Dall’aereo presidenziale al carcere di Secondigliano. Dalle cene a Villa Certosa alla pescheria di Viale dei Quattro Venti. La storia di Valter Lavitola è la parabola di un uomo che ha cercato di volare troppo in alto e, come nella leggenda di Icaro, alla fine le “ali di cera” che si era costruito «per manie di protagonismo» lo hanno fatto piombare, come si suol dire, dalle stelle alle stalle. Ma è anche indicativa di un periodo esaltante e controverso, che lui stesso definisce «una sbornia collettiva», di quando Silvio Berlusconi dominava sulla scena politico-economica e intorno a lui in molti hanno provato la scalata al cielo rimanendone, loro malgrado, scottati.
Una vicenda umana talmente interessante, che un regista talentuoso come Alessio Maria Federici pare gli abbia già messo gli occhi addosso per realizzarne un docufilm e una serie tv. Solo indiscrezioni, per ora, ma di cui si vocifera negli ambienti del cinema.
Lo abbiamo incontrato a margine del servizio nel suo ristorante romano, il Cefalù Bistrò, che gestisce in cooperativa insieme ad altri tre colleghi dell’Avanti!, il quotidiano socialista che cercò di rilanciare negli anni ‘90 e poi finirà per essere ricordato come uno degli strumenti per colpire gli avversari politici dell’ex Cavaliere, primo fra tutti Gianfranco Fini «al quale devo delle scuse», ammette. È un Lavitola diverso rispetto al passato, che ha voluto parlare di tutto e anche di più rispetto a quel che ci potevamo immaginare, perché dopo alcune condanne che lo hanno costretto a scontare oltre quattro anni dietro le sbarre questa esperienza traumatica lo ha portato a scoprire che «la corruzione è una cosa orribile» ma «peggio della morte c’è solo il carcere da innocente».
Valter Lavitola, il 16 giugno compirà 55 anni. I compleanni sono anche il momento per i bilanci. C’è qualcosa che si pente di aver fatto nel suo passato?
Non mi impegnerei come mi sono impegnato contro Gianfranco Fini. Era tutto vero della casa a Montecarlo, ma ha preso la forma dell’aggressione. Una azione che ha avuto un risultato troppo violento rispetto alle colpe che Fini aveva, che erano veniali. Dal punto di vista politico fece un errore, non volle accettare di diventare il delfino di Berlusconi, ma poteva esserlo e forse oggi non si troverebbe in queste condizioni. Ma dal punto di vista umano sento di dovergli delle scuse.
Poi torneremo sulle vicende che l’hanno coinvolta, ma ora la sua vita è tutta nella pescheria Cefalù Bistrò. Come vanno gli affari?
Siamo riusciti a superare la fase degli impedimenti dovuti alla pandemia. Abbiamo un bed and breakfast, una pescheria e un ristorante e siamo riusciti mettendo assieme le attività a “svangarla”. Non è stato facile, però mi sta dando tanta soddisfazione e riesco a sostenere la famiglia.
È vero che lavorano con lei tre suoi ex redattori di quando era direttore de l’Avanti!?
Sì, ma anche con altri non mi sono mai perso di vista. Tanti vengono ancora da noi a mangiare, anche perché avevamo fondato una associazione che si chiamava “Amici dell’Avanti!” e oltre al giornale si era creata una bella comunità.
Si considera sempre socialista?
Mi consideravo e mi considero socialista.
È entrato giovanissimo nel Partito Socialista Italiano. Era il 1984. E fece parte della corrente craxiana.
Posso dirle che il giorno in cui Craxi morì, sull’Avanti! pubblicammo l’ultimo articolo scritto da lui. Ne scriveva due-tre alla volta e si firmava come Edmond Dantes. Era l’ispiratore del giornale. E l’ultimo lo pubblicammo il giorno della sua scomparsa.
Cosa rappresentava per lei Bettino Craxi?
Non sono la persona più adatta a rispondere a questa domanda perché sono troppo di parte. Sono entrato nella Giovanile socialista e l’ho conosciuto a 18 anni. Per noi è stato un faro. Un miraggio. Quando andavo a trovarlo ad Hammamet in tanti mi sconsigliavamo di farlo, perché era in corso una vera caccia alle streghe e andare da lui era un pericolo. Ma io invece mi sentivo più che onorato. Quando prendevo l’aereo e arrivavo da lui mi sembrava di fare un salto nella storia. Quando ti parlava ti faceva sentire importante. È stato un privilegio avere a che fare con lui.
