"Pronto?". La voce roca e cortese è inconfondibile, impossibile non riconoscerla. È quella di Raffaello Tonon, il Baby Hermann della televisione. Opinionista scoperto da Maurizio Costanzo, vincitore de La Fattoria e conduttore radiofonico, ora ha abbracciato i piaceri della hotellerie e serve con gusto gli ospiti in una cantina immersa nei vigneti ravennati che è una meraviglia. Abbiamo fatto quattro ore di macchina per arrivare qui e osservarlo da vicino nel suo nuovo lavoro, che a detta di tutti svolge con enorme diligenza. Al telefono latita, è evidentemente molto occupato. Abbiamo chiamato la Cantina Enio Ottaviani di San Clemente di Ravenna e ci ha risposto lui in persona, appunto. "Ho la cantina piena, scusami cara. Vieni quando vuoi". E noi piombiamo lì come falchi solitari tra capo e collo. Dal cancello di questo chalet in vetro e acciaio incastonato nel verde al tramonto, Tonon ci avvista già da lontano e si allarma quando si accorge che siamo giornalisti. "So chi sei, ma non ti dico niente!". Si mette sulla difensiva Raffaello, con la sua faccia pulita incorniciata dai ricci e una panzetta che non ricordavamo che avesse, ma alla fine, e che invecchiamo solo noi? Raffaello ha una parannanza sotto la camicia celeste e gli occhialetti tondi. "Mettiti seduta, lo capisci che fino a lunedi io non posso parlare?”. Ma perché? Lo scopriremo in seguito. Peccato che al telefono ci aveva rassicurato sull’affrontare un viaggio verso la Romagna, alla Cantina. Raffaello svicola, si toglie dall’ impaccio e ci presenta il patron di tanta bellezza, Davide Lorenzi detto Dado. Poi si defila in fretta. Dado si accomoda al tavolo con noi e capiamo di essere ostaggio della famosa ospitalità romagnola.
In un quarto d’ora imbandisce il desco di bottiglie delle sue botti, raccontandoci vita morte e miracoli di sé stesso e della sua attività, più una lezione di enoteca della quale, tra un calice e un altro, capiamo sì e no qualche nozione tecnica inerente ai vigneti e alla doppia fermentazione. In poco tempo la scilinguagnola si scioglie: ‘"l tappo a vite garantisce che la qualità del vino resti la stessa evitando il passaggio di ossigeno…". Al quarto calice capiamo di essere in trappola e che Dado non ci lascerà liberi tanto facilmente. Noi perdiamo colpi via via, la notte scende su questo angolo di Romagna, il calice ‘centro grammi’ rotea, Dado ci fa annusare una quantità imprecisata di Riesling che produce, ci abbraccia, noi puntiamo Raffaello e la mamma di Dado - una tipica sciura romagnola rubiconda dal piglio assertivo – punta noi in maniera sinistra, Diobò. Tonon sgobba, sparecchia, non abbassa mai la guardia, non intende assolutamente fare amicizia con noi. Passando ci guarda con il suo faccino tenero e dice: "Io sono un grande lavoratore, ne sono orgoglioso e non me ne vergogno". Nonostante il posto sia splendido e il vino scorra a fiumi, una certa inquietudine si fa sentire nell'aria e la captiamo. Il nostro winemaker non accenna a smettere di parlare, noi ci defiliamo a guardare le botti in cantina. ‘We make wine for friends’, recita il cartello. Il tempo passa, gli ospiti se ne vanno, solo al nostro tavolo sono tutti ‘mbriachi persi e ridono con le guance rubizze. Noi siamo pallette, invochiamo l’Angelo Punitore. L'arietta della sera ci schiaffeggia da destra. Da una parte raccoglie di noi ciò che resta di un viaggio in auto di quattro ore e di tre calici di Sangiovese più tre ore di chiacchiere e bestemmie in romagnolo.
