Royal Enfield è la prova tangibile del fatto che anche dopo oltre un secolo (130 anni per la precisione) e milioni di buone idee vendute nel mondo puoi continuare a fare le cose a modo tuo, in questo caso bene e senza pretese. Ed è per questo che il marchio suscita ammirazione e rispetto tra i motociclisti, un caso probabilmente più unico che raro considerando che di norma chi va in moto tende a prestare attenzione soltanto ai mezzi da oltre 200 Km/h sul tachimetro. Con la nuova serie Blackout, dedicata a Continental GT e Interceptor 650, Royal Enfield ha voluto riportare l'attenzione del mercato a due moto riuscite, gustose ed economiche. Ne abbiamo approfittato per provarle assieme, in modo da capire a chi sono rivolte, come vanno su strada e perché continuano a suscitare domande e complimenti per strada.
Back to black, come cantava Amy Winehouse
La serie Blackout si distingue dalla standard anche a diversi metri di distanza: la meccanica e gli scarichi sono verniciati in nero opaco e, oltre alle tre già esistenti, per ogni moto sono state pensate due nuove colorazioni. La Continental GT guadagna la Slipstream Blue che abbiamo guidato e la più sobria Apex Grey, mentre la Interceptor sfoggia un clamoroso Barcelona Blue ed il Black Ray che vedete in prova. Cambiano poi i cerchi, che non sono più a raggi ma in lega: 18 pollici sia all’anteriore che al posteriore, con pneumatici tubeless che nel nostro caso sono degli ottimi Pirelli Phantom Sportscomp. Troviamo poi una nuova sella, blocchetti rivisti, una piccola presa USB dall’aria quasi artigianale e un faro anteriore a led impreziosito con il logo del marchio. Nel complesso? Entrambe rinunciano ad un pizzico del loro fascino heritage per apparire più moderne, affilate e forse anche sportive.
Royal Enfiel Continental GT e Interceptor: gemelle col twin
Entrambe le moto, non serve un appassionato per accorgersene, sono ispirate agli anni Sessanta e Settanta. Il motore è un bicilindrico raffreddato ad aria e olio da 648 cc capace di 47 CV a 7.150 giri e 52 Nm a 5.200 giri, presente anche sulla Super Meteor 650 (di cui vi parliamo qui), ovverosia un propulsore solido che non intende strapparvi le braccia ma che può essere guidato anche con patente A2. La componentistica delle due moto è la stessa: telaio a doppia culla, forcella tradizionale, un disco anteriore da 320 mm ed un posteriore da 240 mm. Bella poi la strumentazione, con due quadranti analogici, tutte le spie ben leggibili e giusto un piccolo display ad indicare il livello del carburante.
Trovare le differenze tra le due è semplice, non quanto un gioco della Settimana Enigmistica però: se a cambiare sono posizione di guida e stile, nel concreto c’è qualcosa in più. Dove la Interceptor 650 offre un manubrio alto e largo da moto classica, la Continental GT sfoggia due semimanubri (posti però sopra alla piastra di sterzo, per non estremizzare troppo la guida) e una sella differente, oltre a montare pedane in una posizione più adatta alla diversa configurazione dell’avantreno. Cambia poi la forma del serbatoio (in entrambi i casi da 13,7 litri) che si presenta squadrato e sportivo sulla Continental GT e più dolce sulla Interceptor. Royal Enfield può permettersi di sfoggiare, assieme alla bella linea delle sue moto, anche il cartellino del prezzo: 6.850 euro per la Interceptor e 7.050 euro per la Continental GT, entrambi da intendersi chiavi in mano.
Come vanno le nuove Royal Enfield Blackout
Primo: non sali su di una Royal Enfield per rompere il muro del suono. Secondo: una volta che ci sei salito non ti interessa più. Il trottare del bicilindrico è gradevole e i terminali di scarico a bassi regimi di rotazione hanno un tono quasi da custom. Più in alto, diciamo attorno ai 5.000 giri, la moto tende ad essere più silenziosa, motivo per cui se ne avessimo una in garage probabilmente staremmo cercando qualche componente aftermarket per far suonare queste due canne d’organo come meritano. Non tutti però hanno la stessa necessità. Ad ogni modo, da guidare la Interceptor è una bicicletta: sempre facile, morbida, nessuna vibrazione nemmeno a velocità autostradali. I 217 Kg di peso in ordine di marcia si possono avvertire, eventualmente, durante le manovre, o almeno può capitare se siete alle prime esperienze. Per tutti gli altri sono due moto sempre agili e svelte, comode anche per evitare il traffico della città. Per i viaggi più lunghi, diciamo superate le due ore, la sella risulta un po’ rigida, esattamente come te la aspetteresti da una moto di questo genere. Dove la Interceptor è comoda, facilissima e accogliente anche per chi non ha una grande esperienza, la Continental GT è davvero quello che sembra: meno intuitiva e rilassante e allo stesso tempo incredibilmente divertente. Ti fa sentire un po’ come i piloti di una volta, quelli che correvano il TT dell’Isola di Man con la sigaretta in bocca, un casco in pelle in testa e un paio d’occhialoni da aviatore a proteggere dal vento. Vibra un pochino di più e per andare allo stesso ritmo della Interceptor occorre un filo di malizia, perché per farla svoltare con la stessa decisione occorre spingere sulle pedane. È gustosa però, specialmente considerando che ci si può concentrare sulla guida senza paura di esagerare con il gas benché lei, come la sorella, di aiuti alla guida abbia solo l'ABS. A fine giornata è difficile fare una scelta: più razionale la Interceptor, più emozionante la Continental GT. Se dovessero rinunciare ad una delle due probabilmente sarebbe quest’ultima, meno versatile e più eccentrica, ma è tutta questione di punti di vista. Diciamo, forse generalizzando un po’, che la prima è una moto da caccia, da single in cerca di una serata, la seconda è più una moto per chi ha già una persona con cui condividerla. Oppure: la Continental GT è una scarpa col tacco, la Interceptor un bel mocassino. Di certo c’è il fatto che entrambe sono moto ben riuscite, autentiche e dal prezzo decisamente abbordabile. Se poi consideriamo che entrambe si prestano bene alle elaborazioni, il rischio di stufarsene è prossimo allo zero.
In conclusione? Due Kalashnikov su ruote
Per certi versi la Royal Enfield produce davvero dei kalashnikov su ruote, mezzi semplici e incredibilmente affidabili. A vederle in foto uno potrebbe pensare che dal vivo queste moto perdano parte del loro fascino, invece è proprio osservandole da vicino - le manopole con su inciso Royal Enfield, la sella con una R alata - che ci si rende conto dell’enorme lavoro fatto da tecnici e designer. Così il consiglio d’oro per chiunque sia interessato ad una di queste moto in questo caso vale anche di più: andatele a vedere, sedetevici sopra e se ne avete la possibilità provatele. Ci sono buone possibilità che ne restiate stupiti e grossi rischi che torniate innamorati.