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Mala del Brenta, il Doge:
"Ecco perché volevano uccidermi.
Io sono cambiato, loro
si sono condannati a morte"

  • di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

1 dicembre 2021

Mala del Brenta, il Doge: "Ecco perché volevano uccidermi. Io sono cambiato, loro si sono condannati a morte"
L’operazione delle forze dell’ordine ha portato all’arresto di 39 ex componenti dell’organizzazione malavitosa che aveva messo a ferro e fuoco il Veneto tra gli anni ’80 e ’90. Dopo essere usciti dal carcere, gli appartenenti ai “mestrini” volevano ricostruire il gruppo criminale riprendendo il controllo del territorio. Oltre al sequestro di 1 milione di euro, droga e armi, gli inquirenti hanno scoperto che nel mirino c’erano anche alcuni ex sodali come Felice Maniero e Giampaolo Manca. Proprio quest’ultimo, allora soprannominato Il Doge, ci ha spiegato perché avevano deciso di colpirlo

di Gianmarco Aimi Gianmarco Aimi

Avevano provato a ricostruire la Mala del Brenta, ma i carabinieri del Ros, con il supporto in fase esecutiva dei comandi provinciali carabinieri di Venezia, Padova, Treviso e Rovigo, hanno dato un duro colpo all'organizzazione mafiosa eseguendo un'ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal tribunale di Venezia, su richiesta della locale procura, nei confronti di 39 persone, indagate a vario titolo per associazione per delinquere, concorso esterno in associazione per delinquere, detenzione e porto di armi da fuoco, spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, usura e altri delitti, alcuni dei quali aggravati dal reato di associazione mafiosa. L'indagine, diretta dalla direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo di Venezia, ha documentato come i soggetti avessero intenzione di ricostituire l’organizzazione che aveva già messo a ferro e fuoco il Veneto tra gli anni ’80 e ’90. Tutti gli arrestati, che erano stati liberati dopo aver scontato la pena, fanno parte frangia denominata dei “mestrini”.

L’accusa è di aver riportato il controllo sul territorio, in particolare a Venezia, attraverso vendita di droga, estorsioni, rapine e la gestione di attività legate alla gestione dei flussi turistici, i famosi “intromettitori” che operano sull’isola di Tronchetto. Sono stati sequestrati cocaina e beni per un valore di circa un milione di euro e sono state trovate numerose armi da guerra, tra cui anche fucili kalashnikov. Ma oltre a queste attività illegali, nelle intenzioni della rinnovata Mala del Brenta c’erano anche alcuni regolamenti di conti con gli ex sodali. Per esempio, con Felice Maniero e Giampaolo Manca, tra i boss più potenti della vecchia organizzazione. E proprio Manca, che ha passato 36 anni in carcere, lo abbiamo raggiunto telefonicamente e ci ha spiegato che già in passato avevano provato a colpirlo alla presentazione di uno dei suoi libri a Portogruaro, ma che aveva percepito il pericolo e si era rivolto ai carabinieri.

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Giampaolo Manca e Diego Pagotto, l'attore che ha interpretato Il Doge nella fiction Faccia d'angelo

Manca, come ha reagito quando ha saputo che i suoi ex sodali volevano ucciderla?

Ne avevo già avuto il sentore in passato, perché ho parlato sia pubblicamente che nei miei libri del fatto che il momento più basso della nostra “carriera" criminale fu quando iniziammo a trattare la droga. E ho aggiunto che “eravamo degli infami”. Nell’ambiente della malavita è una offesa gravissima e quindi me l’hanno giurata. Hanno cercato di uccidermi un paio di anni fa a Portogruaro. Pensavano di trovarmi in un posto e invece mi sono fatto trovare in un'altro pieno di gente. Poi abbiamo avuto un diverbio di persona, solo a parole. Quella volta li ho anticipati. Ma c’è anche qualcos’altro di strano…

Cosa?

