Con l’inizio della bella stagione ci siamo fatti spedire da Yamaha una Tracer 7 GT, versione più ricca e raffinata della sport tourer stabilmente ai primi posti del mercato italiano in termini di vendite. La Tracer 7 è una moto che, sulla carta, promette di soddisfare qualunque stimolo, dal giro al mare al viaggio in Asia, da soli o in coppia. Con lei abbiamo affrontato un programma estremo: tremila chilometri, quattro nazioni diverse e due settimane di tempo per passare da Milano al GP d’Italia al Mugello e da lì ripartire per il Sachsenring, in Germania. Le possibilità di trasformare questa esperienza in una sorta di cura Ludovico, rendendo la sola idea di guidare una moto niente meno che una tortura, erano piuttosto quotate: dopo due settimane assieme o te ne innamori o speri di non rivederla mai più, un po’ come ritrovarsi in una convivenza forzata con una persona mai vista prima. Fortunatamente le cose sono andate ben oltre le aspettative, principalmente per via di un comfort di guida raro per la categoria - e nettamente superiore a quello di buona parte delle maxi enduro sul mercato - e dell’estrema facilità di gestione. Questa moto si guida quasi da sola, ti ci puoi divertire, è affidabile. Col passare del tempo diventa una certezza.
Due numeri per inquadrare la Tracer 7 GT: il motore è il CP2 di Yamaha, dove CP sta per cross plane, ovvero la fasatura a 270° per un bicilindrico da 690 cc che fa da base anche per MT-07, Ténéré 700, XSR 700 ed R7. In questo caso il propulsore garantisce 73 cavalli e 67 Nm di coppia, che - spoiler - permettono alla Tracer 7 GT di raggiungere serenamente duecento chilometri orari con valigie piene e cupolino in posizione alta. Esatto, oltre alle borse laterali la versione GT aggiunge una sella comfort e un cupolino regolabile in due posizioni. Tra le altre informazioni fondamentali: 17 litri di serbatoio, un peso 210 Kg e un prezzo di 10.199 euro, mille in più rispetto alla versione “liscia”. C’è poi un display a colori TFT da 5 pollici al quale si può connettere lo smartphone, fari a Led e sospensioni regolabili. Yamaha, inoltre, ha pensato anche ad una versione depotenziata a 35 kW per chi ha la patente A2.
Il primo incontro con lei lo facciamo in redazione, in Via Melzo a Milano. È bella questa Yamaha Tracer 7: pulita nelle linee, che ricordano le sportive della casa, e ben rifinita nei dettagli. Ha la qualità delle moto adulte ed in questa colorazione nera, blu e grigia (Icon Performance) è decisamente riuscita. Quando l’accendiamo per la prima volta il contachilometri ne segna appena quaranta in totale, è praticamente nuova. E, soprattutto, lo scarico produce un suono insospettabile per un motore Euro 5. La sella è a 835 mm da terra, ma essendo piuttosto stretta non dovrebbe essere un problema per i meno alti. Le premesse sono buone, tutte quante. Considerando il fatto che per strada non è così raro incrociare moto dalla cilindrata pressoché doppia, partiamo con un certo timore che una settecento potrebbe non bastare a rendere piacevoli le lunghe ore di viaggio che ci attendono. La prima trasferta dopo una giornata di riprese a Milano è verso Venezia, due ore abbondanti di autostrada con immancabile grandinata dalle parti di Desenzano. A 140 Km/h indicati la Tracer 7 è stabile, il motore è sufficientemente reattivo da consentire sorpassi svelti e i paramani sono un’ottima soluzione per non farsi martellare le dita dalla grandine. C’è poi il momento di riempire le borse laterali che battezziamo con un pennarello scrivendo V su di una e R sull’altra: il lato sinistro per caricare i Vestiti, che devono essere adatti sia al caldo del Mugello che al freddo del Sachsenring, mentre sul destro il Resto, ovvero computer, adattatori, un’agenda e altra roba più o meno utile, tra cui un paio di ciabatte. Lo spazio delle valigie (20 litri ognuna) non è sufficiente per un casco integrale, ma la capacità di carico è generosissima e l’idea di non dover viaggiare con il portatile sulla schiena è un enorme sollievo.
