Al Mugello sarà ritirato il 46: nessuno potrà più averlo sulla carena di una motocicletta del mondiale. Perché di Valentino Rossi ce ne è stato uno solo, quel numero sarà sempre e solo il suo e Dorna, come ha fatto anche per altri campioni del passato, ha deciso che il GP d’Italia avrebbe rappresentato l’occasione giusta per formalizzare una scelta che, comunque, era nell’aria da sempre. E che, però, è una stron*ata pazzesca. Rossi Valentino da Tavullia, infatti, ha sempre detto che questo genere di iniziative non gli garba abbastanza, un po’ perché è scaramantico e gli suona di “tributo a chi non c’è più” e un po’ perché, anche se non lo dice espressamente, è consapevole di essere un pochetto più unico di tutti gli unici. In una parola: irripetibile. Tanto davvero pensiamo che nel futuro prossimo della MotoGP sarebbe potuto arrivare qualcun così presuntuoso e così convinto di essere un fenomeno da andare a scegliersi il 46 come numero di gara? Impossibile! Vietare il 46 come sono stati vietati il 99 o tanti altri numeri di grandissimi campioni è, in qualche modo, un mettere Valentino Rossi al pari di altri: fenomeni che hanno scritto la storia, sia inteso, ma che comunque l’hanno scritta un po’ meno di Vale che, oltre alla questione meramente sportiva, ha avuto il merito di rendere le corse in moto, per almeno una ventina d’anni, qualcosa che ha tenuto testa addirittura al calcio in Italia e che ha incollato alle tv gli appassionati di mezzo mondo. Oggi, invece, si ritira un numero che comunque nessuno avrebbe avuto le palle di mettersi sulle carene e con questa iniziativa si finisce non per tributare il giusto onore al Dottore, ma per infilarlo insieme ad altri in un sacco che è dorato e prestigioso, ma che è comunque comune e da spartire con qualcuno.
Bene, i nove titoli iridati del Dottore, le 115 vittorie e i 235 podi in tutte le classi, “nelle quali ha rivestito un ruolo chiave per la ridefinizione del motociclismo per milioni di fan in tutto il mondo”, come recita il comunicato di Dorna, andavano celebrati in qualche modo, ma non fare nulla, non ritirare quel 46, forse avrebbe reso ancora più unica la storia del ragazzo di Tavullia. Anche perché già a Valencia il nome di Valentino era stato inserito nella Legends Hall of Fame. Rimane la sensazione, quindi, di un passaggio che magari è anche obbligato e che tanti tifosi potevano pure considerare naturale e da aspettarsi, ma viene il dubbio che questa “cerimonia di ritiro del numero” possa essere stata più una mossa per garantire ancora pubblico, almeno al Mugello, promettendo la presenza di chi, invece, ha il sacrosanto diritto di non dover esserci più dopo una vita intera da protagonista e ventisei anni di carriera. Buone scuse per perseguire obiettivi diversi e che forse sono pure meno nobili, per quanto comprensibilissimi. Anche perché la cerimonia del ritiro avverrà il sabato, prima delle qualifiche, e non nel giorno del GP, come se la vera ragione fosse spalmare più pubblico possibile in più giorni possibili che, sia inteso, è più che legittimo, ma suona di marketing spietato e pure un po’ cinico. Raccontatecela per come è, almeno. Anche perché Valentino Rossi e i veri appassionati di motorsport, a questo primo Mugello “senza il 46” e senza la pandemia, ci sarebbero andati lo stesso, siamo sicuri.