Marc Marquez è velocissimo. Si siede, ti guarda negli occhi: “Dimmi”. È il giovedì del GP d’Italia al Mugello, nel paddock si dice che Ducati abbia scelto Jorge Martín per il 2025 e che a lui toccherà la Ducati del Team Prima Pramac. Marc non la vuole e lo dice scandendo bene il no, parola più internazionale del globo. Dice che non aspetterà ancora a lungo la decisione Ducati, che ha altri piani tra cui rientra sicuramente KTM, soluzione per cui pare stia spingendo anche Dorna. Marc Marquez scorre svelto e sicuro con le sue risposte, dal suo museo a Cervera (“Io non c’entro niente, ho solo dato le moto”) al futuro di Pedro Acosta (“Starà davanti per i prossimi 10 anni”). E poi ancora su Valentino Rossi, Dio, il politically correct e la lotta al mondiale quest’anno, con il Team Gresini: “Sarà difficile ma ci proviamo”.
Qui nel 2022 hai annunciato la quarta operazione al braccio. Da lì hai passato due anni di inferno, ora sei competitivo e domenica puoi vincere. Che storia è stata?
“È vero. Anche se in tutto gli anni sono stati quattro, è stata una storia che mi ha fatto vedere lo sport da un punto di vista diverso. Io ho sempre pensato che il corpo fosse uno strumento per fare lo sport, ma ho capito che se non rispetti il tuo corpo non puoi fare nulla. Alla fine ho visto anche che nella vita ci sono altre cose. La grinta, l’ambizione e tutto il resto sono le stesse, altrimenti non sarei venuto nel Team Gresini a prendere questa moto. Poi certo, è stato un periodo molto duro. Ma alla fine la decisione è stata quella di fare un anno con Gresini per capire se ero ancora competitivo”.
A Cervera c’è un museo con tutta la tua roba: le moto, i trofei, le tute. È una collezione spaventosa. Come è andata?
“È stata un’idea del Comune, del paese. Mi hanno detto che c’era questo spazio e che avrebbero voluto metterlo a posto per poi metterci le mie moto. Io ho detto di sì, ma non c’entro niente, ho solo dato le moto. Tutto il resto e il biglietto d’entrata - che credo costi tre o cinque euro - va al Comune. Io non c’entro niente, alla fine ho sempre avuto un bel rapporto con loro”.
Non sei geloso della tua roba?
“No, alla fine cosa fai la tieni a casa? Mettendole lì la gente le può vedere, per me quello è un piacere”.
La sensazione è che da quando hai smesso di dominare in MotoGP, nel 2019, la tua fanbase sia aumentata. È così?
“Alla fine quando hai un periodo duro chi rimane è chi davvero ti vuole bene. È qualcuno che ti spinge nel momento in cui ti serve, ma per far crescere la fanbase devi vincere. Se tu vinci e sei davanti la gente aumenta”.
Parliamo di mercato: quanto sei disposto ad aspettare la decisione Ducati?
“Non si può aspettare tanto, perché alla fine devi avere un piano B e un piano C. È normale per i piloti veloci. Scadono i contratti, ci sono le opzioni. Non si può aspettare tanto anche per gli sponsor personali, che già adesso iniziano a fare i contratti per i prossimi due anni. Non si può aspettare tanto”.
Ho bisogno di una risposta secca: andresti a correre nel Team Prima Pramac nel 2025?
“No. Non è un’opzione per me”.
Meglio una KTM ufficiale?
“Per il momento ho piano A, piano B e piano C. Non voglio dire nomi, è vero che ora la Ducati è la moto che va meglio, ma ho altri piani con moto competitive ma soprattutto progetti competitivi. Io alla fine ho già detto quello che mi serviva per sentirmi forte”.
Tra Nadia, Cristian, Michele, Carlo e tutta la Gresini Racing sembra che tu abbia trovato la situazione che ti serviva. Te lo aspettavi?
“Sinceramente avevo solo una vaga idea. Alla fine io stavo cercando la moto, che è la Ducati. E ho avuto la fortuna di avere mio fratello qui dentro il team, che mi conosce come nessuno. Mi ha detto di venire qui, che mi sarei sentito bene. Ed è vero, è un team competitivo che può giocarsi tutto”.