Partiamo per il circuito giovedì mattina, passando da Bologna per poi imboccare Futa e Raticosa, una sorta di rituale scaramantico per avvicinare il GP d’Italia con le divinità delle corse a favore. D’altronde quanti piloti, da Valentino Rossi a Marco Lucchinelli, si sono lanciati su queste stesse strade per andare al Mugello? se c’è una regola al GP d’Italia, quella è che se ne hai la possibilità ci devi andare in moto. Chi vive nel paddock lo sa e fa il possibile per farsi trovare pronto. Ad ogni modo, le divinità del motociclismo sembrano apprezzare e ci spediscono - tra caso e fortuna - un sontuoso invito da parte di Guido Meda per una serata assieme, da motociclisti. Lui si presenta con una Ducati Desert X a cui ha attaccato una borsa impermeabile dietro la sella in compagnia di Mauro Sanchini, che in Toscana è arrivato con una Honda Africa Twin 1100 completa di tris di valigie.
È la prima vera prova con la Yamaha Tracer 7 GT, perché questi due spingono. Se Futa e Raticosa le abbiamo affrontate con relativa calma, lasciando che il bicilindrico trottasse nel misto senza affondare il colpo, per seguire questi due signori usciti col casco dalla cabina di commento serve dare di più. Il gas finisce a battuta ad ogni uscita di curva e il cambio comincia a lavorare rapido e preciso, il che è una fortuna perché va usato spesso. Questi vanno forte, anzi qualcosa in più considerando che non ci si stanno nemmeno impegnando. La mattina, prevedendo una situazione simile, lasciamo le valigie laterali a Firenze e carichiamo un pieno di benzina. Nel primo tratto fino a Panna - dove fanno l’acqua Panna - a battere la strada è Meda: precisissimo, svelto da morire, sembra Herman Majer in discesa libera. Dietro, Sanchini segue come una pattuglia della stradale: svelto, accanito e decisamente disinvolto.
La Tracer 7 è rapida, tuttavia per stare dietro alla pattuglia di Sky devi inserire la marcia giusta e sfruttare tutta la coppia del motore. La moto si comporta bene in frenata, c’è un bel sostegno anche se con tutte le probabilità ne stiamo facendo un utilizzo leggermente diverso da quello pensato dalla casa madre. Se dai un pestone col piede entra l’ABS, ma se hai voglia di lasciare un po’ di gomma per terra puoi farlo mettendo il giusto carico sull’avantreno. Per andare più forte dovremmo frenare meno e farla scorrere maggiormente in curva, aspetto su cui può lavorare chiunque senza il timore che i cavalli non bastino: su strade così, che sembrano disegnate da nostro Signore, ci vuole soprattutto la manetta. La verità? se state pensando di prendere questa moto e di farci qualche giro con gli amici, lei c’è. Combatte e spinge, tirando fuori tutti i suoi 73 cavalli che per queste situazioni sono decisamente abbastanza. Va spremuta, ma anche salendo con l’idea di fare il tempo sei sempre sicuro e lei si guida bene, con facilità. Niente sorprese amare e niente paura di trovarsela per cappello, ma una reattività nel misto che abbraccia anche la guida sincopata e forse un po’ esasperata. Anche se questa Tracer 7 preferirebbe linee morbide e una guida dolce, sopporta volentieri qualche maltrattamento.
Al GP d’Italia la proviamo anche in coppia con un ospite d’eccezione, la domenica pomeriggio dopo il GP: Carlo Pernat, storico manager del motomondiale, sta lottando con una brutta ernia e ha bisogno di tornare in hotel, ma con quasi ottantamila persone ad aver riempito il circuito solamente nell’ultimo giorno (135 mila in tutto il weekend) se hai un’auto ti serve un’ora di tempo per fare dieci chilometri. Con una Tracer, chiaramente, è tutto più facile: è una moto leggera, i paramani danno subito un’idea di dove si può passare e dove è meglio evitarlo e Carletto, 74 primavere, arriva in albergo che non è nemmeno sudato. La sua è una recensione decisamente positiva.
