Paolo Simoncelli i nomi non li fa, ma è chiaro che è a quello che è successo a Jorge Martin che si riferisce quando, nel blog della Sic 58 Squadra Corse, afferma di “lasciare il Qatar grati per quello che non è successo”. Parla, ovviamente, dell’incidente avuto da Jorge Martin a Lusail e lo fa con gli occhi e il sangue raggelato di chi, purtroppo, ha la sua storia e quel dolore da portarsi dentro sempre. “Martin – scrive - ne è uscito quasi indenne dopo essere caduto e poi investito. Fortunatamente è stato colpito dieci centimetri lontano dal punto di non ritorno. Non era il momento, non era destino, chiamatelo come vi pare. In quella manciata di centimetri ci stava la tragedia”.

Sì, quella scena tra Di Giannantonio e Martin ne ha ricordata un’altra che fa malissimo ancora e che ha fatto tornare prepotentemente sotto i riflettori il tema della sicurezza. Perché ok che, tutto sommato, è successo molto meno di quello che sarebbe potuto succedere, ma qualche domanda bisognerebbe farsela lo stesso. E il coraggio di dirlo senza mezzi termini l’ha trovato proprio Paolo Simoncelli. “Mi viene da pensare ai famosi cordoli Misano – dice - Nati per proteggere, ma troppo spesso fonte di problemi: hanno la loro parte di responsabilità. Forse gli è stato dato il via libera con un po’ troppa leggerezza. Intanto i cerchi ormai sempre più leggeri per inseguire la performance a tutti i costi, si piegano, si danneggiano e ogni volta e è un costo per i team”.

Non sempre ciò che è fatto per la sicurezza è sicuro davvero. Anche perché poi c’è la componente umana e quasi mai, come Paolo Simoncelli ripete ormai da anni, si tiene conto dell’indole dei piloti: pronti a sfruttare ogni centimetro possibile e a prendere più rischi di quanti ne prenderebbe qualunque altro essere umano. Fino, a volte, a esagerare. E fino a far pensare che forse un ritorno al passato potrebbe essere la vera soluzione in nome della sicurezza. “I piloti oggi non hanno regole – continua infatti il patron del Team SIC58 - Sanno che fuori dalla curva non c’è più la ghiaia e diventa la sagra del fuori pista. C’è l’asfalto e questo cambia tutto. Chi osa non paga. Chi va lungo, torna in pista senza problemi. Chi non sbaglia mai che vantaggio ha? Continuiamo a premiare l’azzardo e a penalizzare la precisione. Lo dico da tempo: serve una regola chiara. Per esempio: se esci ti becchi un secondo di penalità. Oppure, visto che i fossati con i coccodrilli non li possiamo mettere, si torna alla vecchia cara ghiaia. Sbagliare deve avere un prezzo: ogni azione in pista pesa e insegna”. Non sarà l’unica strada, ma è un punto di vista. Sicuramente autorevole e da prendere in considerazione, con Paolo che, poi, torna a parlare della sua squadra e di un fine settimana in cui si sono fatti ancora i conti con qualifiche che vanificano tutto.
“Sono la nostra spina nel fianco, troppo indietro, troppo spesso – ha concluso - Eppure, finiamo quasi sempre nei dieci. Verrebbe spontaneo chiedersi: E se partissimo davanti? Ma le gare non sono matematica e le opinioni. Nepa ha vissuto un weekend complicato. Dopo una brutta caduta, che ci ha un po’ spaventato, è stato comunque dichiarato fit e con un piede malconcio, non ha mollato. Ha tenuto botta chiudendo ottavo. Tempi in crescita e determinazione sana a differenza del piede. Lunetta, invece, è nella fase ‘vorrei, vorrei, vorrei’ come canta Olly. Non lo vedo sereno e un pilota, per andare forte, deve essere leggero dentro. Se ci sono problemi fuori dalla pista, la pista se li prende tutti. Spero che lo aiutino a ritrovare quella serenità che l’anno scorso lo faceva spingere, ma con leggerezza. Ora ha bisogno di ritrovare quella versione lì. Gareggiare non per dovere, non per dimostrare, ma per sé stesso”.
