Tre casi.
La mia esperienza.
Ciò che ho capito.
Comincio dai casi: un bambino autistico di nove anni, dopo il saluto ai compagni, è stato costretto a tornare indietro perché la sua insegnante di sostegno non c’era. Ieri, per protesta, gli altri genitori hanno organizzato un sit in. È successo a Roma.
Un bambino down di 6 anni, che da giorni davanti allo specchio di casa provava grembiule e cartella per prepararsi al primo giorno di scuola, è dovuto restare a casa perché non avrebbe avuto la sua assistente educativa. È successo a Pisa.
Un bambino di sette anni, con la sindrome di Asperger, non è stato ammesso alla scuola della città in cui vive ed è stato invitato a frequentarne una a dieci chilometri di distanza. È successo a Rodano, provincia di Milano.
Per Virginia, invece, la mia Virginia, sindrome Cri du chat, tutto bene. Ma non sempre è andata così. So cosa vuol dire sentirsi isolato dentro la burocrazia ministeriale, nelle mani di gente distante, spesso incompetente, vittima di decreti assurdi. Mi riferisco soprattutto ai ministri dell’Istruzione. Virginia ha fatto l’asilo ai tempi della Gelmini. Sono stati anni di deliri, non si capiva niente, gli insegnanti di sostegno arrivavano con mesi di ritardo, un anno fu nominato a gennaio o febbraio, sì, avete letto bene, a stagione scolastica quasi terminata. Alle elementari la situazione è leggermente migliorata ma la difficoltà - nei primi anni - è sempre stata presente. E adesso che fa la seconda media e che noi genitori (e lei) ne abbiamo passate un bel po’ possiamo dire di essere finalmente tranquilli. Ma tra un po’ la Frughi comincerà le superiori e si aprirà un altro capitolo.
Perché sì, in Italia va così: è rarissimo trovarsi in una situazione in cui la stessa insegnante di sostegno o la stessa assistente seguono la stessa bambina per tutto il percorso scolastico. Perché sì, in Italia va così: spesso l’insegnante di sostegno o l’assistente vengono valutate professori di serie B, ed è rarissimo trovare chi fa questo lavoro per vocazione, a volte è solo un parcheggio aspettando di passare di ruolo.
Di tutto questo mi è rimasto lo scetticismo di chi non capiva il metodo da praticare con Virginia, che è vero, è singolare, a volte invasivo, ripetitivo, impegnativo ma sicuramente efficace. Mi sono rimaste le lotte con i dirigenti scolastici per trattenerla un anno in più all’asilo e un anno in più alle elementari, cosa che a noi pareva ovvia ma per altri che dovevano decidere no. Uno di loro mi accolse con sufficienza e mi mandò via in fretta, gli avevo chiesto che sarebbe stato ideale trasferire Virginia nel complesso scolastico sotto la sua guida tenendola in quinta elementare per un altro anno invece di passarla in prima media. A noi tornava meglio così perché in questo modo Orlando, Agata e Virginia avrebbero frequentato tutti lo stesso complesso, con evidenti benefici logistici. Questo qua mi rispose: “Scusi, ma io non posso mica accollarmi i problemi di un’altra scuola...”.
Ma in tutto questo ho capito anche un po’ di cose: che spesso lo scetticismo è più che altro conseguenza della pigrizia, della poca voglia di cambiare, di provarci, di prendersi delle responsabilità. Che per quanto ci saranno burocrazie che bloccano, ministri che non sanno, ministeri che non amministrano, sul territorio, nelle classi, tra i banchi, insomma in prima linea, ci sono anche persone, professionisti, maestre e maestri che se ne fottono e vanno al di là delle difficoltà, delle convinzioni personali, delle mancanze di risposte dall’alto, delle contraddizioni legislative. Persone, professionisti, professori, maestre e maestri che seguono il filo conduttore di una cosa chiamata umanità. Per dieci menefreghisti ci sarà sempre uno che varrà questi dieci.
Quello che ho capito insomma è che se non fosse stato per gente che in questi anni scolastici per Virginia ha fatto di più di quello che doveva fare, si è messa alla prova, ha rivisto le proprie convinzioni e, come si dice, si è portata a casa il lavoro, noi ci saremmo sentiti più soli.
Agli insegnanti e ai dirigenti scolastici dei tre bambini che ho citato all’inizio vorrei dire una parola sola: disubbidite. Trovate il modo di dare amore nonostante le leggi e qualsiasi altro ostacolo, soprattutto se la persona che avete davanti non è che di questo che ha bisogno: di amore.