C’è una scena di un film che faccio vedere sempre agli studenti durante la prima lezione di giornalismo online che tengo in Accademia di Comunicazione. È tratta da La Tigre e la Neve di Roberto Benigni. L’attore toscano qui è un professore e fa un monologo sulla scrittura che è la cosa più bella detta sull’argomento negli ultimi dieci o forse venti anni. Una delle frasi che preferisco è la seguente: “Per trasmettere la felicità bisogna essere felici! E per trasmettere il dolore bisogna essere... felici!” (video alla fine).
Mi è tornata in mente ieri, leggendo le dichiarazioni di Valentino Rossi nelle interviste rilasciate post firma col team Petronas. Perché alla fine l’atteggiamento di Valentino nei confronti del motociclismo è lo stesso identico a quello che ha Benigni con la recitazione. Che è un atteggiamento di vita, a pensarci bene. Puoi odiarli entrambi questi due fenomeni. Possono non piacerti. Ma l’amore che trasmettono per ciò che fanno non ha eguali è questo nessuno può contraddirlo. Solo gli stolti, manco gli haters. Vale per le moto, Benigni per Dante o il cinema.
È amore. Amore allo stato più puro. Più alto. Più sacro. Ed è per questo che molti non possono capirlo. Non lo riconoscerebbero nemmeno se l’amore arrivasse da dietro e glielo mettesse nel culo (calmi, è una citazione di Voi non sapete cosa è l’amore di Raymond Carver, uno dei più grandi poeti contemporanei).
“Credo che tutto derivi da mio papà, dal Grazia: mi ha messo molto presto sulla moto, per lui era un piacere farmi stare nelle corse. Credo che tutto dipenda dalla passione: la nostra è una bella vita, ma è anche dura, devi gestire tanta pressione, allenarti sempre più duramente ogni giorno. È una vita complicata: quando entri in pista devi essere felice”. Così ha detto Vale ieri: per continuare a correre devi essere felice di farlo.
La felicità è anche rendersi conto che il tempo passa e che vanno fatte delle scelte o vanno accettate quelle fatte da altri. Come non poter avere tutti i suoi uomini fidati nel nuovo team: “A questo punto della mia carriera non tutto può essere perfetto” ha detto Valentino. La consapevolezza, un’altra chiave per essere felici.
Come lo è un’altra cosa: la speranza, nutrita dall’ambizione e rafforzata dalla volontà. Perché ti sentì che non è finita e sai che con il lavoro, la competitività e un po’ di sano culo qualcosa può ancora succedere. Cerchi appigli nel passato e su questi fai leva per scalare ciò è rimasto da scalare: “Quando ho debuttato in 500 ero con il team Nastro Azzurro, un team satellite a tutti gli effetti come può essere il team Petronas adesso. Nel 2001 vinsi il mondiale: sono l’unico a esserci riuscito con una squadra non ufficiale. Speriamo sia di buon auspicio…”.
Essere felici o provare a esserlo facendo ciò che si ama.
Essere consapevoli.
Continuare ad avere speranza e crederci fino alla fine.
Tre lezioni che Vale ci ha servito così, in un’intervista. Che se non ci credi tu non ci crede nessuno. Banale. Ma è la base della motivazione e la cosa più importante.