La verità non la conosci mai davvero, soprattutto quando c’è di mezzo quel dolore maledetto che porta a gesti estremi. Però, inevitabilmente, finisci per conoscere la cronaca. E’ successo anche con Emanuele Sabatino, EmaMotorsport, trovato morto il 9 dicembre nella sua officina, quella che lui stesso aveva reso famosa con i video in cui raccontava i segreti che si nascondono sotto il cofano delle auto. E’ stato un gesto estremo il suo e, a quanto dicono, è stato l’epilogo tragico e terribile di un periodo di crisi che avrebbe fatto seguito, sempre stando alla cronaca (che non è sempre la verità, ndr), alla separazione e all’affido esclusivo dei tre figli in favore della moglie.
E’ bastato questo per far scattare una associazione che magari non sarà reale, ma è umana: quella con i padri separati. Qualcuno l’ha accennato, qualcuno ha cavalcato il tema e altri probabilmente avranno anche usato una morte per provare a fare un po’ di luce su un dramma sociale su cui invece è sempre e solo buio: il dramma di padri privati della paternità. Perché basta girovagare un po’ sui social, nei gruppi dedicati, per vedere che tanti hanno repostato il link che raccontava di una morte proponendo uno spunto di riflessione che è andato oltre quella morte. Come se EmaMotorsport avesse, suo malgrado e col suo gesto, potuto fare da megafono a un urlo che è quasi sempre ignorato.
Lo diciamo subito: ci sono un sacco di mascalzoni, ci sono un sacco di genitori (maschi e femmine) che se ne fregano dei figli, ci sono generalizzazioni che davanti a temi così complessi fanno solo vomitare. E quindi no, non è questione di maschilismo, è solo questione di oggettività: c’è un sistema che genera orfani di padri vivi. Vivi in una vita che a volte non vale la pena vivere, senza sentirsi dire più (o nel migliore dei casi solo a tempo e con l’orologio sempre in mano) quella parola che è l’unica impareggiabile: papà. Non lo sappiamo se Emanuele Sabatino, EmaMotorsport, ha detto basta per questo e, per carità, stia lontana da noi ogni tentazione di puntare il dito verso qualcuno, o anche solo verso un sistema, senza avere la certezza che possa essere stata colpa di quel qualcuno o di quel sistema.
Tutto quello che ci viene da dire, piuttosto, è che quel sistema però c’è, segue meccanismi che sono disumani e che spesso riducono al nulla più assoluto uomini che sentono di aver avuto torto a prescindere. E di averlo ancora, finchè morte non li separi. Come se valessero di meno, come se contare qualcosa nella vita dei figli delegittimasse l’altra, meravigliosa, parola impareggiabile che è “mamma”.