una sorta di estensione di quello che potremmo considerare una chiacchierata tra amici. Non avevo mai intravisto, nel web, la possibilità di ricavarne un lavoro. Era più una valvola di sfogo. Poi ho conosciuto, tramite un gruppo Facebook, i miei attuali colleghi: loro avevano canali già avviati, guadagnavano, avevano un’ottima fanbase e prendevano questo lavoro in maniera seria. Io facevo dei video orripilanti, in bianco e nero, per cercare di camuffarne la bruttezza. Alla fine ci siamo incontrati al Romics di Roma e da lì a poco abbiamo iniziato a frequentarci e a parlare di quest’idea del podcast. Tutto questo due anni e mezzo fa, quando su Twitch praticamente c’era solo il gaming e nulla di simile a quello che avevamo in mente noi. Impostata la linea editoriale, ognuno ha sposato il ruolo più adatto per sé stesso: Gianluca e Simone hanno una componente comica più marcata, mentre io sono più attento ai contenuti. All’inizio è partita un po’ di merda, il mezzo era nuovo, non eravamo capaci di fare live e il seguito era molto piccolo, tipo quaranta, cinquanta spettatori. Ripeto: Twitch era all’inizio, in Italia quasi sconosciuto e la migrazione da una piattaforma social all’altra era molto complessa. I numeri alti, per quanto riguarda gli spettatori, li abbiamo toccati forse dopo sei mesi.
Che cos'è, oggi, Cerbero Podcast? Risuciamo a spiegarlo a chi non l'ha mai visto o ascoltato?
Allora, possiamo dire che è un podcast di infotainment. Ma, più in generale, è una specie di chiacchera da bar più estesa, che punta a stimolare il pensiero critico. Ovviamente si cazzeggia, si scherza e si intrattiene.
È vero che state per chiudere? Sui giornali si è detto così. Qualcuno ha parlato di scazzi tra voi tre conduttori...
Cazzate. Dovevamo soltanto cambiare studio e ci siamo presi una pausa di qualche giorno.
Oggi la fanbase è cresciuta a dismisura. Appari sui giornali, noi ti stiamo intervistando. Possiamo dire, insomma, tu sia diventato famoso. Che impatti ha avuto questa cosa sulla tua vita? Ti ha cambiato in qualche maniera?
Diciamo che mi ha cambiato tendenzialmente in positivo. Inizialmente il mio carattere era discutibile, ero eccessivamente superbo. Ma il web, così crudo, mi ha portato a limare dei tratti del mio carattere. I primi mesi mi hanno fatto notare con una certa veemenza che ero abbastanza odioso. Questo mi ha aiutato a calmarmi. Il lato negativo è che il nostro è un format poco censurato, molto sincero e quindi qualunque tua affermazione non gradita dal pubblico rischia di diventare ogni volta qualcosa di dominio nazionale. Soppesare tutto quello che dici è un po’ pesante. Ovviamente non puoi pretendere di prendere solo il meglio, ma in ogni caso il web mi ha insegnato a essere più umile. Quando mi fermano i ragazzi per strada per fare le foto non ho nessun problema, anzi mi piace. Spesso sono giovani educati che vogliono condividere con te qualcosa. Vuol dire che qualcosa glielo lasciamo.
Il grande classico del terzo millennio è non riuscire a spiegare in famiglia il proprio lavoro. Tua madre ha capito che fai di mestiere?
Ti racconto un aneddoto: io vivo ancora con mia madre e noi non ce la siamo mai passata bene economicamente. Lavoravo come personal trainer, certo, ma non si può dire che guadagnassi molto. Quando ho visto questo spiraglio e ho iniziato a mettere giù idee insieme ai miei soci, le ho detto che avrei tolto tempo alla palestra per dedicarmi a questo nuovo progetto e lei ha accolto la cosa con un certo scetticismo, perché, nonostante non sia assolutamente una donna anziana e sia anzi molto giovanile, aveva l'impressione fosse una perdita tempo. Mio padre, invece (i miei sono separati da anni), mi ha chiesto qualche spiegazione e alla fine mi ha detto: “Mi fido di te, ti vedo convinto, vai”. Da lui ho imparato a reinventarmi. L’avrei fatto anche senza l’approvazione dei miei, ma è stato comunque importante anche il loro benestare. Quando mia madre ha iniziato a vedere il successo che stavo riscuotendo si è tranquillizzata del tutto e ha riconosciuto il mio impegno.
