Non è la prima volta. Ma forse è la prima volta che dura per così tanto tempo. E’ quello che viene da dire leggendo le parole che Maio Maregalli, manager del Team Yamaha Monster Energy, ha affidato al quotidiano spagnolo Marca. L’italiano non nasconde la profonda crisi di risultati e non solo che ha relegato la Yamaha a correre con due sole moto in pista e per posizioni che non rendono onore alla sua storia nel motorsport, ma ha spiegato che la strada da percorrere può essere solo una: lavorare con pazienza e senza colpi di testa.
I giapponesi, insomma, non muteranno il loro approccio al lavoro neanche davanti allo stradominio di Ducati e la stagione in corso è praticamente messa persa: il tempo per ribaltare la situazione non c’è, così come non c’è la volontà di sperimentare senza stare troppo a testare e senza prendersi tutto il tempo necessario. Una situazione, questa, che chiaramente non piace ai piloti, con Fabio Quartararo “schiavo” (si fa per dire, ndr) di un contratto fresco di firma e con cifre che difficilmente altri sarebbero disposti a pareggiare e Franco Morbidelli che, invece, ha già mezza valigia pronta. La parola che sintetizza tutto è “crisi”, ma Maio Meregalli prova a predicare calma.
“Abbiamo avuto altri momenti difficili, è successo anche con Valentino Rossi. E pure con Maverick Vinales. Ora i nostri rivali, specialmente gli europei, hanno fatto un grande salto. È strano vedere tre fabbriche europee al vertice e due giapponesi in difficoltà. Sicuramente dobbiamo fare un passo per cambiare il metodo di lavoro: si dice sempre che i giapponesi siano conservatori, ma noi stiamo lavorando. È un cliché, ma dobbiamo unire il metodo dei giapponesi con quello degli europei. Perché abbiamo già una base in Italia, con ingegneri europei. Dobbiamo unirli ulteriomente, generare nuova sinergia, per avere un vantaggio. Ce la stiamo facendo. Spero che i risultati si vedano presto, anche se presto non vuol dire quest'anno”
Per Meregalli, entrando specificatamente sulle questioni tecniche, il problema principale della Yamaha M1 è l’aerodinamica. Non potendo mettere troppo mano al motore, si è cercato di migliorare le prestazioni della moto sfruttando ali e appendici, ma questo ha reso la M1 molto meno guidabile e fin troppo nervosa. “Quando abbiamo dovuto omologare il primo pacchetto aerodinamico – ha spiegato - abbiamo dovuto perdere un po' di velocità massima e tornare indietro al 2021 per avere almeno la maneggevolezza. È stato deludente. Avevamo altri obiettivi. Per me non è necessario parlare di crisi perché, probabilmente, abbiamo orientato lo sviluppo in una direzione che non era quella giusta e stiamo pagando quella poca esperienza con l'aerodinamica. Gli altri, per quanto riguarda l’aerodinamica, sono partiti molto prima di noi e ora stiamo pagando quel ritardo. Dobbiamo fare il meglio che possiamo con quello che abbiamo e magari provare a capitalizzare al meglio gli eventuali errori degli avversari. Purtroppo ora i nostri piloti sono sempre costretti a spingersi al limite e questo fa sbagliare di più”.