Era il 1969, ma potrebbe essere oggi. Era Lucio Battisti, messo alla gogna dai critici, dal pubblico e da tuttologi seduti in cerchio con il potere di un microfono tra le mani. Era lui, ma sarebbe potuto essere chiunque altro. Da Vasco a Bowie, da Jovanotti a Cobain. I non capiti, gli eccessivi, gli ultimi nelle classifiche.
“Canta male, è la verità”. Gli dicono.
“La sua, di verità”. Risponde Battisti.
È timido, stralunato, nei capelloni ricci che si tocca in continuazione ci nasconde le insicurezze. “Come Sansone” dirà in un’intervista. Non ha la personalità matta e irriverente dell’altro Lucio, Dalla. Però un po’ se ne sbatte lo stesso di chi non capisce ciò che fanno lui e Mogol. Eterno allora, rivoluzionario fin dai primissimi lavori, ed eterno oggi a 25 anni dalla sua scomparsa. Lui e Mogol che incidevano le canzoni con il chiacchiericcio di fondo, che dicevano cose incredibili tipo “Come può uno scoglio arginare il mare?” o "Ma quante braccia ti hanno stretto, tu lo sai, per diventar quel che sei".
Lui e Mogol che per parlare d'amore raccontavano la figura di merda abissale di uno che suona alla porta della sua ex e dopo averle fatto una serenata si trova davanti un altro.
E poi se ne fottevano del bel canto, delle ballate, di ciò che funzionava: loro sperimentavano, facendo quello che nessuno aveva il coraggio di fare. Battisti le canzoni le scriveva anche per gli altri, ma per sé teneva quelle che nessun altro voleva cantare. Basterebbe questo per parlare di lui, no?
Lucio Battisti è il miglior cantante del mondo. Lo era quando questi stronz* ingiacchettati lo giudicavano dall’altro di - di cosa? - della loro cultura sanremese anni '60? Lo era quando lo disse David Bowie, che Lucio Battisti è il cantante migliore del mondo. David Bowie, signori.
E lo è oggi, perché ascoltarlo è ancora una rivoluzione. Anche in questo 9 settembre 2023. In un tempo in cui avere Twitter, Facebook o Instagram (per non parlare di TikTok) ha trasformato tutti in stron*i ingiacchettati pronti a dire “canta male, è la verità”. Muniti di un microfono nuovo, ma alla fine uguali a quelli la.
Io Battisti lo amo così tanto che me lo sono tatuato addosso. “Non sarai preda dei venti” sul braccio con cui faccio tutto, con cui scrivo, con cui sono.
Un augurio, per essere rivoluzionari e per fregarsene di tutto, come ha sempre fatto lui, con grande fatica. Perché nel 1969 Lucio non era “una voce poco gradevole”. E oggi non è, neanche lontanamente, roba per vecchi, roba andata. Lucio Battisti è per chi ha la pazienza di comprenderne l’ironia, la malizia, il cuore.
Sei ancora qui immenso e immortale Lucio.
E lunga vita a chi se ne fotte del giudizio degli altri. Solo così nascono cose grandi. Mai preda dei venti.