C’è anche un membro del Cda di Saudi Aramco, nuovo sponsor del team VR46 di MotoGp, tra i “capitalisti di papa Francesco”. Si tratta di un gruppo di manager, banchieri, finanzieri, consulenti e funzionari pubblici riuniti in una fondazione internazionale che fa capo a una donna appartenente a una famiglia il cui cognome costituisce un richiamo irresistibile per i complottisti di tutto il mondo: Rothschild. Saudi Aramco, colossale azienda petrolifera statale dell’Arabia Saudita (il cui presidente e Ceo è Amin Nasser, che si vede nella foto sopra tra Marc Marquez e Vale) che si è legata in chiave di marketing a Valentino Rossi, è rappresentata da Mark Weinberger, che tra le altre cose è pure membro del Consiglio di Johnson & Johnson e MetLife.
Di questo “Council for inclusive capitalism with the Vatican” (che, come la “Coalition for inclusive capitalism” da cui discende, si presenta come un’organizzazione senza scopo di lucro che sviluppa iniziative che inducano la trasformazione del capitalismo per rendere le economie e le società più inclusive, dinamiche, sostenibili e affidabili) fanno parte anche alcuni italoamericani (Carmine Di Sibio di EY, Fabrizio Freda di The Estée Lauder Companies, il finanziere Enzo Villani, l’avvocato Albert B. Maggio Jr.) e due italiani effettivamente con base in Italia: Brunello Cucinelli dell’omonima azienda di moda e Piergiorgio Bassi, fondatore di Pgb Group.
Stando a quanto riportato dal New York Times, la fondatrice, Lynn Forester de Rothschild, crede che il cambiamento arriverà quando i miliardari degli hedge fund e papa Francesco lavoreranno insieme: “Lynn Forester de Rothschild, multimilionaria che si è fatta da sé entrata a far parte tramite matrimonio della nota dinastia bancaria europea, passa il tempo chiedendo tasse più elevate per i più ricchi, una più severa regolamentazione per le grandi imprese e un riordino radicale del sistema capitalistico che le ha dato i suoi privilegi. Una svolta improbabile per una donna che proveniva da origini modeste, ha fatto fortuna negli anni '80 e avrebbe potuto trascorrere i suoi ultimi anni godendosi una vita sontuosa di aristocrazia”.
Nella biografia della signora fanno capolino altri nomi che non possono mancare in una tesi complottista che si rispetti (vedi per esempio qui, dove si parla pure di Jeffrey Epstein): nel 2000 ha sposato il finanziere britannico sir Evelyn de Rothschild dopo che, riferisce il New York Times, “Henry Kissinger li ha presentati alla conferenza del Bilderberg”. Dopodiché, “i Clinton li hanno invitati per la luna di miele alla Casa Bianca”.
Nonostante il suo pedigree, prosegue l’Nyt, “negli ultimi anni la signora Rothschild ha capito che, mentre lei e i suoi collaboratori hanno goduto dei frutti del capitalismo, non tutti se la sono cavata così bene. Molti lavoratori stanno lottando per tirare avanti. L'ambiente è in grave difficoltà. Il governo spesso ripulisce i pasticci del settore privato. Socievole e ben collegata, la signora Rothschild ha sfruttato la sua vasta rete per lanciare un assalto su più fronti allo status quo. Nel 2014 ha fondato la «Coalition for inclusive capitalism», uno sforzo per coinvolgere maggiormente i leader aziendali nelle questioni ambientali e sociali. E lo ha sfruttato per un gruppo correlato, il “Council for inclusive capitalism”, che sta lavorando con Papa Francesco, e un nuovo fondo incentrato sugli investimenti socialmente responsabili che ha fondato con Jeff Ubben, un manager di hedge fund di successo”.
