L'Enzo Ferrari di Michael Mann cammina storto, trascinando i piedi, nascosto dietro gli occhiali scuri che ne hanno disegnato il mito. È un Ferrari che non perde le sue brutture, le cattiverie, l'estrema razionalità di un uomo del Novecento che prima di tutto, prima di ogni altra cosa, deve far funzionare quello a cui, tra mille fatiche, ha dato un nome. Motori, automobili rosse, velocità e vittorie, successi senza tempo.
È un Enzo Ferrari adulto, costruito intorno al 1957, anno di estreme sofferenze e complesse decisioni, un padre che ha perso un figlio, un marito tra due donne, un imprenditore che deve far quadrare conti sempre più difficili. "Enzo ha costruito un muro" dice di sé, dando voce a una percezione collettiva, a un distacco necessario per poter fare i conti con piloti che sopra le sue creazioni perdono la vita in un attimo. L'alternativa? "Cambiare mestiere". È il punto di partenza di Ferrari, il film dedicato alla vita del Drake realizzato dal regista americano Michael Mann nelle sale dal prossimo 14 dicembre e che noi abbiamo visto in anteprima a Maranello, in una serata dedicata alla memoria del fondatore della Ferrari alla presenza del figlio Piero, oggi vicepresidente dell'azienda.
Un film americano, nella produzione e nella scelta degli attori, che toccando un mito italiano rischiava di trasformarlo, snaturandolo, e che per questo - già molti mesi prima della sua uscita - spaventava pubblico e addetti ai lavori. Ma l'attenzione con cui Mann ha restituito vita al Drake, e alla sua storia, è il primo grande pregio di un film che ha qualche difetto, nella realizzazione e nella resa finale, ma che non toglie spessore, e tridimensionalità, al profilo di Enzo Ferrari.
Molti pregi
Il cast scelto per la pellicola è con ogni probabilità il più grande successo del film. Una perfetta Penélope Cruz nel ruolo di Laura Ferrari, madre distrutta dal dolore per la morte del figlio Dino, moglie ferita e rancorosa ma estremamente lucida e intelligente. Un Adam Driver che nonostante le evidenti differenze fisiche con Enzo Ferrari scava nella sua gestualità, nel modo di camminare e di porsi, e ci ridà un'interpretazione credibile, e accurata, del Drake. Da Shailene Woodley a Sarah Gadon passando per un (ossigenato) Patrick Dempsey: tutti gli attori scelti da Michael Mann sono tasselli ben posizionati in un contesto di grande ricostruzione storica.
Ed è proprio l'ambientazione del film il secondo grande pregio di Ferrari: un'opera girata quasi interamente in Italia, tra Modena, Castelvetro e Maranello, in una produzione che per mesi ha bloccato la zona ma che ci restituisce un contesto realistico, tra auto d'epoca (fornite da Ferrari o da molti collezionisti italiani), costumi perfetti e location ricostruire in modo dettagliato. Anche la - molto più complessa - resa "motoristica" del film non pecca e non lascia insoddisfatti anche i più attenti appassionati di motori: i dettagli sulle vetture, sugli incidenti e sulle dinamiche di guida - spesso realizzate grazie all'aiuto dell'azienda e degli esperti del settore chiamati in aiuto da Mann - sono precisi e puntuali. No, non preoccupatevi: in questo film nessuno "accelera più forte" per superare in rettilineo come spesso abbiamo visto fare in altre produzioni sul motorsport. Bellissimi, per chi li coglie tra i più appassionati di motorsport, anche i cameo: dal pilota Marc Gené alla guida di una Ferrari 750 Monza gialla, al giornalista Leo Turrini.
Un punto di domanda
La scelta della trama del film si articola intorno alla volontà di Michael Mann di selezionare un anno particolarmente interessante della vita del personaggio in questione e usarlo per descrivere tutta la sua esistenza. Nel caso di Ferrari è stato scelto il 1957, anno dopo la morte del figlio Dino, periodo di rottura con la moglie Laura e di molte domande con l'amante Lina per il riconoscimento del figlio Piero ma anche anno di difficoltà economiche per la Ferrari, con la necessità di introdurre un nuovo socio e investitore e - da qui - i primi contatti con il giovane Gianni Agnelli, la necessità di vincere la Mille Miglia e la conseguente strage di Guidizzolo, macchia nera nella vita personale e nella carriera di Enzo Ferrari.
Il film scorre veloce tra colpi di scena, tragedie e successi senza annoiare lo spettatore, dandoci un quadro dettagliatissimo di una fase della vita del Drake. Rimane però un punto di domanda: Ferrari è un film dedicato alla vita di Enzo o un ritratto di quel particolare periodo della sua esistenza come uomo e come imprenditore? Resta nell'ombra l'Italia delle due guerre mondiali, la fondazione dell'azienda, la nascita di Dino, il suo genio, la sua malattia, e il futuro della Ferrari, la Formula 1, la produzione di vetture da strada, il cambiamento verso il finire del Novecento. Impossibile, è vero, raccontare tutto Enzo Ferrari in un solo film e facendo una scelta radicale come questa Michael Mann riesce a descriverne una fase senza peccare di superficialità. E il resto? Per quello serve cercare altrove.
Due difetti
Ferrari non è un film senza difetti. Il primo è la resa di alcuni dialoghi, spesso "americanizzati" in uno stile hollywoodiano che poco si incastra con l'immagine, italianissima, del Drake. Dai toni usati con i suoi piloti ai litigi con la moglie Laura, Enzo Ferrari è spesso portato all'estremo attraverso le sue parole, che lo caricano di una tensione non necessaria. Il secondo difetto, il più grande ed evidente, è nell'uso degli effetti speciali: dall'incidente a Fiorano all'inizio del film fino a quello di una Maserati durante la Mille Miglia, il risultato scenico è poco realistico e di bassa qualità, un vero peccato considerando l'altissimo livello di costumi, location e ambientazione. Una pecca che trova il suo apice durante il terribile disastro di Guidizzolo al termine della Mille Miglia, in cui vengono inquadrati i corpi dei morti in un'immagine del tutto irrealistica. Sarebbe bastato, sia in quest'ultimo caso che in quello degli incidenti, evitare di mostrare l'evento in sé per alzare notevolmente la resa di tutto il prodotto che, proprio a causa di questi pochi passaggi, perde di qualità.
Al netto di tutto però Ferrari resta un film che con grande intelligenza non nasconde niente del Drake, senza cadere nel facile errore (in questo caso imperdonabile) di restituirci un Enzo Ferrari diverso da quello che abbiamo imparato a conoscere, snaturalizzando un mito italiano e mondiale. Michael Mann, Adam Driver e la produzione ci consegnano invece "le gioie terribili" di un uomo pubblico e privato, in un prodotto che - da Hollywood all'Italia - ci ha restituito un po' di Enzo Ferrari.