Sebastian Vettel la Ferrari la amerà per sempre, lo si capisce dalle piccole cose. Come il fatto che la sua insoddisfazione e frustrazione, vivissime nei comportamenti del pilota di questa stagione, non sono sufficienti per fargli srotolare interamente la verità sui suoi ultimi anni in Ferrari. Ci racconta qualcosa in più rispetto a quanto sapevamo, o pensavamo di sapere, nel podcast ufficiale della F1 Beyond the Grid.
È un Vettel deluso da se stesso, quello che parla dei suoi anni in Ferrari come del fallimento di un obbiettivo molto preciso: vincere un mondiale con la rossa. Ma anche un Vettel pronto a ricominciare, a cambiare aria, a dare tutto se stesso per un team in crescita.
Dietro le parole del sempre pacato quattro volte campione del mondo però si nascondono i problemi, che non ci suonano certo nuovi, di una scuderia abituata a questi saluti complessi. Sebastian parla infatti di “battaglie che non andavano combattute” e non si recrimina gli errori in pista - come quello a Hockenheim nel 2018 - ma piuttosto i “litigi in cui non valeva la pena investire tempo”.
Non entra nei dettagli, ma nel suo silenzio si sentono gli addii di tantissimi altri piloti Ferrari. Campionissimi arrivati alla rossa sotto una buona stella, acclamati e osannati da scuderia e tifosi, e poi scivolati tra le mani di una squadra che ripete sempre gli stessi errori.
Vettel ha fatto i suoi, di errori, così come Alonso prima di lui e tutti gli altri nel passato della scuderia, ma il modus operandi della Ferrari non sembra cambiare e l’allusione a qualcosa che vada ben oltre le difficoltà in pista certo non ci sorprende.
Già a inizio stagione, quando Vettel annunciò in conferenza stampa che sul tavolo non gli era mai arrivata una vera e propria proposta per il 2021, era chiara la pessima gestione di Maranello sul piano piloti.
E se Sebastian - per carattere e amore di una scuderia a cui sarà comunque, nel bene o nel male, sempre legato - si è fermato a parole che hanno solo lasciato intendere i trascorsi degli ultimi anni, prima di lui in tanti hanno detto molto di più.
Su tutti Fernando Alonso, il cui carattere complicato non ha posto certo le basi per un addio docile, ma anche Jean Alesi - eterno talento mai concretizzato - e prima di loro Alain Prost. Ma l'elenco potrebbe essere lunghissimo, forse da far risalire a un problema concettuale di una scuderia che sembra investire sulle persone, cercando passione, per poi preferire sempre le prestazioni della monoposto, e finendo sempre per investire su nuove leve, scaricando sulle vecchie guardie il peso degli insuccessi.
Se Vettel nel suo saluto conserva il ricordo di un sogno comunque realizzato, per qualcuno dopo di lui l'insoddisfazione dei titoli mancati potrebbe non avere gli stessi modi gentili. E forse è arrivato il momento di cambiare strategia.