Le mascherine coprono i sorrisi altalenanti dei piloti, le loro emozioni contraddittorie, mentre la normalità appare ancora lontana dal paddock, dal mondo, da tutti noi. Ma quegli autodromi sul calendario, quelle tappe che tornano, danno la speranza. Leggere nomi come Austin, Interlagos o - più semplicemente - Monaco, ha un sapore dolce e amaro insieme.
Tutto potrebbe cambiare in un attimo, lo sappiamo bene. E le 23 tappe di questo mondiale (tantissime) sembrano essere un cuscinetto contro gli imprevisti di questo anno confuso. Non è la certezza che pensavamo di conoscere, fino alla fine del 2019. Non è nemmeno quella rassegnazione, mista alla paura dell’incerto, dei primi mesi del 2020.
È semplicemente la speranza di chi ricomincia. Di chi mette un piede dopo l’altro, e prova a ristabilire un equilibrio nuovo, strano, senza cercare di correre a tutti i costi. È solo il calendario di una nuova stagione di Formula 1 ma assomiglia alla vita di tutti noi. Che proviamo a rimetterci in piedi, e a guardare a un futuro che un po’ vogliamo assomigli al nostro passato.
Il motorsport ricomincia da qui, da questa domenica di fine marzo in Bahrain. Da una prima tappa spostata, non cancellata, perché l’Australia è ancora troppo lontana. Ma è una Formula 1 che guarda avanti, punta al Brasile, all’America, a quegli autodromi su cui il 2020 aveva messo una croce.
I circuiti cittadini? Un anno fa erano impensabili. Troppo affollati, impossibili da controllare, da gestire. Oggi sono lì, sul calendario della speranza. Leclerc torna a casa, nella sua Monaco, il divertimento aspetta i tifosi a Baku, patria di un Gran Premio che è mancato al saliscendi dello scorso mondiale. E poi L’Arabia Saudita, il Canada, il Giappone.
Non è tutto uguale, non è tutto come prima. Neanche lontanamente. Ma ci provano, con sforzi che assomigliano ai nostri, alla fatica che stiamo facendo, per tornare a camminare di nuovo dritti.
Ed è solo una stupida domenica di fine marzo, solo una gara da guardare seduti sul divano che segna l’inizio dell’ennesima stagione, ma è una ritualità che riprende il suo corso, con l'inizio della primavera. E dentro quella televisione c'è un arsenale telematico di sentimenti, di cose vanno a posto.
Che sono scritte nero su bianco, su un calendario che torna a fare il giro del mondo. E segna l'inizio di una stagione fatta soprattutto di questa cosa qui, di agrodolce e spaventosa speranza.