C’è un episodio che ha raccontato il Gazzettino, il quale scrive che io sarei andato al Tronchetto per farmi dare 30mila euro a nome loro e che poi mi sarei tenuto quei soldi. Non è vero, per cui c’è qualcosa sotto di poco chiaro. Con il mio legale faremo tutte le verifiche del caso. Se così fosse dovrei essere chiamato dai magistrati per interrogarmi.

Dopo quell’episodio in cui cercarono di ucciderla, non ha più avuto contatti con loro?

Sapevo che tutti i miei coimputati erano usciti dal carcere, però non andavo di certo a cercarli avendo chiuso definitivamente quella storia. Certo, non nascondo la sorpresa di apprendere dei loro arresti, ma neanche più di tanto perché evidentemente sono impregnati di male. E non è stato facile neanche farmi trasferire per cercare di tutelarmi.

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Giampaolo Manca, soprannominato Il Doge

Si riferisce al fatto che ha dovuto cambiare abitazione?

Sì, perché nel periodo in cui cercarono di “avvicinarmi” ero in affidamento ai servizi sociali e non potevo muovermi. Ho dovuto enfatizzare l’accaduto perché non mi sentivo sicuro per la mia incolumità, ma il magistrato di sorveglianza non mi dava il permesso di andarmene da Marghera, dove risiedevo. Così, con un espediente, gli ho segnalato di aver ricevuto delle minacce di morte, ma non da parte di chi perché i nomi io non li ho mai fatti. Il problema è che sul giornale scrissero: “Manca chiede aiuto ai carabinieri” come se avessi fatto la spia. Ma come si può pensarlo, dopo che non ho aperto bocca per 36 anni scontando tutta la pena che mi avevano inflitto? Non denunciai allora e non denuncerò adesso. 

Come si spiega che invece i suoi ex sodali abbiano provato a ricostruire una organizzazione criminale?

Il più vecchio ha 80 anni, questo la dice lunga. Le figure più note sono state tutte coimputate con me per gli omicidi dei fratelli Rizzi, quindi li conosco bene. C’è una parte di me che è certa che questa sarà la loro condanna a morte. Alcuni avevano l’ergastolo, quindi non usciranno più dalla galera. Un altro non sta neanche bene di salute e ha più di 70 anni. Altri non erano personaggi di spicco della malavita. Ma dove volevano andare?

Eppure, in poco tempo erano riusciti a tornare sul mercato della droga, a compiere estorsioni, rapine e a cercare di avere il controllo delle attività legate alla gestione dei flussi turistici.

Ho letto di rapine per 6mila euro... Se ne avessero fatte per milioni di euro, che sono sempre sbagliate, l’avrei interpretata come un modo per costruirsi una pensione dorata. Ma per quelle cifre? Mi viene da ridere. I vecchi tempi sono finiti e loro non l’hanno capito. Per me è soltanto una loro nostalgia. Perché non recuperi niente. Io posso recuperare gli anni di carcere? No. Per recuperare qualcosa dobbiamo soltanto cercare almeno di lasciare un ricordo positivo. Invece quelli sono “malati di malavita” ed ecco il risultato.

Cosa ha pensato quando ha saputo degli arresti?

Che avrei potuto essere il 40esimo degli arrestati, ma ringrazio Dio di avermi portato su una strada diversa. Loro sono malati, per me è così. Addirittura, da quello che ho letto, uno di loro diceva: “La mafia, la camorra e la ‘ndrangheta per entrare in Veneto devono passare da noi”, ma che vadano a quel paese!

Lei teme ancora per la sua incolumità?

No e non ero preoccupato neanche prima, perché ho sempre preso le mie precauzioni. Non avevo altra scelta, se non tornare a imbracciare le armi. Ho rinunciato e non ho fatto altro che andarmene. E poi non potevo tradire Dio, che mi aveva dato un’altra opportunità in questa vita.

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