Secondo Tag43, il “Council for inclusive capitalism” è composto da un gruppo di leader aziendali e globali “che insieme rappresentano qualcosa come 10,5 trilioni (ossia miliardi di miliardi, ndr) di dollari di patrimonio in gestione, 2,1 trilioni di capitalizzazione di mercato e oltre 200 milioni di lavoratori sparsi in 163 Paesi. Altro che la Trilateral di David Rockefeller o il think tank dei «poteri forti» Bilderberg. Ma chi partecipa a questa fondazione di capitalisti francescani che si definiscono «The Guardians»? Si va dal chairman di Allianz, Oliver Bäte, a quello di Dupont, Edward D. Breen, dal Ceo di Merck, Kenneth C. Frazier, a quello di Johnson & Johnson, Alex Gorsky. E poi, nella finanza, il numero uno di Visa, Alfred Kelly, e quello di Bank of America, Brian Moynihan. E poi esponenti di British Petroleum, Saudi Aramco, Estée Lauder, Mastercard e così via. Ma non mancano le grandi fondazioni no profit, come la Rockefeller Foundation con il presidente Rajiv Shah e la Ford Foundation con il presidente Darren Walker”.
Riguardo agli italiani, e in particolare a Piergiorgio Bassi, la testata diretta da Paolo Madron sottolinea che si tratta di “un imprenditore con rapporti di altissimo livello in Vaticano”. Per Tag43 “Bassi ha costruito il suo successo professionale intessendo una vastissima rete di relazioni internazionali in Europa, Russia, Stati Uniti, Cina, Emirati Arabi, Africa, Israele, Turchia e Iran. Dopo essere stato protagonista della creazione di eventi sportivi, aver rappresentato celebrità internazionali del mondo dello spettacolo nel mercato italiano e aver promosso il Made in Italy nel mondo, Bassi lavora nelle infrastrutture per l’energia solare con Pgb Solar, nella cura della reputazione delle aziende e delle persone sul web con Pgb Web, nella cyber defence e cyber intelligence per la difesa della privacy dagli hacker con C-Inside e nello sviluppo del business finanziario e delle tecnologie con SGF. Ma forse la cosa più intrigante di questo intraprendente 46enne è l’aver dato vita, insieme a partner e scienziati russi, al Centro Well-being, che grazie all’utilizzo di nuove tecnologie quantistiche a base di frequenze, vibrazioni, energia e luce, conquista risultati notevoli nella cura della salute e del benessere. Il prossimo passo della fondazione per l’affermazione nel mondo del capitalismo inclusivo? Una Davos alternativa a quella svizzera, peraltro in evidente declino”.
Quanto a Saudi Aramco (che per qualche ragione non compare nell’elenco delle organizzazioni collegate al Council, mentre c’è Repsol: tra i membri della fondazione figura il Ceo Josu Jon Imaz San Miguel), nel comunicato diffuso poco meno di due mesi fa si leggeva che “Tanal Entertainment Sport & Media, la holding di Sua Altezza Reale Principe Abdulaziz bin Abdullah Al Saud, [era] lieta di annunciare un importante accordo strategico con VR46 Team, la società di Valentino Rossi, per il prossimo futuro del Moto GP. Nel 2022 il VR46 Team debutterà nella classe MotoGP assieme a Tanal Entertainment Sport & Media con Saudi Aramco, come nuovo Main Sponsor per il periodo 2022-2026: in pista il nuovo Aramco Racing Team VR46 con il sostegno da altri importanti sponsor del panorama mondiale. Saudi Aramco, compagnia già fortemente coinvolta nel motorsport e nella F1, farà quindi il suo ingresso nel Campionato del Mondo MotoGP 2022 con VR46 Team. Una partnership di ampio respiro tra Tanal Entertainment Sport & Media e VR46 Team che puntano a comunicare importanti progetti, sviluppati in seguito al precedente accordo di sponsorship per la stagione sportiva 2021, con i propri partners. Strategie e visione condivise, sintesi di una reciproca condivisione di obiettivi, hanno portato all’estensione di questa partnership siglando questo importante accordo di cinque anni: un’estesa joint-venture tra Tanal Entertainment Sport & Media e VR46 Team che presenta anche l’attivazione e la gestione della comunicazione. Oltre alla tradizionale promozione commerciale, che continua attraverso l’attività del Team VR46, la strategia di comunicazione sarà orientata a promuovere i programmi connessi all’imponente progetto Saudi Vision 2030. Sulla base della Vision 2030 Tanal Entertainment Sport & Media presenterà i nuovi scenari di vita futura che saranno realizzati in Arabia Saudita, a partire dalle infrastrutture sportive e di intrattenimento per il grande pubblico, fino a coinvolgere i grandi progetti urbanistici all’insegna della sostenibilità e di una vocazione green che caratterizza KSA New Cities, già sponsor di VR46 Team e delle moto”.