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Le scarpe della Lidl
dimostrano che abbiamo
problemi più grandi del Covid

  • di Alessandro Mannucci Alessandro Mannucci

  • Illustrazione di Marco Terenziani

17 novembre 2020

Le scarpe della Lidl dimostrano che abbiamo problemi più grandi del Covid
Ma perché la gente impazzisce così? Possono delle scarpe da 13 euro, delle ciabatte da 5 euro e dei calzini da 3 euro rendere così tante persone cieche di fronte al rischio di contagio da Covid?

Illustrazione di Marco Terenziani

di Alessandro Mannucci Alessandro Mannucci

È estate. Non ricordo con precisione quando. Sono a letto, indeciso se alzarmi per fare pipì o oziare facendo fare stretching alla mia vescica (e rendendola quindi l’unica cosa che alleno in tutto il mio corpo) e sto pigramente scorrendo il feed di Instagram quando lo vedo: è un post di Lidl (il colosso del supermercati discount tedesco che vanta quasi 700 filiali distribuite in tutto il territorio italiano) in cui sono raffigurate delle sneakers, dei calzini di spugna e delle ciabatte a fascia, tutte recanti il logo della catena sui colori sociali del marchio blu, rosso e giallo vivido. Sulle prime sono entusiasta che un marchio così proletario si lanci con coraggio e sprezzo del ridicolo nell’avventura delle capsule collection tipiche di colossi dell’abbigliamento come H&M, Zara, Uniqlo. Sono quasi entusiasta. Poi guardo la linea delle sneaker, elegante come una scarpa antinfortunistica per costruttori edili, quelle ciavatte risultanti dall’unione di milioni di polimeri plastici velocemente fusi insieme in qualche lontana fabbrica-dormitorio cinese, calzini di spugna bianchi che mi fanno tornare in mente, per associazione: il mullet, il marsupio, Andrè Agassi nel 1987, la palestra del liceo, la Germania di Rumenigge. Insomma il pallido entusiasmo iniziale scema in fretta e me ne dimentico.

Fino a ieri. Apro Instagram e vedo una story di un amico, Federico Russo, che apre una scatola di scarpe. Riconosco subito quei colori più saturi del packaging di un ghiacciolo giapponese del 1980: sono le scarpe della Lidl. Dunque sono vere, esistono. A Federico, che è meritatamente noto e vanta uno stuolo di 235k follower, lo scaltro marketing team di Lidl le ha spedite in regalo. Penso ancora che si tratti di una sorta di scherzo hip-guerrilla marketing, che si tratti di una tiratura limitata destinata a persone influenti che operano nella comunicazione. Senza nemmeno accorgermene gli scrivo: “Sono in vendita che tu sappia? Per noi schifosi non famosi intendo”. Lui risponde subito “sono in vendita ma vanno a ruba!”.

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Ammetto di esserne timidamente incuriosito. Del resto, non sono nuovo a queste perversioni: nel 2001, quando pesavo 67 kg e mi infilavo anche in taglie destinate a Kyle Minogue, ricordo di essere tornato a casa dal mercato vintage della Fiera di Senigallia con due magliette verdi della Golia (le caramelle alla menta). Le misi un paio di volte e basta perché, tutto sommato, erano brutte e mi stavano di merda (e io non ero Harry Styles). Faccio un giro sui vari siti del Corriere, Skynews, Il Post e rimango scioccato: la “collezione” di Lidl è finalmente (?) approdata anche in Italia il 16 novembre, disponibile all’acquisto solo nei punti vendita Lidl, a partire dalle 8 del mattino. Le scarpe (che costano 12,99) sono il pezzo più ambito ma anche le ciabatte (a 4,99) e i calzini (a 2,99) si volatilizzano appena toccano le rastrelliere nelle corsie. Leggo che si sono formate code anche di 50 persone davanti ai supermercati mezz’ora prima dell’apertura, senza distinzione tra nord e sud: gente di quasi tutte le età è ai blocchi di partenza. Si aprono le porte e iniziano tutti a camminare lungo le corsie cercando di ostentare disinvoltura senza riuscirci. Il passo è spedito e nervoso come quando devi andare in bagno e non sai se riuscirai ad arrivarci in tempo. A quel punto, una volta vicini agli scaffali che espongono la preziosa merce, perdono ogni inibizione e su buttano sulla collezione come dei 18enni per la prima volta a Ibiza davanti all’open bar. In un paio di minuti è tutto finito. Manco i piranha. Non mi sto ancora capacitando di quello che ho letto quando vedo un video girato da un ragazzo in un punto vendita romano, alla Magliana: persone (anche non giovanissime) che si tuffano letteralmente sugli articoli in tiratura limitata, sbattendosene altamente di distanza e del fatto che sembra una mischia in un torneo del Six Nations di Rugby, altro che assembramento. L’autore del video commenta con una gravitas palpabile “no regà, no regà…è la corsa! È gravissimo!”.