Pensi che restare in Gresini nel 2025 con una moto ufficiale potrebbe essere un’opzione per te?
“Questo non è una decisione nelle mie mani. Quello che posso fare è fare gas in pista, così la gente che può lavorare a tutto questo ha più forza”.
Ti senti diverso dagli altri piloti?
“No. Io mi sento un pilota. Puoi aver vinto di più o di meno, ma alla fine sei una persona. Un altro pilota. E qui non puoi dire quanto hai vinto in passato: otto, sette, cinque mondiali… nello sport si vive il presente”.
Ti senti una persona diversa dalle altre?
“Penso che tanti atleti, non solo io, crescano molto in fretta. Questo perché da quando hai 15 anni vivi con molta pressione, stai con gente molto più grande di te… vedi la vita in un altro modo. E avere tutta questa pressione ti fa essere molto duro dentro di te. E questo mi piace perché alla fine il problema qui lo puoi avere la domenica, però il lunedì non te lo porti a casa. Nella vita invece i problemi puoi portarteli dietro a lungo e fare uno sport così ti aiuta ad affrontare meglio un po’ tutto”.
Tu hai sempre rischiato: con la diplopia, con il braccio… you’re a gambling man. Ti senti il tuo primo avversario, il tuo primo nemico?
“Alla fine ognuno ha il suo avversario e quell’avversario sei te. Devi cercare tu il tuo limite e lo fissi tu. Metti tu il punto de sofrimento. Decidi tu dove arrivare con l’ansia che ti chiude lo stomaco prima di una gara. Decidi tu quanto lavorare a casa per essere più competitivo quando vieni in pista. Alla fine sei tu, sempre”.
Cosa prenderesti a Pecco Bagnaia?
“Pecco? Eh. Tutta l’esperienza che ha con la Ducati. Adesso. E soprattutto le curve veloci, le fa molto forte”.
A Jorge Martín?
“A Jorge… il suo time attack. È molto buono, molto esplosivo”.
E a Valentino Rossi?
“Le esperienze di vita. Adesso per esempio io ho 31 anni. Se mi succedesse ancora questa storia del braccio non rifarei più quelle scelte. Ho sbagliato a tornare troppo presto e l’esperienza di vita è molto importante, ma… ognuno ha la sua”.
Credi in Dio?
“Non sono molto credente, ma qualche volta chiedo qualcosa”.
Anni fa hai detto che ti ritirerai quando non riuscirai più a lottare per un podio, per una quinta posizione… Hai mai considerato la Superbike o le corse in auto?
“No. Magari in macchina una gara, non un campionato. Ed è per questo che sono venuto al Team Gresini, cercavo una Ducati e un team con cui si poteva fare la top 5 e vincere. E qui avevo tutto per capire il mio livello, ora ho visto che sono competitivo… meno male”.
Pedro Acosta: sei d’accordo che capiremo tutti quanto è forte quando - speriamo mai - avrà un brutto infortunio?
“Per me sarà forte. Questo lo dicevano anche di me nel 2013. Quando prendi la prima botta forte… l’ho presa qui al Mugello, sono andato dritto in fondo al rettilineo, a trecento. Ho preso la seconda moto e lottato fino alla fine per la seconda posizione. Alla fine Pedro è forte, sarà forte e sarà tra quelli - se non proprio quello - che starà davanti in MotoGP per il prossimi 10 anni”.
Cosa pensi del politically correct in MotoGP?
“Per me non è politically correct, è social media correct. Viviamo questa vita qui. Prima a casa leggevi il giornale e basta: non vedevi i commenti, questo e quest’altro. Ora i ragazzi guardano il post, commentano, magari si offendono e tu pensi che devi essere molto corretto, perché altrimenti qualcuno si arrabbia. Prima tu non lo sapevi cosa si diceva di te, non c’era tutta questa dinamica e potevi essere più te stesso. Quindi sì, più che politically correct è social media correct”.
Punti a vincere il mondiale quest’anno?
“Beh, c’è questa possibilità faremo il cento per cento, sarà difficile ma ci proviamo”.