Tra il GP d’Italia e quello di Germania abbiamo un lavoro da fare a Pitti Immagine Uomo, quindi a Firenze, che è spietata con le automobili ma dolce per chi viaggia su due ruote: quasi tutte le zone ZTL sono aperte alle moto e la Tracer 7 è perfetta per svicolare nel traffico, oltre ad assorbire perfettamente il pavé e le buche senza farsi mai trovare infastidita dalle rotaie del tram. Il giorno della partenza per la Germania però, diluvia. Le prime due ore di viaggio sono toste, l’acqua è tanta. Fortunatamente, guidare questo mezzo in autostrada è come far scivolare una palla da bowling sul parquet: va praticamente da sola. Vibrazioni prossime allo zero, tanta spinta per i sorpassi, poca aria addosso. La sella è ben imbottita, mai scomoda, al punto da farci benedire il momento in cui in Yamaha hanno deciso di affidarci questa moto e non un’altra. È passato il Brennero - con davanti strade bellissime, consigliate a chiunque - che ci rendiamo conto che con questa moto potremmo andare davvero dappertutto. In Alaska, in Giappone. Non è marketing, anzi. Potremmo farlo senza che diventi una sfida impossibile, perché questa moto va forte abbastanza, consuma pochissimo (siamo attorno ai 20 Km con un litro di verde) ed è dannatamente comoda, oltre ad offrire una visibilità più che buona anche al buio.
Se poi ci aggiungiamo il fatto che ci puoi caricare le valigie in un attimo e che non richiede una dedizione da fachiri siamo pericolosamente vicini alla moto totale, quel mezzo con cui più che un’estate passeresti una vita. Sull’autobahn tedesca abbiamo modo di capirla a fondo: fino a 180 Km/h ci arriva senza patemi, come se niente fosse, a quel punto richiede più attenzione perché se non stai perfettamente attento lo sterzo potrebbe cominciare a scodinzolare un po’. È normale, si tratta pur sempre di una moto dall’anteriore alto e senza ammortizzatore di sterzo. Ma se ti metti nella posizione giusta, in qualche secondo raggiungi comodamente i duecento orari (201, per la precisione) con valigie e zaino. Un appunto lo facciamo alla strumentazione, sempre leggibile ma forse un po’ caotica. E, per quanto l’indicatore del carburante mostri anche i chilometri percorsi in riserva, manca la vecchia spia arancione a catturare lo sguardo di chi guida.
In due settimane con questa moto abbiamo vissuto il GP d’Italia, dormito in Austria e passato una cupa settimana in Sassonia, a Chemnitz, per il GP di Germania al Sachsenring. Da lì siamo tornati in Italia passando per la Svizzera, percorrendo circa un migliaio di chilometri in un giorno. A stupire in questo caso non è stato riuscirci, è stato farcela e sentirsi già pronti a ripartire. Merito della posizione di guida e del motore, mai troppo impegnativo ma nemmeno così pigro. È una moto con cui costruire ricordi, che siano sparate sugli Appennini o lunghi viaggi lontani da tutto il resto. Va bene per la città, per le autostrade, per il misto. Va bene per innamorarsi del motociclismo e di quello che ci può regalare tra momenti di pura estasi in una bella strada, larga e liscia, o nell’istante in cui smette di piovere e il sole comincia a scaldarti, al punto che le uniche pause di cui hai bisogno sono quelle per riempire il serbatoio. Col denaro si possono comprare molte cose: bei vestiti, begli oggetti, belle esperienze, belle cene. E, nondimeno, belle moto. Il punto è che qui non devi nemmeno scegliere. La Tracer 7 diventa, in un attimo, una compagna di vita con cui andarsi a prendere un pezzettino di libertà.