Lo scorso dicembre si è tenuto il #nostreamday, un giorno di protesta che ha coinvolto streamer e utenti di Twitch, uniti nel contestare Amazon (proprietaria proprio di Twitch), per le modalità con cui un celebre utente è stato oggetto di un ban perenne dalla piattaforma. Anche su Twitch si propone, dunque, il tema molto attuale della libertà di espressione sui social network. Cosa pensi di tutta questa situazione?
Il mondo del web non è regolamentato come dovrebbe e questa cosa la vediamo anche nel dibattito pubblico. Penso a Trump, Twitter e alle altre piattaforme che si permettono, di fatto, di imporsi, in determinati frangenti, sugli ordinamenti nazionali. Capire come far coincidere la libertà d’espressione e la tutela di altre legittime istanze è un problema della nostra epoca. Il punto è che su Twitch ci sono delle regole, ma sono discrezionali e spesso sono applicate in maniera errata. Rischi di perdere anche molti giorni di lavoro per dei ban. Noi, assieme a molti utenti, abbiamo quindi deciso di scioperare per tenatare di avere almeno chiarezza, più possibilità di dialogo con la piattaforma, ad esempio sull’uso delle parole, per poter cercare di spiegare il contesto in cui vengono usate. Siamo andati in live un minuto solo per leggere il manifesto. Molti hanno aderito. Su Twitter e altri canali abbiamo smosso un po’ le acque. Poi effettivamente hanno spiegato e dato chiarimenti. Non è solo merito nostro ovviamente, ma abbiamo creato in qualche modo un precedente.
Qualcuno, come Chiara Ferragni, ha suggerito di rendere tracciabile ogni utente, riconducendo ogni account a un documento di identità. Che ne pensi?
È un’idea che condivido. Non so però quanto potrebbe limitare gli abusi. Magari, però, sapere di essere facilmente rintracciabile metterebbe gli utenti in un’ottica diversa.
A proposito di linguaggio, voi siete tra i pochi che parlano espressamente di “femminismo tossico”.
Noi usiamo questa espressione per riferirci a quella forma di femminismo estremo che vede negli uomini qualunque tipo di minaccia e il genere maschile come unica causa dei mali delle donne. Ma di femminismo, in generale, ormai non si può parlare. Se sollevi delle critiche sull’argomento diventi subito misogino. Analizzare l’estremismo di un movimento però è giusto. Vedi col comunismo, dove l’estremismo ha portato a risultati spaventosi, tipo la Corea del Nord. Il femminismo sembra essere diventata una battaglia da storia Instagram e da bio di Twitter. Si cerca di veicolare l’odio verso gli uomini, sentimento comprensibile se la persona in questione ha subito una violenza o esperienze estremamente negative a causa loro. Trovo però sbagliato ricondurre tutto il male del mondo al patriarcato. "All men are trash": se lo dicesse un uomo a proposito delle donne verrebbe crocefisso.
E proprio l'utilizzo di questa espressione ha rappresentato il casus belli per un bel casino tra voi e Stefano Feltri, dopo che Domani, il giornale da lui diretto, ha pubblicato un'intervista che vi riguardava...
Sì, era uscita un'intervista che a mio avviso è stata strumentalizzata e molte persone sono andate dietro a quanto detto di diffamatorio nei nostri confronti chiedendo anche al giornale (a Domani, ndr) di rimuoverla. C'è stato un mix di fraintendimento e colpa di qualcuno. Non si sono informati ad esempio sullo scandalo legato al mio saluto romano durante una live ingigantendo il fatto e dandogli una connotazione sbagliata (non era un saluto romano ma una battuta presa ed estrapolata dal contesto, ndr). Dopo la shitstorm femminista che ha scatenato questo pezzo Feltri, il direttore, si è dissociato, forse per paura di ripercussioni. Anche perché lui stesso non era al corrente su quello che facevamo o di chi eravamo, quindi probabilmente si è fatto un'idea sbagliata su di noi, interpretandoci come misogini o fascisti. Poi dopo che ha visto alcune nostre live si è reso conto che non siamo certamente pericolosi e ha scritto un editoriale definendoci dei ragazzotti noiosi ma non fascisti.
Lo avete avuto ospite in trasmissione per un confronto giusto?