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Mi viene in mente una delle scene madri di un capolavoro laterale del cinema italiano, Pappa e Ciccia (1983), nel quale Paolo Villaggio, Pippo Santonastaso e un gruppo di alpini camminano sulla pista di un aeroporto per salire sull’aereo: un alpino ammonisce di non fare “la solita vergognosa corsa per i posti al finestrino” ma dopo poco tutti si stanno scapicollando per raggiungere i posti migliori. Anche qui l’oggetto del desiderio che scatena gli istinti più bestiali è ultrapop, uno scalcagnatissimo volo charter, come le scarpe demmerda che sfigurerebbero ai piedi di Justin Bieber. Ma perché la gente impazzisce così? Possono delle ciabatte da 5 euro rendere così tante persone cieche di fronte al rischio di contagio da Covid, in un periodo oltretutto in cui muoiono quasi 600 persone al giorno?

La Lidl ha dichiarato ieri che tutti i pezzi della collezione erano esauriti in tutta Italia già nelle prime ore del mattino. Sulla pagina dedicata alla catena tedesca da Wikipedia c’è scritto “Il 16 Novembre si festeggia la giornata commemorativa della Lidl entrata in vigore dal 2020 a seguito dell'uscita delle sneakers marchiate con il logo del colosso tedesco, esaurite lo stesso giorno”. Festa nazionale.

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Ma il vero giramento di testa, quel senso di vertigine che si apre dentro e ti getta nel panico facendoti chiedere alternativamente “il mondo è impazzito?” e “cosa non sto capendo?” è arrivato quando ho visto le quotazioni che avevano raggiunto le Sneakers Lidl su eBay: si va dai 200 euro fino a picchi di 2700 raggiunti in estate quando la collezione arrivò negli altri paesi europei. In Olanda gli scaffali sembra si siano svuotati in 10 secondi. In Inghilterra un tizio ha comprato due paia di scarpe, un paio di calze e ciabatte per 3470€. Il reselling è un fenomeno per nulla nuovo, ma non avrei mai immaginato potesse riguardare anche scarpe che costano 13€ (non voglio pensare ai costi produttivi) di un marchio di supermercati discount tedesco. Quando si parla di “bolla speculativa” io penso a un trilocale in zona Isola a Milano piuttosto che a dei calzini di spugna nel punto vendita di Viale Ortles. Un’altra domanda che mi tormenta da ieri notte è: “Può qualcosa essere desiderabile solo perché prodotto inizialmente in pochissimi esemplari quindi per pochi (e successivamente perché la sua quotazione online ha raggiunto quotazioni esorbitanti)? Basta il fatto che sia “limited edition” a farci dimenticare le distanze di sicurezza, la pandemia, i negozi di abbigliamento chiusi? Forse sto invecchiando ma più riguardo le immagini della ressa alla Lidl della Magliana più penso che il Covid-19 non sia forse il più grande dei nostri problemi.

 

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Illustrazione di

Marco Terenziani

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