Una brutta storia di cronaca e violenza. A Milano sono le 6 del mattino di domenica, quella dello scorso 27 giugno, quando un gruppo di ragazzini che stava facendo colazione al Mc Donald’s di Piazza XXIV Maggio, Navigli, viene caricato dai carabinieri in tenuta antisommossa. I video, girati dagli stessi giovani assaliti, sono diventati virali sui social. Tra le immagini più spietate, si vede un rappresentante delle forze dell’ordine prendere a calci uno dei presenti e c’è anche chi agita un manganello percuotendo una ragazza che ora come ora si ritrova un vistoso ematoma sulla testa. Ed è ancora una ragazza, @riphuda, star di TikTok, a denunciare l’accaduto su Instagram dicendo a chiare lettere che l’aggressione sarebbe stata scatenata da motivi razziali, visto che lei e i suoi amici stavano semplicemente mangiando qualcosa insieme senza disturbare anima viva. Posto che la versione dei carabinieri sia molto differente - affermano di essere stati chiamati lì per sedare una rissa – e che la verità, unica e inconfutabile, sarà appurata dalle registrazioni delle telecamere di sicurezza già al vaglio degli inquirenti, siamo andati a chiedere informazioni a chi c’era quella mattina come ogni altra mattina: i commercianti che lavorano in zona e che, al momento del fatto, erano presenti. Le loro dichiarazioni, raccolte in video-esclusiva da Mow, sono molto dure. E respingono fortemente la matrice razzista di questo, comunque terribile, episodio di guerriglia urbana.
“Quei ragazzi facevano casino: stavano lanciando bottiglie di vetro contro i poliziotti che, alla fine, hanno preso provvedimenti”, riporta un lavoratore del Mc Donald’s che assicura: “Non l’ho letto sui giornali, me l’ha detto un collega che era presente quella mattina”. A suo dire, l’azione violenta e repressiva dei carabinieri sarebbe stata dunque innescata da un comportamento di partenza comunque brutale da parte dei giovani coinvolti. “Le ragazze mandavano bacini alle camionette dei carabinieri in modo provocatorio. Dicevano “Ciao amori, ciao”, con aria di sfida. Se l’avessero fatto a me, non so come avrei reagito”, rincara la dose un’altra cameriera che, quella mattina, durante il pestaggio, si stava recando sul posto di lavoro, contiguo al fast food. “Ho fatto anche dei video, come vedi ci sono coinvolti giovani di tutti i colori”. Di più, prosegue la donna: “La ragazza che ha denunciato i fatti su Instagram, una ricciolina nera, parla di razzismo secondo me perché ormai uno su certi temi vuole marciarci sopra, per visibilità”. Parole durissime che mai ci saremmo aspettati di sentire all’indomani di quei video che hanno sconvolto i social per la violenza delle immagini e dei fatti che mostrano. Il contesto generale in cui si è verificato l’episodio, però, ha tutta l’aria di essere ancora meno confortante.
“Ogni domenica mattina qui è come l’Alba dei morti viventi”, dice I. e racconta di quando, in un’altra occasione rispetto a quella in oggetto, un ragazzo che si professava musulmano, ha vandalizzato insieme a un gruppetto di amici il bagno del locale, disturbato i clienti e seguito lei, da sola, fin dentro la cucina. “Non so perché, ma devo essere obiettiva: è raro vedere ragazzi italiani in questi gruppetti che fanno paura”. E paura ne fanno parecchia anche al padre di I. che, appena può, anche in pieno giorno, piantona il ristorante in cui la figlia lavora per controllare che sia tutto ok. “Vanno in giro con le birre da 66 all’alba, ma succedeva anche prima, di notte, oltre l’orario del coprifuoco. Avranno 15 anni e ti mandano a fanculo ogni volta che ti passano davanti. Poi se uno reagisce, è razzista” conferma il responsabile di sala, con tono arreso. “Milano non è razzista” conclude.
“Non si può considerare razzismo se la polizia interviene perché fai casino alle 6 del mattino. La gente che abita e lavora qui si è anche rotta le palle, sai?”. Il clima è quello di una guerra di trincea, quando non di una vera e propria guerriglia urbana perpetrata e apparentemente senza soluzione a discapito di chi vive in zona Navigli o tenta di lavorarci in tranquillità. “Abbiamo una chat coi colleghi in cui mandiamo ogni mattina le foto di come ci ritroviamo il locale, di cosa è andato a fuoco nella notte sulla strada verso il ristorante, delle persone reduci dagli after che ci importunano ogni volta chiedendo soldi o seguendoci come fossero zombie. Non si può andare avanti in questo modo. Se poi la polizia interviene in modo esagerato, può essere anche perché per loro sarà stata la quindicesima chiamata nel giro di poche ore. Il razzismo non c’entra niente, ripeto”.
Praticamente, i Navigli, da questi racconti, emergono come una bomba a orologeria. Milano è razzista? Lo è anche la polizia? Non è nostro compito rispondere a queste domande - per quanto riguarda la seconda questione sarebbe comunque bene prendere posizione solo dopo aver visionato le immagini delle telecamere di sicurezza nella loro interezza - quello che è certo è che la gente che vive e lavora in Piazza XXIV Maggio ha raggiunto un livello di frustrazione tale per cui non si scompone, non del tutto, perfino davanti a dei video tanto cruenti.
Un problema di sicuro c’è. E se non fosse quello riportato dagli hashtag in trend su Instagram?