“Anche se è assai difficile che accada, spero che Di Marzio si ravveda, abbia un momento di pentimento e si costituisca prima che scatti la prescrizione”: A lanciare questo appello tramite MOW è Giovanna Zugaro, compagna di vita di Nicola Simone, recentemente scomparso e vittima nel 1982 di un tentato rapimento finito nel sangue da parte di un commando di brigatisti tra i quali Maurizio Di Marzio e Giovanni Alimonti. Di Marzio (è a lui che la signora si rivolge) che, se non verrà arrestato entro la mezzanotte di oggi dopo essere sfuggito al fermo da parte delle autorità francesi, la farà franca (mentre Alimonti è stato preso). L’unica possibile alternativa per tentare di scongiurare (anche se non automaticamente) il rischio dell’estinzione della pena a carico dell’ex brigatista divenuto ristoratore è che i giudici italiani competenti dichiarino Di Marzio “delinquente abituale”, sempre però entro la mezzanotte: una possibilità prevista dall’ultimo comma dell’articolo 172 del nostro codice penale, con un provvedimento simile (subito contestato) che è stato emesso nei confronti di Luigi Bergamin. Di Marzio dovrebbe scontare ancora cinque anni di reclusione.
Di Marzio fu fermato una prima volta in Francia nell'agosto del 1994. L'anno dopo, la Corte d'appello espresse parere favorevole all'estradizione, ma il decreto governativo non fu mai firmato, a causa della cosiddetta dottrina Mitterrand.
“Anche quella del pronunciamento del giudice – continua a MOW Giovanna Zugaro – potrebbe essere una via da perseguire. Ma soprattutto ci vorrebbe uno sforzo da parte delle autorità francesi, perché non è possibile che chi abbia compiuto azioni simili possa rimanere tranquillamente in libertà”.
Nicola Simone, medaglia d’oro al valor civile, è morto poco più di un mese e mezzo fa, a 81 anni, sotto gli occhi di Giovanna, per un attacco di cuore, senza poter sapere degli sviluppi (teoricamente) positivi della vicenda degli ex Br: “Non ha potuto sentire la notizia che da tanto attentava, quello dell’arresto dei brigatisti, anche se purtroppo manca ancora il tassello che lo riguarda e poi non è detto che anche gli arrestati poi scontino effettivamente la pena. Nicola confidava nella giustizia, giustizia che dopo quarant’anni pare sia cominciata ad arrivare. Speriamo di poter mettere un punto in questa vicenda così dolorosa per la nostra storia. Non c’è mai stata sete di vendetta, in tutti questi anni abbiamo semplicemente aspettato la giustizia, l’unica cosa che si poteva fare”.
Zugaro, 72 anni, ricorda l’episodio che coinvolse il suo compagno di vita (con il quale non si è mai sposata e con il quale non ha mai avuto figli) e Di Marzio: “Era l’Epifania del 1982. Io quel giorno non ero a casa con Nicola, allora vicecapo della Digos. Qualcuno suonò dicendo di essere il postino. Nicola aveva la pistola di servizio e un pullover in vita. Mise subito la pistola sotto il pullover, aprì e quando il commando tentò di sequestrarlo lui reagì e ne derivò un conflitto a fuoco nel quale riportò gravi ferite alla testa. Si è poi saputo che per lui era stata predisposta una prigione del popolo a Marino, vicino Roma, dove sarebbe stato processato e condannato. Lo avevano preso di mira perché lui sarebbe dovuto diventare uno dei condannati simbolo di quella campagna di inverno delle Brigate Rosse, in quanto l’anno prima era divenuto addetto stampa della Questura e il suo nome ricorreva spesso. In precedenza era già stato ferito in una sparatoria durante una manifestazione di piazza”.
Successivamente Simone è stato tra le altre cose il primo direttore dell’Interpol italiana, il primo a dirigere il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato ed è stato capo della missione interforze in Albania a fine anni '90. Per Giovanna, nella sfortuna di essere stato colpito senza peraltro aver ottenuto giustizia, il compagno è stato comunque un “miracolato”: “Gli spararono tre proiettili in faccia. Le pallottole gli entrarono sotto l’occhio e in bocca ma, nonostante il lungo ricovero, si è salvato e non ha praticamente avuto conseguenze fisiche permanenti. Anche il ferimento alla gamba in piazza avrebbe potuto portare a degli esiti gravi e invece il proiettile non lesionò nulla. Abbiamo avuto una vita movimentata e piena di tensioni, ma almeno, al contrario di altri colpiti dai terroristi in quel periodo, abbiamo potuto viverla. Spiace solo sapere che – conclude Zugaro – probabilmente c’è chi non pagherà per i gravi reati commessi”.