Per capire Vale, bastano due righe. Quelle che ha postato ieri sui suoi account social. Una foto, una frase, niente di più. Lui nel suo box, post tamponi negativi, insieme al suo team e il copy: "È stato bello tornare a fare quello che mi piace di più". Quasi 42 anni, le voci dei soliti opportunisti del web che gli consigliano - senza che il consiglio sia minimamente richiesto - di smettere, e lui che non solo prende e parte praticamente all'ultimo momento disponibile per disputare la gara di Valencia, ma che esprime tutta la sua felicità anche dopo essersi qualificato al diciottesimo posto della griglia di partenza. Che il messaggio sia chiaro: a lui piace. Il risultato è importante, ma non è tutto. È la gioia a provare ciò che fa, che ama fare, a sovrastare il resto. Sia chiaro, ora e sempre. Vincere è un dettaglio, per il quale spendersi, allenarsi con costanza, perseverare, ma un dettaglio. Vincere è una motivazione, indipendentemente che succeda o no.
Prendete Nadal. Con l'ultima vittoria ne ha vinti mille, di match. Qualche giorno fa avevo letto una sua intervista rilasciata al Corriere della Sera. Sono andato a riprenderla perché mi aveva lasciato qualcosa. E quell'intervista comincia così: "Guardi che ogni volta me la faccio sotto". Il giornalista, Aldo Cazzullo, non ci crede. E risponde: "Tredici vittorie su tredici finali al Roland Garros di Parigi. Mai successo, nella storia del tennis, nella storia dello sport. Come è potuto accadere?". Rafael Nadal risponde: "Non lo so neppure io. Se è successo a me, può succedere a un altro. Io sono una persona normale. Con le mie incertezze, le mie paure". Poi aggiunge: "Non ho paura di perdere, mai. Però penso sempre di poter perdere. Lo penso tutti i giorni, contro qualsiasi avversario. E questo mi aiuta moltissimo".
Le parole di Nadal mi ricordano che è l'impegno la caratteristica più importante, in qualsiasi contesto, non c'entrano il successo o la fama, c'entra l'ispirazione che troviamo per fare ciò che ci spinge a dare sempre di più. Non èquestione di vincere o perdere. È questione di trovare la forza di giocarsela, anche quando tutto rema contro. Come Joe Biden. Che storia, la sua. Se non l'avete ancora fatto leggetevi il pezzo di Giulia Toninelli, è bello, punto. Lui aveva fatto una promessa a suo figlio scomparso troppo presto, così come erano scomparse troppo presto già sua moglie e un'altra figlia: lottare per la presidenza degli Stati Uniti. Non diventare Presidente, ma lottare per diventarlo. Biden ha 78 anni che in politica possono essere paragonati ai 41 di Rossi e ai 34 di Nadal.
Vecchietti, ognuno nel proprio campo. Che ci insegnano a perseverare per ciò che amiamo e che rendono il mondo un posto migliore. Retorica? Puttanate. Il perché ce lo dice sempre Nadal in quell'intervista: "A 19 anni avevo appena vinto il primo Roland Garros, mi dissero che non avrei più potuto giocare, per una malformazione al piede sinistro. Il dolore era tale che mi allenavo a colpire la pallina seduto su una sedia in mezzo al campo. Poi sono guarito. Come superare questi momenti? Con una mentalità positiva, trasformando la fragilità del corpo in forza morale. Prima o poi le cose si metteranno a posto. Dobbiamo attrezzarci per resistere. Perché non c'è altra soluzione che resistere". Non c'è altra soluzione che resistere. E continuare a dare il meglio che vogliamo, laddove lo vogliamo. Se si fa qualcosa solo per vincere ci dimentichiamo che il vero motivo per cui lo facciamo è un altro: si fa qualcosa per essere la versione migliore di noi stessi. È solo così che si rende il mondo un posto più bello di come lo abbiamo trovato. Solo così.
Se siete arrivati fino a qui seguiteci anche su Facebook e su Instagram