Sì e lui ha negato l'esistenza del femminismo tossico, ci ha etichettato come gente che usa metodi "fascisti" e ci ha dato dei maschilisti. Noi abbiamo cercato di rispondere alle sue argomentazioni, ma lui non si è spostato dalle sue posizioni.
Questa cosa ti ha fatto incazzare?
Ma no, alla fine volevo solo difendermi da una serie di accuse a parer mio ingiuste e finite su un giornale a tiratura nazionale. Ammetto che mi sarei aspettato almeno un passo indietro o delle scusa pubbliche, ma non posso obbligare gli altri a cambiare idea su di me.
È vero che sei stato vittima di revenge porn? Se ne parla sempre e soltanto in riferimento alle vittime femminili...
Amber Heard, l'attrice ex moglie di Johnny Depp, durante una terapia di coppia con l'ex marito, ha riassunto alla perfezione la disparità di trattamento che subiscono gli uomini di fronte a certi soprusi: “Dillo alla stampa che tu sei stato picchiato da una donna. Ti rideranno dietro”. Noi sappiamo che lei ha pronuniato queste parole perché le registrazioni di quell'incontro sono state depositate nel processo di divorzio che li vede coinvolti e nel quale Depp sostiene di essere stato più volte oggetto di violenza da parte della Heard. È un procedimento molto interessante perché mette in luce dinamiche che raramente diventano oggetto di attenzione. Nel mio caso, il revenge porn non mi ha creato enormi danni, il video non era particolarmente imbarazzante e comunque non ho problemi a farmi vedere nudo. Ma il gesto è stato ugualmente spregevole. Nel mio caso, semplicemente, il video mi ritraeva mentre entravo nella doccia. La persona che l'ha girato l’ha mandato a un’amica, non so perché, forse a mo’ di trofeo. Il punto è che non era neppure stato girato con il mio consenso, era stato proprio rubato. A me non è successo nulla di grave, ma pensate a chi, al mio posto, avrebbe potuto avere problemi per esempio al lavoro. Esistono sensibilità molto diverse, nel caso in cui fatti come questo riguardino un uomo o una donna. Ti ricordi, ad esempio, quando Gue Pequeno ha postato, per sbaglio, tra le sue Instagram Stories, una foto che lo ritraeva intento a masturbarsi e che, probabilmente, voleva, in realtà, inviare come messaggio privato? La foto venne salvata da molti utenti e girò comunque. Qualche nota blogger se ne uscì con un commento del tipo “Nonostante la posizione è comunque piccolo”. Body shaming insomma. Se fosse successo a una donna, nessuno avrebbe sghignazzato.
Ti senti un esempio per i giovani che ti seguono?
Mi fanno spesso questa domanda. Teoricamente metti subito in chiaro che non sei un educatore e metti in chiaro che il tuo prodotto è dissacrante, crudo. Io però non riesco a sottrarmi al peso della “responsabilità”, so che quello che dico ha un peso. Penso sempre che dietro lo schermo ci sono dei ragazzini che potrebbero fraintendermi. Entro un certo limite, cerco almeno di gestire i toni. Non penso di essere mai stato un enorme esempio negativo insomma. Ricordo però che non è un programma pedagogico.
Cosa trovi intollerabile sul web?
Una cosa tra tutte: il “ban”. Il web negli ultimi anni è diventato la nuova “piazza”, il nuovo “luogo comune” dove si svolgono le conversazioni e si sviluppano le relazioni sociali. Specie in questo periodo. Se banni per ragioni futili fai un danno enorme. Se chiudi una pagina Instagram non sai chi lavora lì dietro. Non parlo di incitazione all’odio, o reclame naziste, queste ragioni sono legittime. Ma non puoi chiudere pagine che lavorano, che monetizzano, creando problemi economici a persone che cercano di portare avanti la propria vita attraverso i social.
Perché continuare a fare Cerbero Podcast?
I motivi sono vari. I soldi. Non sono ipocrita, il valore economico è importante. La consapevolezza poi d’avere un pubblico che ti ascolta. È un pregio, un’arma importante, che ci permette ad esempio nel caso in cui una testata decida di diffamarci o di “manipolare” quello che diciamo di controbattere subito. E poi sono molto fiero del prodotto che abbiamo creato. Queste per me sono tutte ottime ragioni per andare avanti.