Dall’altra ci fa avvolgere da un freddo becco inenarrabile e a quanto pare l’ora di andarsene non è vicina. Cercando di scattare una foto al paesaggio notevole intercettiamo Tonon nell’atto di uscire dalla cantina e alla nostra vista si imbosca dietro un muro mimetizzandosi tra uno stipite e uno scaffale. Cerchiamo rifugio a questo atteggiamento nella focaccia ripiena di regalìe dell’orto e della terra buonissima, che dovrebbe solo accompagnare gli ettolitri di Riesling, ma per noi costituisce la nostra cena sontuosa. La migliore che abbiamo mai mangiato, comprese quelle di Roma. Questa è davvero l’eccellenza italiana. Il lavoro di Dado, i suoi operai, le vigne, la storia di questo posto, i prodotti curati serviti ai clienti. Per Dado il dono più grande è il tempo concessogli dalla gente. Troppo Dado, fidati. Quando ci spiega ancora il vino noi abbiamo gli occhi rivoltati all’indietro, vediamo San Pietro sulla traversa e di Tonon non vi è traccia e quando esce dalla tana non ha alcuna intenzione di rivolgerci uno sguardo. Una cosa è certa, serve a tavola dandosi da fare, davvero alacremente, con la sua parannanza bianca e la sua innata eleganza. Poi capiamo perché non si è voluto concedere: lunedi (ieri) sarà a Roma dalla sua amica Myrta Merlino a Pomeriggio 5 per raccontare la sua nuova vita. E ancora di nuovo qui, puntuale. Invece pareva che ce l'avesse con noi, non si fermava mai, accennando solo un sorriso quando lo siamo andati a cercare, ma poi rialzando la guardia: "Non mi fido". Eppure, che lavori alla Cantina Enio Ottaviani l'ha scritto sui social, ma evidentemente aveva un accordo con la tv, il suo vecchio amore. Dado invece non accenna a rasciarci: perdonaci Dado ma noi siamo qui per Raffaello. Il tuo capolavoro è di commovente beltà. La Signora Mater sbircia, controlla, monitora, cerchiamo di accelerare il momento del conto nella speranza di telare approfittando di un momento di oblìo del baccanale in corso fuggendo in cassa.
Il messaggio che passa assurdamente è che vogliamo lo sconto di un calice, mentre un certo malcelato sospetto trapela negli occhi del personale. Lo sfatiamo immediatamente. Raffaello si dà (fugge, nda) pure in quel momento. A pochi chilometri ci aspetta Riccione e un bel giaciglio sulla riviera romagnola così confortante, piena di gnoc*a, come dice Andrea Roncato e piade ripiene di squacquerone con ottimi salumi. Sulla polemica tra destra e sinistra la "Signora Mamma" di Dado sparecchia brutalmente la tavola, noi vorremmo abbracciarla nonostante ci imbruttisca da ore: "Noi siamo una terra di motori, terra di Valentino Rossi, di Enzo Ferrari, cosa ce ne facciamo delle piste ciclabili! Chi vuole l’ecologico? La sinistra! Ci vuole come i cinesi, a pedalare, Diobò!”. Esclama uno del gaio gruppetto ebbro, mentre vacilliamo pesantemente. Finalmente intravediamo un barlume di luce in fondo al tunnel per quanto riguarda la nostra speranza di andarcene, quando Raffaello a bordo del suo "cinquino rosso" (Fiat 500, nda) alza il braccio e ci saluta filando via nel buio della notte romagnola. Stanchi e delusi, inseguiti dalla Polizei in veste materna che ci invita a sgommare, saliamo di corsa sul nostro, di motore, e lasciamo Dado, la cantina Enio Ottaviani, gli ulivi, le botti, il Sangiovese, Tonon e tutto l'ambaradam. Qual è la differenza tra Emilia e Romagna? "Che in Emilia ti offrono un bicchiere d’acqua e in Romagna il vino". E ce ne siamo accorti. Tutto bellissimo, ma il vino è buono quando è accompagnato da un clima di serenità. Dado, tu sei nostro amico, ma avvisa Raffaello che gli vogliamo bene, ma dovrebbe tirarsela un po meno.