L’elezione di “Miss Lato B” a Bollengo, nel torinese, ha sollevato un polverone del mondo femminile. In particolare per il post del presidente della Pro Loco bollenghina, Paolo Cominetto. Nella locandina pubblicizzava una serata di “paella e miss”, cibo e donne, prevista per sabato 18 giugno, con l’elezione di “Miss Bollengo”, “Miss Eleganza” e “Miss Lato B”. Apriti cielo! Il presidente della Pro Loco, Paolo Cominetto, si è dovuto scusare: “Da presidente chiedo scusa alle persone che si sono sentite offese per l'elezione di Miss Lato B, sostituito con Miss Sorriso. Nella nostra iniziativa non volevamo offendere e mercificare la donna. Chiedo scusa se è passato questo messaggio”. Ma forse chi protesta non ha mai letto lo splendido pamphlet del regista Tinto Brass intitolato “Elogio del culo” (Pironti editore) nel quale sintetizza la teoria “culocentrica” secondo la quale tutto ruota intorno al Lato B.
Ricordiamo che il maestro del cinema erotico italiano ha girato 30 film, di cui 29 censurati. È probabilmente questa la medaglia più brillante che porta al petto Tinto Brass, all'anagrafe Giovanni Brass, che alla soglia degli 89 anni è uscito da qualche mese con il libro “Una passione libera. In forma di autobiografia” (Marsilio) nella quale racconta tutta la sua vita, in particolare i risvolti più in ombra o dimenticati, rispetto alle furiose polemiche che hanno accompagnato ogni sua pellicola o alle reazioni indignate verso le sue dichiarazioni di assoluta libertà verso il sesso. Infatti, su Tinto Brass circolano tanti falsi miti e questa autobiografia si ripropone di sfatarli, per consegnare ai posteriori un ritratto intimo, una confessione schietta e irriverente che rimette alla loro “ardua sentenza” l’anima, il pensiero, la vita tutta dell’uomo e del regista.
Definito agli esordi dalla critica francese “il nipotino di Orson Welles”, il regista nato a Milano ma cresciuto a Venezia, è stato uno degli artisti più provocatori e divisivi del panorama culturale italiano. Al di là delle estenuanti lotte per far uscire e difendere dalla censura i suoi film, in questo volume trovano spazio momenti e personaggi che ne hanno segnato la vita e il percorso creativo. È qui che racconta e fa rivivere incontri, scontri, fasi creative e momenti di abbandono, nell'arco del lungo percorso che lo ha visto protagonista, non solo al cinema: il rapporto d'amore e odio con Venezia, città natale, e la famiglia d'origine, il periodo a Parigi e alla Cinémathèque française, la lezione di Roberto Rossellini, l'intuizione dei cortometraggi sperimentali con cui, su invito di Umberto Eco e Vittorio Gregotti, partecipò alla Triennale di Milano, le tante attrici feticcio e l'incontro con Caterina Varzi, ex ricercatrice universitaria e avvocata che ha eletto a “musa ermeneutica”. Ma anche, negli ultimi anni, la malattia e la sofferenza, il moto d'orgoglio che lo ha spinto a reagire rimettendosi al lavoro, la battaglia più sofferta e amara che lo ha visto trascinato in tribunale dai figli e che il regista paragona al dramma di Sofocle.
Appena ripresosi da un’ischemia e dopo due settimane di ricovero in ospedale nel bel mezzo di un’ennesima ondata di Covid, il suo primo pensiero una volta raggiunto dai giornalisti fu questo: “Trasgredite e fregatevene delle regole” disse rivolgendosi ai giovani, ricordando di perseguire quello che lui considera il più grande piacere della vita, il sesso: “Con o senza mascherina, ma fatelo comunque e fatelo spesso”. Alla faccia delle femministe, sue eterne nemiche: “Le femministe dell’ultima ora provano a cambiare approccio ma non ci riescono perché sono imprigionate nella loro ideologia”. E non si è dispiaciuto per il tempo che passa o per le malattie, ma sempre per i rapporti sessuali che oggi vengono trattati “mordi e fuggi” e difficilmente approfonditi nei film “perché si ha paura di addentrarsi in un territorio che è ancora un tabu”. Così avanti rispetto a tutti, Tinto Brass, che si è detto tranquillo persino rispetto al movimento Metoo o casi come quello di Weinstein: “Quello che raccontano le donne è sempre successo. I produttori nel mondo del cinema molestano le attrici. Una cosa orrenda. Io con le attrici avevo rapporti veri, belli”. La sua forza, ha sottolineato, è che “con me si confidavano. Ero certo che il #MeToo non mi avrebbe toccato. Se sui miei set succedeva qualcosa, e succedeva, era consensuale e alla luce del sole”.