Che ricordo ha di quel 30 aprile del 1993, quando Craxi venne contestato da una folla all’uscita dell’hotel Raphael, la sua residenza romana?
Io ero al partito e in un attimo calò una nube pesantissima su tutto e tutti. Qualcosa di irreale. Essere lì e averla vissuta è stato qualcosa di drammatico. Devastante per chi lo conosceva e aveva fatto tanta strada insieme. Dal portiere ai dirigenti, tutti hanno vissuto due giorni nell’immersione nel piombo fuso.
Sempre a 18 anni lei si iscrive alla loggia massonica «Aretè» di Roma, come apprendista. Poi racconta che, siccome gli apprendisti non possono parlare e invece lei è un chiacchierone si mette “in sonno”. Quando sente parlare di Loggia Ungheria, che effetto le fa?
Sono stato iniziato in massoneria giovanissimo, poi assonnato per quei motivi, ma sono rimasto un appassionato della materia. Sono convinto che ci siano delle distorsioni. È massoneria quando è riconosciuta da un ordine e fa parte di un determinato rito. Poi ci sono le organizzazioni para massoniche o che usano ritualità massoniche. Come gli eserciti e i gruppi paramilitari.
Quindi la Loggia Ungheria la considera un “gruppo paramilitare”?
Sulla Loggia Ungheria non mi sorprenderebbe che un gruppo di persone interessate a fare sistema, motivate da un fanfarone, possa acquisire una ritualità para massonica. Però non mi sono mai spiegato perché la massoneria non abbia preso iniziative per fare chiarezza su queste cose. Forse è uno degli elementi che mi delude della massoneria oggi. Se io e te ci mettiamo a costituire una loggia massonica, perlomeno le autorità massoniche dovrebbero mandarci a quel paese. Se autorità sono, ma probabilmente non lo sono più da tempo.
È un periodo nero per la magistratura. Prima della Loggia Ungheria era stata scossa dalle rivelazioni del pm Luca Palamara. In questo caso le vostre strade si sono incrociate, quando la arrestò per evasione visto che sarebbe uscito dal suo appartamento mentre era agli arresti domiciliari.
Palamara non l’ho conosciuto di persona. Ha emesso un mandato di arresto nei miei confronti mandandomi in carcere. Mi hanno detto che gli ho consentito di fare l’unico arresto della sua carriera, almeno un bigliettino di ringraziamenti avrebbe dovuto mandarmelo.
Ringraziamenti per cosa?
Le cose sono andate così. Ero agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico ed ero stato autorizzato a recarmi presso le pertinenze dell’appartamento perché era andata via la luce qualche giorno prima. Quando sono venuti i carabinieri gli ho detto: “Guardate che non è scattato il braccialetto quando sono sceso per controllare”. E loro: “Chiedi al magistrato di adeguarlo”. Nel mentre la Procura di Napoli aveva installato una telecamera gigantesca e ben visibile nel giardino per controllarmi. Ho denunciato più volte questa cosa, poi un giorno mi sono stufato e l’ho fatta rimuovere. Guardava nel bagno, nella stanza da letto e persino in casa dell’inquilino di sopra che era parecchio risentito.
E quindi?
Un giorno scendo, come ero stato autorizzato con provvedimento del magistrato avallato dalla Procura, e questa telecamera mi ha ripreso mentre ero in garage da solo. Tre mesi dopo arriva il provvedimento del pm Palamara, che aveva ricevuto i documenti dalla Procura di Napoli a seguito dell’ipotesi di danneggiamento della telecamera e vengo arrestato per evasione. Dopo alcuni mesi in galera, la Procura di Roma archiviò il provvedimento perché non costituiva reato. L’evasione è un fatto oggettivo e mi risulta l’unico procedimento di evasione archiviato in Italia.
Per questo vorrebbe le scuse di Palamara?
Sì, ma anche dei ringraziamenti mi avrebbero fatto piacere.
Ha fiducia nella giustizia italiana?
No, non ho fiducia. Soprattutto dopo le rivelazioni di Palamara.
Che effetto le hanno fatto le confessioni dell’ex pm e segretario dell’ANM (associazione nazionale magistrati)?
