È il tempo delle tribù, dei giudizi frettolosi e delle sentenze sui social, si sa. Basta un video che ritrae quattro motociclisti a velocità folle sulle strade della Val di Cembra, in provincia di Trento, a far scattare l’indignazione sulla presunta amoralità dei biker. “Andiamo a fare i criminali”, titola il video, citando, palesemente, Romanzo Criminale: “Riassunto impeccabile di un comportamento deprecabile”. È Beppe Severgnini a sottolinearlo sui social del Corriere della Sera per la sua rubrica “Fotosintesi”. A fianco del video dei pazzi della Val di Cembra, l’editorialista del Corsera descrive il motociclista che, a Sesto San Giovanni, si è fermato per aiutare una persona in carrozzina che voleva attraversare la strada. “Gareggiavano a 200 chilometri all’ora. Il posto non merita idiozie del genere”, dice dei primi Severgnini. “Questo (riferendosi all’altro video nda) è una bella persona: ci sono cretini in scooter e persone gentili in superbike”, chiarisce ancora il giornalista. Ovvio, non sono né tutti buoni né tutti cattivi. Peraltro, anche lo stesso Severgnini dice di essere un motociclista, per cui è normale che si senta parte lesa (“esordio a 14 anni e non ho ancora smesso”): “Smettiamola di dividere il mondo in tribù e poi giudicarlo. Dentro ogni tribù c’è di tutto”. La morale delle immagini? Che la morale stessa non appartiene alle singole categorie. Il mitologico “buon senso” citato da Severgini non è assegnato in base alla professione: perché un commercialista dovrebbe essere peggiore di un pacifista? Un barista da un progressista? Gli “isti” si moltiplicano, come si moltiplicano le esecuzioni sommarie di chi, sui social, non vede l’ora che qualcuno pesti una mer*a per farglielo notare. Tutti pronti, con la lente d’ingrandimento e il fucile puntato: “È stato lui! È stata lei! L’ha detto davvero!”. Grida e insulti, bestemmie e scomuniche, assoluzioni e ghigliottine: il pendolo dell’opinione oscilla senza sosta.
Sulle strade della Val di Cembra quei quattro veneti hanno mostrato le loro skills da pilota. Peccato che non ci sia nessun contratto in Superbike all’orizzonte e neanche un ruolo nel prossimo Fast and Furious. Peccato, almeno avrebbero potuto sfogarsi. Così come all’orizzonte non si vedono medaglie, incontri con il Presidente della Repubblica o proposte di santificazione per l’altro motociclista, quello virtuoso, di Sesto San Giovanni. Due non-storie che non hanno nulla di speciale: la prima da condannare, la seconda no. Fine. E, invece, siamo qui a parlarne proprio perché se n’era già parlato troppo, perché si è generalizzato. Perché il niente è l’argomento centrale di quest’epoca.