Pietro Castellitto si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole e come un razzo sfreccia e va. Pietro Castellitto ieri l'altro ha salvato un gattino per strada tramite il solo ausilio della telecinesi. Pietro Castellitto ha gli occhi grandi quanto il suo enorme cuore. Pietro Castellitto ha detto no agli Avengers perché teneva da girare un film che avrebbe rivoluzionato per sempre il cinema italiano. Pietro Castellitto "ha una sola paura: avere rimpianti". Pietro Castellitto "ha cercato in tutti i modi di non recitare con suo padre, ma alla fine, in questo caso e solo in questo, si è arreso". Pietro Castellitto è il figlio d'arte che aveva paragonato crescere a Roma Nord al Vietnam. Oggi è in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con il suo secondo film da regista-attore (e probabilmente anche impianto luci, comparse, moltiplicatore di pesci e pani ore pasti) dal titolo Enea. Per la stampa si tratta di un instant cult, tanto che al momento non si trova nemmeno l'ombra di una critica velatamente negativa al lungometraggio. Per intenderci: lo stesso non si può dire di nessun'altra pellicola all'infuori di Poor Things! del Premio Oscar Yorgos Lanthimos. Possibile mai che Pietro Castellitto sia il nostro Lanthimos? No, sarebbe ancora troppo poco. Stando a come se ne scrive, è almeno almeno il nuovo Messia. Solo, meglio. Gesù ha vissuto trentatré anni resuscitando dopo una violentissima crocifissione solo perché sapeva che un giorno sarebbe nato Pietro Castellitto. E voleva farsi trovare pronto al paragone. Perché quando Chuck Norris pensa a Pietro Castellitto, impallidisce.
Dal trailer, questo Enea sembra la classica "sorrentinata" che però, dettaglio, non ha girato Paolo Sorrentino. Scorrono immagini di persone molto ricche in preda a una lacerante crisi esistenziale nelle loro faraoniche magioni. Di Roma Nord, ça va sans dire. "Vedo la gente rotta dentro", "Sorridono e vanno avanti, qualunque cosa succeda", dicono due attori, probabilmente riferendosi ai poveri, ossia a tutta quella bolgia di esseri umani che seguita a non possedere almeno almeno un jet privato. Non vediamo l'ora di andare al cinema e di casomani innamorarci di questo "capolavoro". Solo, non vogliamo scrivere che lo sia a prescindere. Come, invece, pare d'obbligo.
Pare d'obbligo perché il regista-attore-maratoneta-sulle-acque Pietro Castellitto ha girato un onesto esordio, I Predatori. Non qualcosa che abbia cambiato la storia del cinema o il modo in cui è percepito, causa incessante pletora di film atroci, dal mainstream. Ma onesto. Ciò non significa che fosse ai livello di Lo Chiamavano Jeeg Robot che, a prescindere dal gusto personale, è a oggi l'ultimo film italiano riuscito a diventare un fenomeno, un cult. Uscito nel 2016 in un paio di sale con l'idea di starci sette giorni ad andar bene, il passaparola lo ha reso imprescindibile. Tutti ne parlavano, ne parlano e ne parleranno. Il regista Gabriele Mainetti era ed è un altro rampollo della Roma benissimo, di famiglia arci-milionaria. Ma questa sarà mica una colpa. Anzi, magari il connubio talento-soldi si verificasse più spesso. Che non possiamo continuare a tirare avanti a "twerking queen", "mentre fuori c'è la morte". O invece, possiamo, sì, ma intanto almeno non raccontateci boiate.
Boiate che, purtroppo, ci aggrediscono da ogni dove. Per esempio, Castellitto Jr è stato eletto dalla stampa nazionale "portavoce di una generazione in panne, quella dei trentenni". Ah, sì? Come fosse possibile immaginarsi Pietro Castellitto "in panne" in un momento qualsiasi della sua vita, fin dai tempi del seggiolone. Per cortesia, su. "La mia unica paura è avere rimpianti" dice lui, tronfio, in un'intervista patinata ripresa da "Leggo" e mandata online, con quel titolo, alle 6.35 di un venerdì mattina. E allora, inevitabilmente, pensiamo a chi alle 6.35 di quel venerdì mattina si è ritrovato a pubblicare 'sta dichiarazione di Pietro Castellitto, impaginata-bene-con-la-foto-giusta, e vorremmo che sia questa persona a raccontare come sia far parte di "una generazione in panne". Pietro Castellitto fa film osannati (dalla critica), mentre le migliori menti della "sua generazione in panne", appunto, correggono le bozze del libro dell'ennesima TikToker sedicenne, scritto da un altro precario pagato in visibilità. Ma chissenefrega, sta Roma Nord che tiene pensieri.
Non ci uniamo al coro di "Osanna Eh" perché è cristallino quanto Pietro Castellito sia dove è in qualità di nato con la camicia, anzi, con un intero attico di camicie adibito a cabina armadio. E se questo, lo ripetiamo, non è un male di per sé, nasconderlo - o meglio, soprassedere - suona davvero comico (nell'accezione di "ridicolo"). Speriamo possa meritarsi la sua fortuna, ma siamo certi che anche se non dovesse farcela, continuerà a fare film. Con buona pace di tutti quelli che un'idea gigantesca ce l'avrebbero pure, però non hanno fondi né cognome e quindi finiranno supplenti di storia o, ad andar proprio bene, impiegati del catasto. Quante storie meravigliose non vedremo mai su uno schermo, non leggeremo in nessun libro solo perché esistono - come sono sempre esistite - corsie preferenziali e "figli de Mazinga"? Forse nessuna. Magari, invece, davvero troppe.