Caro Valentino Rossi, non sarà la mancanza di risultati e non saranno nemmeno gli affari con principi sauditi che si fanno chiamare "sua altezza reale" a provocare la disaffezione della tua gente, ma la tua ostinata fedeltà a Yamaha. Non ci riuscirà nemmeno Marc Marquez, destinato a battere alcuni dei tuoi record e non sarà, almeno per adesso, nemmeno uno dei tuoi amati pilotini, ancora troppo acerbi per offuscare la tua leggenda. Ma se mai accadrà che sarai un po’ meno amato o, peggio, semidimenticato, sarà solo per questo insistere quando tutto, e per tutto si intende la tua gente, dice che è ora di cambiare aria.
Avrei voluto titolare esattamente così, ma sarebbe stato troppo lungo e, quindi, impubblicabile, però è quello che viene da pensare passando ore e ore sui social, tra i gruppi dedicati a Valentino Rossi da tifosi più o meno appassionati, ma tutti sfegatati. E’ vero, ogni tanto c’è qualcuno che commenta sull’età, sull’opportunità di lasciare, sul dover appendere il casco al chiodo, ma se c’è un pensiero dominate è che l’avventura di Valentino Rossi in MotoGP, che sia da pilota o da manager di un team con il suo nome, dovrebbe essere lontano da Yamaha.
Ecco perché ieri, dopo la diffusione del comunicato stmapa in cui si annunciava che il Team VR46 sarà in MotoGP per i prossimi cinque anni con due moto, l’attenzione di tanti si è concentrata su un dettaglio: il rendering con la livrea della moto. E’ una Yamaha M1 e c’è pure il logo dei tre diapason. Tanto che se fino a ieri quasi tutti erano pronti a scommettere che l’avventura del team tavulliese sarebbe stata con Ducati e in pochi i sognatori che erano pronti a puntare qualche Euro su Aprilia, adesso lo scenario è totalmente sovvertito. Gli addetti ai lavori, neanche tanto celatamente, ormai, parlano di Yamaha, con buona pace di Petronas che, se tanto porta a tanto, dovrebbe volgere altrove il proprio sguardo. Nessuno, ieri, si è chiesto “ma smette o non smette?”, perché alla fine non è stato questo il punto. Quello che invece tutti si sono domandati è “perché ancora con Yamaha?”.
E’ chiaro che il dettaglio di un rendering non significa assolutamente niente e nostre fonti accreditate ci riferiscono che nessuna decisione è stata presa e che le opzioni sul piatto (per scegliere un marchio piuttosto di un altro per la sua squadra) sono le stesse di qualche giorno fa. Ducati in pole position, con Enea Bastianini e Luca Marini piloti, e poi Yamaha, Suzuki e Aprilia. Ecco, Aprilia, è proprio sul nome di Aprilia che la gente di Vale sembra emozionarsi ancora. La moto, forse, non sarà allo stesso livello della M1 o della Desmosedici, così come l’azienda di Noale, per quanto solida, non sarà mai il colosso di Iwata, ma l’ipotesi di Valentino Rossi in Aprilia è qualcosa che ha emozionato. Quasi quanto un ritorno alla vittoria, al pari di una garanzia di futuro.
Perché, in fondo, di garanzia di futuro si tratterebbe. Infatti c’è chi fa un passo in più e addirittura ipotizza un ultimo anno da pilota in sella alla moto italiana e con il fratello compagno di squadra. Sognatori. Poi ci sono i meno sognatori, che invece vedono Valentino Rossi in un ruolo di tester proprio con Aprilia, oltre che patron del team satellite con possibilità di qualche wildcard nei circuiti che lo hanno acclamato di più nella sua lunghissima carriera. Sognatori, comunque, anche loro. Perché i fatti sembrano dire che difficilmente il marchio italiano riuscirebbe a mettere in pista quattro moto nello stesso anno in cui darà vita al team ufficiale. E’ vero, è impossibile, ma piacerebbe davvero a tutti e le sfide impossibili, un tempo, piacevano anche a Valentino Rossi.
Piacerebbe, in fondo, anche l’idea di mantenere le cose così come stanno, rilevando in tutto il team Avintia e dando vita all’avventura da Team Manager sposando il marchio Ducati. E’ chiaro che a Borgo Panigale hanno già sei piloti sotto contratto e non ci sarebbe spazio per un Valentino Rossi in sella, ma l’idea di vederlo ancora nel box, magari in abiti civili, piace pure a quei tifosi che negli anni, essendo valentiniani, sono diventati antiducatisti (per effetto del solito viziaccio italiano delle contrapposizioni a tutti i costi). Per non parlare, poi, dell’idea Suzuki, che è la moto campione del mondo e che è stata la moto di Schwantz e, anche in questo caso, accontentandosi di un Valentino “non più pilota”.
La chiusura, nella pancia dei social che ragionano di pancia, sta proprio, piuttosto, sul nome di Yamaha. E l’impressione è che davvero il così detto popolo giallo sia intenzionato a restare compatto qualunque cosa accada, a prescindere dalle scelte su smettere o meno, dai risultati, dagli sponsor che si fanno chiamare "sua altezza reale" o dai nomi dei piloti, ma c’è un paletto e quel paletto sembra molto chiaro: “Yamaha no, perché è ora di cambiare aria”.
Hanno ragione? Hanno torto? Difficile da dire, visto che il passato conta e conta tanto anche nella determinazione di ogni presente. E visto che i sentimenti di Valentino Rossi verso Yamaha sono noti, oltre alle garanzie che i giapponesi possono offrire da qui all'eternità. Ma una cosa è sempre vera nella vita e, quindi, è vera anche nello sport: ascoltando chi ci ama si finisce spesso per fare la cosa giusta.