Dopo il ritiro delle truppe alleate, inizia a delinearsi il futuro governo (o regime?) in Afghanistan. In queste ore i talebani nomineranno il leader religioso Haibatullah Akhundzada come suprema autorità del Paese e lo sceicco avrà un titolo simile a quello dell'ayatollah Khamenei, guida suprema dell'Iran. Il mullah Abdul Ghani Baradar, co-fondatore dei talebani, dovrebbe invece essere nominato alla guida delle operazioni giornaliere del governo. E mentre il portavoce Zabiullah Mujahid ha lanciato un appello all’Italia: “Il vostro è un Paese importantissimo. Spero che riapriate l’ambasciata. Questo per noi è essenziale”, ci si chiede che tipo di paese abbiano in mente i vincitori di questo conflitto durato 20 anni. Anche perché, in particolare i paesi occidentali, vorrebbero garanzie sui diritti civili e sulla salvaguardia di chi ha collaborato con gli stranieri. Per cercare di capire meglio che cosa possiamo aspettarci dal nuovo corso afghano, abbiamo chiesto il parere di Enrica Garzilli, che nella sua lunga carriera di studiosa ha insegnato sanscrito e buddhismo, induismo e diritto indiano alle università di Delhi e di Harvard, Storia del Pakistan e dell’Afghanistan all’Università di Torino e ha pubblicato diversi libri.
Prima di tutto, vista l’evoluzione di questi giorni, lei crede a dei talebani più moderati rispetto al passato?
Assolutamente no, come possiamo verificare. La storia dell’Afghanistan e del Pakistan ci insegna che sono paesi nei quali non avvengono cambiamenti in modo repentino. In questo caso, per di più, chi andrà al potere è composto da un gruppo molto eterogeneo, prima di tutto in base all’etnia. E poi bisogna tenere d’occhio l’Isis K che potrebbe infiltrarsi. Che non sono moderati lo si capisce da come stanno agendo, cioè vogliono tutto subito. Di solito chi è moderato cerca di negoziare, di procedere per gradi, solo che loro non stanno facendo niente di tutto questo.
Che tipo di governo, o di regime, si aspetta?
Prima di tutto bisogna escludere categoricamente un avvicinamento alla democrazia, sia a livello politico che sociale. Ma d’altronde, le istanze fondamentaliste in Afghanistan sono sempre esistite. È un paese radicale. Dai tempi di Amānullāh Khān, il sovrano che dopo essere stato emiro e aver sconfitto i britannici nella terza guerra anglo-afghana nel 1919 si è proclamato re e ha regnato fino al 1929 facendo riforme modernissime, fino a Zahir Shah, che come Amanullah è venuto in esilio in Italia. Chiunque vuole governare l’Afghanistan deve scendere a patti con l’Islam radicale. Purtroppo, le riforme sono sempre state bloccate dalla frangia più estrema dei musulmani sunniti.
Eppure, dopo 20 anni, in pochi in occidente si aspettavano un ritorno così repentino dei talebani.
Gli spazi erano già molto ristretti prima. Avevano riconquistato delle aree nel tempo e poi sono arrivati a Kabul in pochi giorni, perché intorno già controllavano tutto. Non è vera la visione che ci abbiano messo poco tempo, perché in realtà erano anni che stavano avanzando costantemente.
Quindi gli americani si sono illusi di aver lasciato una situazione tutto sommato controllabile dal governo precedente?
Biden ha avuto un grande torto, che anche il suo elettorato gli riconosce, quello di aver troppo repentinamente organizzato la ritirata dell’America. Tra l’altro con pochissimo rispetto per gli alleati, per esempio un ringraziamento all’Italia non è mai arrivato. Già Obama voleva ritirare le truppe, poi Trump ha stretto l’accordo di Doha con talebani, ma senza invitare nessun altro dei paesi alleati. Ora Biden lo ha reso operativo, ma organizzandolo malissimo. Comunque, di quell’accordo non sappiamo quasi nulla, appunto perché non c’era nessuno a parte gli americani. E chi volesse provare a rendere pubblici segreti statunitensi ricorda bene quale trattamento hanno riservato a Edward Snowden: chi rivela qualcosa viene perseguitato o è costretto a fuggire per salvarsi la pelle.
Ora l’ultima regione che resiste ai talebani è il Panjshir. Ma per quanto?
Per adesso non hanno il sostegno degli Stati Uniti, l’unica potenza che potrebbe aiutarli, ma che invece in questi giorni, dopo l'attacco dell'Isis K, si sta alleando con I Talib per sconfiggere l'Isis. Russia e Cina stanno invece attenzionando i talebani. Il figlio di Aḥmad Shāh Masʿūd ha però detto chiaramente che dovrà negoziare con i talebani. Ma perché non sono abbastanza equipaggiati per resistere. Lui ha studiato in Inghilterra “arte militare” e sa benissimo che senza le armi e persone addestrate non potrebbe durare a lungo contro una offensiva talebana. Ahmad Massoud è molto giovane, ma venerato come il padre che ha scacciato i sovietici. Lui sogna per il Pakistan un futuro come la Svizzera in Europa, di un paese cuscinetto in grado di prosperare proprio per la sua posizione strategica e le risorse del sottosuolo di cui è molto ricco.
Chi ha avuto più interesse a un ritorno dei talebani?
Non apertamente, ma di certo il Pakistan. Non dimentichiamo che Osama Bin Laden aveva trovato rifugio in quel paese. La Turchia sembrava molto interessata, ma per ora si è ritirata. La Cina è molto propensa a espandersi per avere l’egemonia geopolitica e i giacimenti sono molto invitanti, solo che una parte di Cina stessa, quella dove abitano gli uiguri che sono musulmani, potrebbe iniziare a creargli dei problemi perché spinti verso i talebani. Gli servono quindi garanzie. Poi ci sono la Russia e le repubbliche dell'ex Unione Sovietica che vorrebbero utilizzare il paese per avere accesso diretto al Mare arabico attraverso il Pakistan.
Quali sono i rischi maggiori che vede per la popolazione civile, in particolare quella che in questi ultimi 20 anni si è avvicinata a un modello di società occidentale?
Prima di tutto pratico, ma per i talebani, perché manca preparazione amministrativa. Per questo, in realtà, non vogliono che se ne vadano tutti, serve di sa far funzionare la pubblica amministrazione. Certo, dopo 20 anni durante i quali ha provato i diritti civili, una parte della popolazione non ha così voglia di tornare al "Medioevo". Il pericolo maggiore è per le donne. Chi non sarà rapita e violentata, dovrà sottostare ai matrimoni forzati. Se non possono neanche più studiare in scuole miste, le ragazze non hanno più modo di conoscere maschi della stessa età, socializzare e magari incontrare il loro futuro marito. Saranno quindi costrette a matrimoni combinati.
Praticamente, si tornerà al paese per come lo conoscevamo prima del 1919, una sorta di società dell’Alto Medioevo.