Come sta Mauro Repetto? “Sono in forma”, rassicura subito. Il motivo? Si allena con una campionessa di judo due volte a settimana. La sua base ora è Parigi: “Il grigio perla del cielo è uguale a quello di Pavia e di Milano. Quindi, a livello di colori, siamo a casa. C’è questa cultura romantica e malinconica che ti culla. È molto violenta, più di quanto si pensi, ma mi fa sempre piacere perdermi per Parigi. Io abito a Bastiglia, il quartiere forse più bello nell'11º arrondissement”. E adesso, dopo anni di anonimato, capita pure che qualcuno lo riconosca per strada: “Qualche italiano, ma solo negli ultimi mesi. Sono tornato spesso in Italia per il teatro, per vedermi con Max al Forum d'Assago. Qualche appuntamento che ha fatto sì che la gente mi notasse di nuovo”. Repetto è rimasto soddisfatto della serie tv targata Sky: “Penso veramente che abbiano colto la spina dorsale, l'humus di creatività e fragilità che avevamo all'epoca. I due attori che ci interpretano sono molto pertinenti. A me è piaciuto il mood creato, due normaloni”. Il successo? Se lo spiega così: “Un po' di nostalgia, la voglia, in questo momento di fuochi d'artificio dappertutto, di essere un po’ normali, di sperare di fare qualcosa in provincia”. Non ha mai incontrato Mattia Oscar Giuggoli, l’attore che lo interpreta, ma non gli dispiace: “Penso per lui sia meglio così. Ha potuto prendere nell’aria le paturnie, i tic, le speranze, le goffaggini, la voglia di essere Johnny Depp e, a volte, Fantozzi”. Però, a conti fatti, sente che la serie lo ridimensiona un po’: “Nel piatto c'era un fade out del mio sogno. Cecchetto ci diceva di non cambiare perché non facevamo nulla ed era un aereo che planava. Io capivo che il mio ruolo sulla scena era limitato, anche se lo facevo con piacere”.
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Repetto racconta la decisione di mollare gli 883: “Volevo avere una ragazza a Los Angeles, vivere una storia d'amore a Miami. Penso che sia io sia Max abbiamo parlato di American Dream durante tutto il liceo. Una volta che avevo le tasche piene di soldi e sogni, perché non provare a farcela?». Era ingenuo, lo ammette: “Volevo una famiglia là, un divanetto, la tv americana, il tizio che ti tira il giornale. Era proprio un’ingenuità, ma ce l’avevo dentro”. Non lo ha mai vissuto come un azzeramento: “Avevo il serbatoio pieno di un carburante maturato con gli 883. Mi sono proposto come attore, come sceneggiatore, ma avevo un problema: la lingua. Andavo a proporre delle cose a Martin Scorsese, volevo fare l'attore o lo sceneggiatore, ma non parlavo bene inglese, quindi mi mandavano via”. Alle ragazze con cui usciva, però, non raccontava nulla della sua passata vita da numero uno degli 883, “Ero io il frontman”, dice. Non serviva, comunque, per rimorchiare: “Anche con la commessa o la ballerina in palestra si vedeva che ero ricco. E bastava”. In America è tutto esagerato, spiega Repetto, per esempio puoi andare in palestra e trovare Brad Pitt: “Andavo due volte al giorno alla Gold Gym. Una mattina il mio trainer mi chiede se posso lasciare il posto a un tipo simpatico che andava a letto con Julia Roberts e ogni weekend a Las Vegas. Ho pensato che fosse un figo assurdo. Lui mi dice che aveva fatto il cowboy in Thelma e Louise. Si presenta: era Brad Pitt”. Dopo il boom della serie, molti speravano di vedere gli 883 riuniti sul palco dell’Ariston, ma Repetto taglia corto: “Non ce l'hanno proposto. Noi ci esibiamo insieme solo in birreria e per il momento basta così”. Sanremo, però, lo ha seguito: “Resta sempre una Champions League, affascinante da quando ero bambino. Mi porto a casa tre cose: Giorgia da diva, il testo di Cristicchi e il vestito di Clara. Poi Jovanotti, numero uno a livello artistico e umano. Quando lo chiamavamo a Radio Deejay ci rispondeva sempre. Anche lo zio Gerry (ovviamente Scotti, ndr) ci ha sempre aiutato”. Su Lucio Corsi, invece, anche se non sa di preciso come si chiami, dice che sembra “un mix tra Gianni Togni e David Bowie”. Complimento o no?
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Oggi Repetto è Event Executive a Disneyland: “Devi ricevere un brief e coordinare con un milione di euro trasporti, logistica, food and beverage, hotel. Hai grande autonomia e un po' di creatività. Walt Disney Company è comunque la numero uno a livello entertainment”. Non lo fa per soldi, ma per la madre: “È una cosa che faccio per fare piacere a mia mamma, come la laurea in lettere. Lei vuole che abbia un lavoro vero, fisso 9-18”. Eppure, dei soldi degli 883 non ha bisogno: “Ogni sei mesi arriva il bonifico. Potrei non lavorare alla Disney se volessi. Le royalties durano fino a 75 anni dopo la morte dell'autore. I miei figli e nipoti godranno ancora di Hanno ucciso l’Uomo Ragno e di Come mai”. Ai ragazzi che vogliono sfondare nella musica dice: “Quand’è che la musica è stata inventata nella preistoria? Non quando qualcuno ha fatto un suono a caso, ma quando lo ha fatto sentire a un altro”. Tradotto: “Devi far sentire le tue cose. Devi andare a rompere le scatole. Fregatene dei due di picche, degli insuccessi, delle figuracce. Tira la giacca a qualcuno, proponiti. Otto volte su dieci farai una figura di merda, due volte avrai davanti uno come Jovanotti”. E poi aggiunge: “A volte puoi anche mentire, quando necessario, pur di arrivare a un traguardo”. Sul rapporto con la droga: “La mia prima canna è stata ospedale diretto. C'erano due ragazzi più grandi fuori dalla discoteca e mi hanno dato oppio puro da fumare. Mi ha fatto quasi morire”. Infine, le passioni, quelle un po' più sane. Il calcio, anche se ormai lo guarda in tv con il figlio che tifa Psg, e il tennis o il cross training, gli sport che ancora pratica.
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