Le faccio questo esempio. Ricordo che due procedimenti che mi riguardavano con oltre 100 testimoni si sono svolti in primo e secondo grado in 18 mesi. Facevamo udienze tutti i mercoledì e giovedì. E quando c’era un impedimento si spostava a 48 ore dopo. Io ero detenuto in carcere e in quel periodo ho passato più giorni in tribunale che in cella. Mi faceva piacere, era certamente meno noioso, ma solo dopo mi sono accorto che un rinvio mediamente in Italia è previsto a tre mesi.
Una giustizia stranamente velocizzata.
Per 18 mesi che le udienze fossero programmate a distanza di una settimana e un rinvio a 48 ore oggettivamente era una forzatura di cui mi sono accorto solo adesso. Ho comprato il libro di Palamara per leggerlo, ma quando l’ho sentito parlare da Giletti (a Non è l’Arena su La7, nda) mi ha dato un senso di vomito e non sono più riuscito a leggere il libro. Sostanzialmente diceva: facevamo parte di un sistema dove se Pinco era nemico di Pallino e io ero amico di Pallino, Pinco diventava mio nemico. Che fosse innocente non ce ne fregava nulla.
Lei si è sentito “Pinco”?
Posso dire che qualcosa di peggio del carcere è soltanto la malattia di un figlio. La morte è meno brutta. E che qualcuno possa infliggere il carcere senza che ciò sia motivato da reale pericolosità sociale è qualcosa di inaccettabile. Ho scoperto che la corruzione è orribile e purtroppo prima non ne avevo contezza, ma anche prendere una persona e buttarla dietro le sbarre senza motivo è una delle poche cose che non dovrebbero esistere.
Alla fine degli anni novanta conosce Silvio Berlusconi. Nonostante quel che è accaduto, che l’ha portata a scontare quattro anni di carcere, oggi lo propone come possibile Presidente della Repubblica. Come mai?
Non ho più rapporti con lui, anche perché non credo alle “minestre riscaldate”. Però Berlusconi presidente della Repubblica sarebbe ideale per arrivare a una pacificazione reale del paese e al superamento di una fase storica che ha determinato la produzione del “grillismo”. Quel movimento non è nato dal nulla e l’humus glielo ha fornito la contrapposizione violenta scatenata dall’aggressione a Berlusconi che ha portato ad un allontanamento dell’elettorato dai partiti tradizionali.
Non crede che Berlusconi sarebbe ancora divisivo?
Non essendo più nell’agone politico no. E poi ci sono i numeri per un momento di unità nazionale. Il centrodestra lo voterebbe, così come larga parte del centrosinistra, senza dimenticare la parte di grillini che sono usciti dal movimento e sono altri 53 voti. C’è bisogno di dirla apertamente questa cosa, non lavorando sottotraccia. Sono finiti i tempi delle trattative nei palazzi e si potrebbe fare tranquillamente alla luce del sole.
Eppure, lei in una intervista “rubata” da Guido Ruotolo a un certo punto disse: “Ho paura di Berlusconi”. A cosa si riferiva?
È stata effettivamente rubata quell’intervista. Ero in una pausa di una udienza, ero incazzato, Guido era una persona che ritenevo amica e mi chiese: “Ma non ne hai paura?” e io risposi: “Certo che ne ho paura, per come si è comportato con tanti amici”. La quasi totalità delle persone che hanno fatto un pezzo di strada con lui si trovano poi nei guai o vengono abbandonate. In quel momento era quello il timore.
Oltre a Berlusconi, c’era anche chi intorno a lui non le era poi così amico, come l’avvocato Nicolò Ghedini che lei stesso ha definito un vero e proprio “nemico”. Come mai?
Quella di Berlusconi era un corte vera e propria, alla quale si alternavano con alte o basse fortune una serie di personaggi. Tra loro c’erano lotte intestine fortissime. Io ho sbagliato per eccessi di protagonismo perché sono sempre stato un po’ anarcoide. Per cui andare a riconoscere i vari ruoli della corte era troppo pesante per me, non ci sono mai riuscito. E per questo Ghedini più di altri me lo sono fatto nemico.
