Ha scalato i vertici del giornalismo grazie alla sua raffinatezza, è stata la prima donna a condurre Novantesimo Minuto, è anche una donna bellissima ma guai a dirglielo. Paola Ferrari ci riporta tutti a scuola e non ha paura a lanciare dardi avvelenati. Intervistata da Il Giornale ha raccontato l’infanzia difficile che l’ha portata a vivere da sola a 16 anni: “Non mi ricordo quante volte mi hanno tagliato i fili della luce e del telefono, per mantenermi ho prestato il viso a una casa molto famosa di cosmetici”.
Paola Ferrari ha poi svelato il momento esatto in cui ha capito davvero la sua passione per il giornalismo, l’incontro con Enzo Tortora: “È stato la svolta della mia vita, ero scappata di casa rifugiandomi a Busto Arstizio dove aveva sede una tv privata che si chiama Telealtomilanese, Enzo lavorava lì dopo essere stato esiliato dalla Rai”. Dopo averla cercata e trovata la fece approdare a Portobello, con lei era molto protettivo: “Sapeva la situazione complicata che avevo, è stato un padre, un maestro e un signore”.
Poi è arrivata la prima intervista ad Antonio Cabrini dove però “Non ero in soggezione, non mi tremava il microfono”. Il segreto? La coinquilina aveva una relazione con un calciatore della Juventus, era quindi normale conoscerli. Ma la professionalità prima di tutto: “Era inconcepibile avere love story con calciatori, avrei perso tutta la credibilità di giornalista che stavo costruendo con una fatica spaventosa”.
Le difficoltà per una donna di entrare nel mondo del calcio restano comunque molto alte: “Per una donna è più facile fare l’inviata di guerra che la cronista di Cremonese-Piacenza” disse a suo tempo. Il pallino dell’eccellenza resta però fermo nella mente di Paola Ferrari: “Abbiamo insegnato a chi è venuto dopo di noi che non vale la pena eccellere. Siamo un Paese che non premia il merito, che mortifica chi fa di più. Gli occhi della tigre li vedo in pochissime persone”.
Le già famose guerre sportive contro le minigonne come quella tra la sua Domenica Sportiva contro Pressing della Eleonoire Casalegno “Godevo quando la battevo negli ascolti”, non si può non nominare Diletta Leotta: “Quando vedo queste ragazze che usano il corpo per diventare famose, mi arrabbio e sbaglio perché ognuno è libero di fare quello che gli pare – dice decisa Paola Ferrari – Io ho sempre considerato invece un affronto che qualcuno mi ascoltasse solo perché sono carina. Devo essere più zen ma lei non può rappresentare le giornaliste italiane, lei può rappresentare sé stessa. O forse Belen…”.
Una donna non di sinistra come simbolo dell’emancipazione femminile, per Paola Ferrari è stata difficile gestire “la guerra oscena contro la sinistra radical chic ipocrita e moralista”. Il monologo della scrittrice Serena Dandini che la tirò in ballo sul tema del femminicidio, le scuse di Paola Cortellesi e quel “NO” al direttore che aveva prenotato un ristorante tutto per lei perché “diceva che ero affascinata dal potere”. Paola Ferrari ha sempre tenuto, come diceva il suo maestro Tortora, "Spalle dritte e testa alta".
E poi l’amicizia con Alba Parietti, l’errore di candidarsi in politica e il marito trovato per caso a una festa e la difficile relazione con la sua famiglia che “sarebbe stato meglio fosse stata più affettuosa, morbida, avvolgente”, Paola Ferrari ha deciso di buttarsi nel mondo del cinema e costruirsi, come sempre ha fatto, una seconda vita: “Leggo copioni, seguo progetti di respiro giornalistico, inchieste, documentari, l’ultimo su Bukowski l’abbiamo portato al Festival di Venezia”.