Ero nel ristorante del cinema Smeraldo, a Milano. Aspettavo di vedere un film. Una cameriera si avvicina e mi fa, con cadenza francese: “Scùsa, posso farti una domandà? Perché hai tatuato sul polso Fuck Charlì”?. Pochi mesi prima era avvenuto il massacro di Charlie Hebdo, a Parigi. Oggi, per quel massacro, comincia il processo. Quella ragazza era confusa. Mentre tutti dicevano Io sono Charlie, lei sulla mia pelle stava leggendo Fuck Charlie. Non c’entra niente, le spiegai. È un’altra storia. Ma forse non è vero. Non era vero.
Cinque anni fa terroristi islamici entrano nella redazione di questo giornale satirico e ammazzano 17 persone. Le ammazzano perché Charlie Hebdo fa ciò che è nella propria natura. Io sarò sempre dalla parte da chi dissacra. Ché dissacrare non significa non riconoscere ciò che per altri è sacro ma riconoscere che può essere messo in dubbio. Sarò sempre dalla parte degli anarchici. Ché l’anarchia non è l’assenza di regole né di ordine. Sarò sempre dalla parte dei folk, dei punk, dei disadatti e di chi non può far altro che essere o diventare ciò che è o vuole diventare. Sarò sempre dalla parte - per storia personale e inclinazione - dalla parte delle minoranze.
Nei giorni del massacro di Charlie Hebdo partirono gli hashtag #iosonoCharlie. Troppo facile però indignarsi così e solidarizzare con un hashtag. Oggi facciamo tutti i liberi ma: instagram e i social decidono cosa possiamo pubblicare e sponsorizzare; ancora oggi a parlare di sesso trovi chi ti banna o ti attacca o si scandalizza; conosco quarantenni che davanti ai genitori hanno ancora paura a fumare o gay che ancora oggi fanno fatica a dichiararsi perché le persone disposte ad accettarci, in realtà, sono molte meno di quelle che crediamo. E solo io vedo così poche voci fuori dal coro? Solo io vedo molta moltissima omologazione? Troppa autocelebrazione, troppe cazzate, poca sostanza. Tutti che cercano di essere belli attraenti di successo. E soprattutto pochi rischiano. Nessuno rischia cazzo. La soluzione? Non ce l’ho. Ma ho un po’ di mantra da un po’ di tempo a sta parte: commentare meno, pensare e approfondire di più e ascoltare guardare leggere coloro con cui NON sono d’accordo. E rischiare, appunto, mettersi in gioco continuamente. Avere paura. Ché ciò che non mi fa paura mi interessa meno.
Io sono Charlie è troppo facile da dire. Pochissimi sono Charlie nella vita quotidiana, per cose minime tiriamo in dentro il pelo e abbassiamo la cresta. Oggi Charlie Hebdo ha pubblicato una vignetta con scritto: Tutto questo per questo. È un po’ come dire: avete fatto tutto questo per niente. Nel senso: ci avete sicuramente cambiato, ma migliorandoci, non tappandoci la bocca. La libertà, quella vera, ha un prezzo molto alto. Ma è irrinunciabile. Rendiamole onore nei piccoli atteggiamenti. Intime rivoluzioni personali. Partiamo da qui. Io non sono Charlie.
La frase giusta forse è: io voglio essere Charlie ogni giorno di più.