Rapiniamo il Duce, dal 26 ottobre su Netflix, è un film ambizioso. Narra "una storia quasi vera": il passaggio da Milano del tesoro di Mussolini, ossia l'oro di Dongo che, stando agli americani, sarebbe avvenuto tra il 15 e il 25 aprile 1945, a fine guerra. 610 miliardi di lire. Nessuno l'ha mai rinvenuto né prima né dopo, ma da qui prende le mosse il pretesto per una trama che avrebbe potuto essere avvincente: un gruppo di ladruncoli meneghini poveri in canna, venuti a sapere del transito, organizzano un piano strampalato per entrarne in possesso. Purtroppo il capobanda non è il Professore de La Casa di Carta ma un ometto che ci viene presentato come "Isola", interpretato da Pietro Castellitto. Innamorato della bellissima Yvonne (Matilda De Angelis), farà di tutto per mettere a segno il colpo (e riuscire a conquistare il cuore di lei) provocando estenuanti sbadigli allo spettatore. Telefonatissimo e privo di verve, il film di Renato De Maria è un gigantesco "vorrei ma che posso farci?" in cui perfino Maccio Capatonda risulta impalpabile. Cos'è andato storto? In buona sostanza tutto, titolo a parte.
Ambizione e pretenziosità sono due cose ben diverse. Questo Bastardi senza Gloria all'italiana (sì, il paragone con Tarantino è stato fosse, come fosse legale) soffre principalmente di un cast defreaudato da ogni scampolo di carisma. Almeno, per quanto riguarda i protagonisti. Ci troviamo di fronte, dunque, un Pietro Castellitto un po' Arsenio Lupin, un po' Braveheart, ma soprattutto evitabile. Non è credibile nella parte del più furbo del quartierino, i suoi grandi occhi chiari sembrano perennamente spauriti, in contrasto con le battute da "er mejo der Colosseo" che al personaggio tocca pur recitare. La sospensione dell'incredulità viene definitivamente giustiziata nelle scene in cui il nostro si trova a recitare con Filippo Timi o Isabella Ferrari. Per quanto anche loro costretti in character macchiettistici, l'effetto Orlando Serpientieri, a paragone, è disperante.
Si va di male in peggio con Matilda De Angelis - ultimanente affetta da "people pleasing", dice - che, vittima di perenne raucedine alle corde vocali, bisbiglia ogni battuta con la voce suadente di un narcotrafficante tabagista. Non paga, canta. Spesso. Piuttosto rocambolesche, va riconosciuto, le scene d'azione che mostrano i passaggi salienti del colpo. Il problema è arrivarci svegli. Stessa difficoltà che deve aver vissuto Maccio Capatonda sul set, dato che viene sprecato grossomodo solo per inciampare. Peccato.
"Crescere a Roma Nord è stato come fare il Vietnam", disse Pietro Castellitto in un'intervista rimasta negli annali de "La sai l'ultima?". Finalmente, l'enfant prodige ha potuto assaporare un po' di aria di guerra, seppur agli sgoccioli. E siamo felici per lui. La sua carriera d'attore, però, ha ancora tutto da dimostrare, considerato che la migliore interpretazione che vanta in curriculum è quella dell'insettologo albino in Freaks Out di Gabriele Mainetti. La migliore, sì, ma non certo in un campionato di prima fascia. Anche regista, il nostro ha dato alla luce l'opera prima I Predatori, osannatassima pellicola che però, in realtà, ha il solo merito di aver portato sul grande schermo Giorgio Montanini.
Se non altro, è proprio sul set di Rapiniamo il Duce che Castellitto Jr ha trovato l'amore nella co-protagonista Matilda De Angelis. Di nuovo, ce ne compiacciamo. Ambiziosissima scelta di casting, comunque, quella di porre l'intero film sulle spalle dei due giovani attori meno simpatici, a livello di pubblico percepito, sulla piazza. Sarebbe stato più onesto, per Castellitto Jr andare a fare il tronista a Uomini e Donne? Dal punto di vista del poro spettatore, la risposta non può che essere un fermissimo sì.
Rapiniamo il Duce si configura, in buona sostanza, come un pirotecnico capriccio. In altre parole, un furto di tempo. Perfettamente in tema con la settimana di Halloween, vi assicuriamo però che in giro ci sono incubi migliori. Dolcetto o filmetto?