Nel 1996 fonda la cooperativa giornalistica International press che diventa proprietaria del quotidiano l'Avanti! sorto col sostegno politico di alcuni esponenti dell'allora PSI finiti nel centro-destra come Brunetta, Cicchitto, Cazzola. Ha ancora contatti con questi esponenti politici?
Con alcuni sì e con altri meno. In particolare, mi sento spesso con Cicchitto.
Sembra che tra socialisti ci sia ancora un forte legame, ma perché in Italia politicamente nessuno è ancora riuscito a ricostituire un partito socialista riconoscibile?
La fortuna di avere un ristorante è che è un posto pubblico in cui la gente viene, anche senza appuntamento. E nel mio ci ritroviamo in tanti compagni socialisti di varia estrazione, dall’ex ministro all’ex segretario o al giovane militante. Noi socialisti facciamo ancora sistema. Tanti dirigenti o quadri del partito si sentono legati tutt’ora. Ma il problema è che non abbiamo più l’elettorato e c’è bisogno di un salto generazionale. Inizio a sperarci, perché vedo dei giovani che si appassionano a quei temi che riguardavano già il PSI di allora.
La direzione de L'Avanti! Inizialmente fu affidata a Sergio De Gregorio, fondatore nel 2000 del movimento politico Italiani nel Mondo e finito nell’inchiesta per la compravendita dei deputati per far cadere il governo Prodi. Lei ha dichiarato al Riformista: “Me l’ha raccontato De Gregorio. Lui era ostaggio di camorristi napoletani che gli avevano prestato un sacco di soldi”. Piuttosto pesante come affermazione, non trova?
È negli atti processuali. Sergio, che tutto sommato non è il mascalzone che è stato disegnato, semplicemente è molto superficiale e affetto da manie di grandezza. Aveva fondato il movimento Italiani nel Mondo dotandolo di televisione satellitare, giornali, sedi in tutto il mondo, liste in tutta Italia e quindi necessitava di una marea di soldi. Per questo motivo iniziò a fare debiti. E gli unici ad avere soldi in Italia chi sono? Le mafie.
E quindi?
Cominciò a farsi prestare dei soldi e quando devi restituirne tanti diventi ostaggio. Gli interessi iniziarono a galoppare e si rese addirittura disponibile a far girare dei soldi sporchi, tanto che questo gli portò una indagine per riciclaggio di denaro e la moglie amministratrice di alcune società fu indagata. Quindi si trovava esposto al rischio degli usurai e dall’altra ai problemi giudiziari per la moglie e al possibile fallimento delle società.
De Gregorio ha patteggiato una condanna a 20 mesi di reclusione per corruzione in atti d'ufficio, mentre per lei il reato è stato prescritto. Recentemente, però, ha evocato una “compravendita” di deputati anche per sostenere il governo di Giuseppe Conte. Li considera episodi analoghi giudicati con due pesi e due misure?
In tutte le legislature di tutti i governi, non solo della Seconda Repubblica, si è registrata l’uscita o l’entrata di parlamentari per sostenere o meno un governo. Il problema in quel caso fu l’accertamento che De Gregorio aveva ricevuto dei soldi.
In che modo li ricevette?
Una parte, 1-2 milioni non ricordo, arrivò al suo partito da Forza Italia. L’altra tranche gliel’ho data io, 1 milione in contanti, più o meno. Cifre considerevoli. Ma quella che gli ho dato io era motivata dalla sua uscita dell’Avanti , visto che era socio del giornale e direttore editoriale e la cooperativa percepiva 2 milioni e 500 mila euro di finanziamento pubblico l’anno. Ci fu un accordo tra noi: “Esci dal giornale e ti riconosco quella cifra”. Nessuno però ha parlato del vero compenso di De Gregorio per il passaggio da una parte all’altra
Me la dica lei.
Fu la nomina alla presidenza della Commissione Difesa del Senato. Per un parlamentare di prima nomina è la vera contropartita. L’autorità giudiziaria ha ritenuto che quel passaggio di denaro costituisse la prova della corruzione, ma una nomina importante equivale a una utilità forse superiore a quella cifra di denaro. C’è tanta gente che preferisce un ritorno in termini di crescita sociale e politica alla mera crescita economica. C’è chi ama i soldi e chi ama gli onori.
Più si evocano personaggi che ruotarono intorno a Silvio Berlusconi in quel periodo e più emerge la “smania di protagonismo”. Un altro è Gianpaolo Tarantini, divenuto famoso per aver portato le escort a casa dell’ex premier.
