Tutti sanno che esiste ma in pochi sanno sa dove si trovi, questo nuovo astro nascente culinario presente sulle tavole della Meloni e di tanti vip che si dichiarano estasiati dalla polpa del cosiddetto “granchio blu”. In realtà il Callinectes Sapidus - questo il nome esatto del crostaceo dalle chele cobalto definito “alieno” - è presente da tempo sulle tavole di qualcuno; il problema è sapere di chi, vista l’apparente difficoltà, ancora, per un comune mortale che intenda interfacciarvisi, nel reperirlo, almeno in molte parti d’Italia. Incuriositi e anche leggermente in apprensione per le informazioni forniteci riguardo alle caratteristiche del decapode, abbiamo cominciato a sguinzagliare una task force di amici e conoscenti per chiedere lumi sull’animale, senza risultato. Ci siamo messi quindi sulle tracce della bestia dotata di carapace assaltando tutti i punti vendita Conad di Roma. Tra un laconico "deve annà ar mare a pescallo" e "a Sirvà ce l’avemo er granchio blu?", disperavamo ormai della riuscita della missione, quando ci è venuto (apparentemente) in soccorso il Fresh and Fried Oysterpub. "In un primo momento – riferisce il fornitore - pensavo scherzasse, per questo le ho detto d’anna ar mare. Insomma il granchio lo abbiamo. Lo prendiamo quando escono le barche. Sa, è aggressivo e per questa ragione attacca tutti gli altri predatori causando danni all’ecosistema e alla pesca; vive sulle coste e si riproduce a rotta di collo. Ha carni abbondanti e buonissime, noi lo trattiamo normalmente. Ma al momento non lo abbiamo”.
Sconsolati abbiamo passato al setaccio i migliori templi del lusso gastronomico ittico come Crab, l’Hotel Punta Rossa, il più esclusivo del Circeo e tutti i più rinomati esercizi pubblici del litorale, non ravvisando news di questo essere inquietante. Sapevamo però che era stato avvistato sulle tavole di qualche ristorante di Sabaudia.
“Ha carni dolci e ha tanta polpa, è vorace e - ribadisce Benni, proprietario de La Baia, trattoria di mare a Fregene e refugium peccatorum di buongustai appassionati di pezzogne e ricci appena pescati - sta danneggiando le coste poiché infestante e mangia vongole, telline cozze e molluschi. L’unica è magnasselo”.
Da Eleonora D’Arborea ci dicono di cercarlo alla nuova sede nei pressi di piazza di Spagna, in via Diandra: “Non lo abbiamo ancora, stiamo studiando le ricette”, confidano saggiamente dal ristorante frequentato da Bertinotti e Valeria Marini.
Già stavamo imboccando la Pontina direzione Sabaudia quando, dopo giri immensi come i leggendari amori di Venditti, abbiamo intercettato il maledetto presso Ostia, in località Infernetto, all’Osteria Bassani dell’ottimo Cristiano. Creato l’accordo, ci siamo precipitati all’appuntamento con il ristoratore che ci aveva promesso degustazione e porzione abbattuta da portare a casa per una sperimentazione personale.
Cristiano, chef di questa piccola trattoria romana, ci ha preparato personalmente una “insalata di granchio blu con mayo al sriracha”. Al primo approccio, sarà perché gli ingredienti dosati magistralmente hanno conferito sapore alla polpa del Nostro, ci è parsa buonissima. L’insieme di avocado, pomodoro, insalata a listarelle e granchio blu, con una goccia di mayo dal sapore piccante, ci ha convinto.
Poi abbiamo assaggiato un “risotto al granchio blu” che ci ha fatto riflettere. Perché tanta curiosità nei confronti di una specie non nuova per il nostro Paese? In fondo di granchi è piena l’Italia e da sempre sono consumati in varie parti della Penisola. Per quanto autoctono delle coste atlantiche dell’intero continente americano, il granchio blu è stato accidentalmente introdotto in altre parti del mondo e ora ce lo troviamo pure in tasca.
Ma i primi avvistamenti sulle nostre coste risalgono al ‘48. Perché oggi vada di moda ce lo siamo chiesti pure noi; probabilmente ha ragione Benni, la grande quantità presente ultimamente, al punto tale da indurne l’esportazione e il fatto che tutti ne parlino sul web anche in seguito alla foto della presidente del Consiglio ha creato hype e una cosa è certa: la pesca del prolifico crostaceo è aumentata in modo massiccio. Anche se, ancora, abbiamo avuto non poche difficoltà a trovarlo.
Rientrati a casa ci siamo cimentati nell’esperimento culinario con il protagonista donatoci, con l’obiettivo di valorizzarne le carni. L’idea tendeva alla ricetta delle pazzesche “mazanette” venete, piccoli granchi famosi per essere mangiati bolliti, con tutto il tenero carapace privato di arti e conditi con prezzemolo e aglio crudi, in purezza. Una cosa da visibilio che si faceva anche presso Terracina negli anni ’70.
Poi però siamo stati lusingati dal richiamo del sangue e abbiamo calato gli spaghi. Forti degli insegnamenti degli influencer, e dal fatto che il carapace del granchio è coriaceo e tosto come il granito, è nata una aglio e olio gourmet al granchio blu. Rosso, dopo la bollitura.
Da un esemplare e mezzo della dimensione di un palmo sono stati estratti due cucchiai abbondanti di polpa, con la quale abbiamo condito la nostra pasta. Risultato? Sarà che non siamo chef, sarà che di granchi ne abbiamo già mangiati in vita nostra, questo blu non ci è parso nulla di speciale.
Meno saporito della granseola e di tutte le altre varietà di carcinus, di certo meno degno di nota di sua maestà il King Krab, il granchio blu o reale non spicca per gusto, ma si presta comunque a varie preparazioni fantasiose. Certo è che i ristoratori romani sono ancora stranamente perplessi dinanzi a questo esemplare della famiglia dei Portunidi, e hanno titubanze sul come prepararlo, a quanto pare. Rassegniamoci dunque a salvare la fauna marina italiana cercando di eradicare la specie del predatore ricominciando a prendere granchi. Pardon, mangiarne in quantità.