Come si fa a non amare il regista di pellicole cult come Miranda (’85), Capriccio (’87) o Paprika (’91), Così fan tutte (’92), Fermo Posta (’95) e Monella (’98), tra gli altri, dove ha lanciato alcune delle attrici in seguito diventate delle star come Stefania Sandrelli, Serena Grandi, Claudia Koll e Debora Caprioglio. E come si fa a non ammirare una persona che nella biblioteca di casa ha appeso tre manifesti elettorali, di quando nel 2010 si candidò con Marco Pannella ed Emma Bonino in Veneto per i Radicali, che recitano il seguente slogan: “Meglio un culo che una faccia di culo”. Proprio su quest’ultimo concetto, forse il maestro ha raggiunto il suo apice che ha poi trovato sfogo in uno straordinario pamphlet che si intitola “Elogio del culo” pubblicato dal coraggioso editore Tullio Pironti, purtroppo scomparso nel settembre scorso, il quale spiegò così la sua scelta: “Chiedo a Tinto Brass di scrivermi un elogio del fondoschiena e lui accetta entusiasta. Mi impone, però, di inserire all'interno del libretto un fascicolo contenente una decina di immagini. ‘Pironti, ho dei culi stupendi! Non possiamo non metterli!’. Come potevo dirgli di no?". Fortunatamente Pironti accettò e ora, benché piuttosto difficile da trovare (alcune copie con dedica arrivano a costare online 300 euro), abbiamo a disposizione la summa di tutto il pensiero tintobrassiano che ha trovato nel lato B la sua vera agàpe, cioè l’amore disinteressato e smisurato che ha innervato ogni sua opera. Il libretto parte come fosse un libro di filosofia: “Tesi: Il culo è lo specchio dell’anima. Antitesi: Ognuno è il culo che ha. Sintesi: Mostrami il culo e ti dirò chi sei”. Decisamente folgorante. Ma tutte e 30 le pagine, costruite in forma di dialogo con un alter ego che prova a fare “l’avvocato del diavolo” sono uno tsunami contro qualsiasi pelosa moralità. A un certo punto, quando sembra incastrato nella distinzione tra erotismo e pornografia, se ne esce con un geniale “Deculogo”, che non è altro che un decalogo in cui analizza tutti gli aspetti (anche metafisici) del fondoschiena: poetico, metaforico, antropologico, etico, religioso, filosofico, psicologico, estetico, politico, pragmatico. Non esiste declinazione che il maestro non conosca. Corredato di una curatissima “Culo gallery”, cioè la selezione delle splendide foto a sostegno delle sue tesi, ha un solo e ambiziosissimo scopo: dimostrare che il culo è arte, che lui ha sempre utilizzato in modo eversivo per rompere gli schemi del politicamente corretto.
Ecco, allora, che l’autobiografia merita sicuramente di essere sfogliata, ma questo pamphlet andrebbe sicuramente ristampato e distribuito nelle scuole e, massima eresia, magari letto nell’ora di religione quando scrive: “Perfino religiosamente il culo è una rivelazione: è il tocco della Grazia che ti fa ritrovare la Fede originaria nella Donna a immagine e somiglianza di Dio. Per chi è ateo, agnostico o miscredente è comunque un miracolo della Natura, un piccolo frammento di Universo capace, come le Ninfee di Monet, i Girasoli di Van Gogh, le Bottiglie di Morandi, di dare un senso al non-senso dell’esistenza”. Mai domo neppure a quasi 90 anni e minato nella salute, alla giornalista che ultimamente gli ha chiesto: una volta disse che il culo è lo specchio dell'anima, la pensa ancora così? Sornione, Tinto Brass ha risposto con ineffabile joie de vivre: "Sì, ma ora ho buttato lo specchio ed è rimasta l’anima”. Purtroppo a Bollengo, nel torinese, i suoi insegnamenti non hanno fatto scuola.