Era questo, senz’altro. La smania di protagonismo. La causa dei miei stessi guai giudiziari è una serie di errori fatti da me per manie di protagonismo. Il primo sono stato io. Così come Tarantini, poveraccio, che si è trovato in una situazione molto più grande di lui e che gli ha fatto perdere la brocca. Berlusconi era potentissimo e Tarantino alzava il telefono e ci parlava quando tanti ministri non ci riuscivano. Non ha saputo distinguere che lui ci parlava per le feste e le donne e non per cose più importanti.
Sembra che Berlusconi abbia rappresentato una grande sbornia.
Esatto, Berlusconi è stata una grande sbornia per tutti noi. Era un uomo dal carisma eccezionale, però ti metteva a tuo agio e ti faceva sentire protagonista delle cose che facevi per lui. Dal mio punto di vista, mi ha gratificato tanto negli anni affidandomi cose delicate alle quali io credo di aver assolto bene. Poi non ho saputo fare gioco di squadra con il partito e il suo entourage e quindi è comprensibile che mi sia fatto tanti nemici.
Qual è un momento in cui si è più stupito di quando era con Berlusconi?
Il suo rapporto con il giardiniere di Villa Certosa. Ebbi la sensazione che pendesse dalle sue labbra. Berlusconi ama quel parco come se fosse un figlio, infatti è splendido. C’erano spessissimo queste telefonate lunghissime o delle trasferte per riunioni con il giardiniere, che poi era a capo di uno staff di chissà quante persone. È l’aspetto che me lo ha reso più simpatico.
Intanto c’è chi si prepara al dopo Berlusconi. Per esempio, Toti e Brugnaro hanno creato un nuovo partito che sembra voler accogliere gli “orfani” di Berlusconi in Forza Italia. Può funzionare?
Da quello che conosco, Brugnaro e Toti hanno un rapporto troppo solido per essersi mossi senza averlo concordato con Matteo Salvini. Lo stesso Salvini ha un rapporto solidissimo con la parte più autorevole dell’entourage di Berlusconi, come Ghedini e Ronzulli. Quindi, per la proprietà transitiva, se si è creato questo contenitore per inglobare i parlamentari di Forza Italia che in questa fase si sentono estranei al calderone che sostiene Draghi è qualcosa che hanno fatto tutti in sintonia.
Qual è l’obiettivo?
L’operazione serve a eleggere Berlusconi presidente della Repubblica, così Forza Italia potrebbe sciogliersi. In seguito, una parte dei moderati potrebbero trovare come interlocutore privilegiato anche l’area di centrosinistra. Non a caso Beatrice Lorenzin che era in Forza Italia ora è nel Pd. Non lo trovo anormale. Come lei anche altri potrebbero fare un percorso simile. Il resto troverebbe casa in un’area di centrodestra moderata coalizzata intorno alla leadership di Salvini.
C’è chi addirittura vede un possibile ingresso in quel partito di Matteo Renzi come leader di un nuovo centrodestra. Fantapolitica?
Renzi è l’unico soggetto politico italiano che ha testa. È il più bravo di tutti dal punto di vista della strategia. Però non riuscirebbe a essere digerito dal gruppo dirigente di Forza Italia. Potrebbe invece essere il leader di un’area moderata di centrosinistra, ma in questa fase si scontra con Enrico Letta. E quel segretario sono certo sia stato scelto come barriera alla possibilità di Renzi di riprendersi un posto di rilievo in quell’area.
Lei voterà ancora Forza Italia?
Per mia sventura non posso ancora votare per problemi giudiziari. Ma senza Forza Italia non saprei a chi dare il mio voto. Capisco l’astensionismo per la prima volta in vita mia. Da quando ho 18 anni ho sempre votato due partiti, il PSI e Forza Italia. Oggi però non saprei davvero a chi darlo.
Valter Lavitola, dove si vede tra dieci anni e a fare cosa?
Mi vedo in Africa. Sto pensando di andarci a vivere. In alternativa in Sudamerica. Ho due-tre ragazzi al ristorante che se crescono e diventano bravi, insieme a mio figlio, voglio aiutarli ad aprire una attività nel settore agricolo e affidarla a loro. Ci sto lavorando. Intanto devo tornare al servizio. Arrivederci!