Solo qualche giorno fa la rissa verbale con i poliziotti che erano entrati dentro la sua abitazione improvvisamente. Poi il gossip per la sua nuova (presunta) fidanzata Sophie Codegoni. Adesso, invece, spunta un video. Fabrizio Corona che tenta il suicidio. È quanto testimonia il documento che, in esclusiva, siamo in grado di rendere pubblico, nel quale si vede chiaramente l’ex re dei paparazzi che prova a buttarsi dalla finestra. Le immagini, ancor più inquietanti per la loro apparente normalità, sono state registrate lo scorso marzo dall’esterno del reparto di psichiatria dell'ospedale Niguarda di Milano dopo che era stato arrestato nella sua abitazione. Già in precedenza, il 47enne si provocò delle ferite da autolesionismo quando venne a sapere che sarebbe dovuto tornare in carcere, a causa della revoca degli arresti domiciliari decisa dal Tribunale di Sorveglianza.
Scene che in molti ricorderanno, con Corona che in diretta Instagram mostrò il braccio tagliato e la casa piena di chiazze di sangue, mentre inveiva verso il giudice Marina Corti e al procuratore Antonio Lamanna: «Questo è solo l'inizio, quanto è vero Dio sacrificherò la mia vita per togliervi da quelle sedie. Vergogna. Chiedo che venga il presidente del Tribunale di Sorveglianza e guardi gli atti, altrimenti davvero mi tolgo la vita» disse, aggiungendo: «Avete creato un mostro, ora sono ca*** vostri e questo è solo l'inizio». In seguito, l’arrivo dei soccorsi, che lo calmarono e gli medicarono le ferite, ma anche degli agenti verso i quali all’esterno, mentre stava per essere trasportato all’ospedale, si scagliò con veemenza dopo essersi accorto gli avevano sequestrato il cellulare senza averne facoltà. Con un pugno sfondò il vetro dell’ambulanza, prima di essere bloccato e ricoverato a Niguarda.
Proprio dall’ospedale milanese, arriva l’ennesima scena di disperazione visibile nel video che siamo in grado di mostrarvi. Lui che fuma una sigaretta seduto su un piano rialzato con lo sguardo fisso, a un certo punto la scaglia fuori e tenta repentinamente di seguirla nel vuoto. La gamba riesce a passare dalla fessura, ma la tapparella e il vetro di protezione lo ostacolano quel tanto che basta a permettere l’intervento di un operatore che lo trascina lontano dall’insano gesto.
Per trovare la spiegazione di questo gesto (che a Fabrizio Corona è valsa una denuncia per tentata evasione, a testimoniare le divergenze tra di lui e le forze di polizia) può servire leggere una pagina del suo prossimo libro, in uscita a settembre, in cui racconta sottoforma di diario i giorni e le sensazioni della sua ultima detenzione. Ecco un estratto, già letto a Non è l'Arena da Massimo Giletti:
«Chiedo di poter fumare in bagno. Mi danno un accendino e mi siedo sul cesso per fumare con i pantaloncini tirati su. Vedo sul mio braccio destro la ferita del giorno prima, due punti fatti con colpi di penna. La guardo fumo e la riguardo. Provo autocompiacimento, ed è lì che mi scatta qualcosa. Prendo i legnetti e comincio a scavare nella ferita, ma sono circondato da urla di pazzi. Mi avvicino quindi con la bocca alla ferita e più spingo più con i denti riesco ad afferrare i punti. Li tiro ed è lì che si rompono. Schizza il sangue dovunque faccia, bocca, braccia, petto. Sento uno strano sapore, ma mi piace. È amaro, ma è talmente forte il desiderio di continuare che lo avverto insapore. Vado avanti, sono convinto che dentro la ferita ci siano i pezzi di vetro dell’ambulanza rimasti incastrati. Nella mia mente si susseguono le immagini del giorno dell’arresto, e questo ne è il perfetto sequel. Il protagonista è sempre lo stesso: il sangue. Come un cannibale mordo tutto: pelle, fili di punti, tatuaggi, pezzettini di vetro. Sono incontenibile. Nessuno può fermare la mia follia, ma di colpo si apre la porta e cinque infermieri vedono un uomo di 47 anni, tale Corona, seduto in bagno, tutto sporco di sangue che si mangia il suo braccio. Nell’incredulità c’è chi urla, c’è chi piange, c’è chi mi abbraccia. Ma io, impassibile, guardo il vuoto. È lì che per un attimo mi rendo conto che sono uno psicopatico in un ospedale psichiatrico».