“Con un pilota come Marc la mentalità è sempre quella di fare il massimo”, ha raccontato Santi Hernandez, capotecnico di Marc Marquez, in una diretta Twitch ripresa dai colleghi francesi di Paddock GP. “Sono realista, non siamo al livello per lottare per la vittoria ad ogni Gran Premio, ma abbiamo il miglior pilota e può succedere di tutto. Il nostro obiettivo è stare davanti ogni fine settimana, senza pensare al titolo”. Al netto della straordinaria vittoria di Alex Rins in Texas, dove lo spagnolo aveva già vinto in passato, le difficoltà dei giapponesi sono sotto gli occhi di tutti e l’impressione è che le cose non miglioreranno alla svelta. Santi ha raccontato che: “Non possiamo vincere, soffriamo, lo vediamo con tutti i piloti Honda, non solo con Marc. Si vede quanto deve rischiare in gara per stare davanti. Non chiede una moto che possa guidare solo lui, ma che possano guidare tutti. Lo vediamo con Ducati: avere 8 piloti che vanno forte sulla stessa moto ti fa crescere”.
La verità di Marc Marquez però è almeno in parte diversa e potrebbe spiegare alcuni dei guai in cui si trova oggi HRC. In una puntata del documentario All In, disponibile su Amazon Prime Video, Marquez parla così del lavoro di sviluppo nei primi anni alla Honda: "Quando sono arrivato in MotoGP (nel 2013, ndr.) avevamo una gran moto e funzionava tutto bene. Se una parte funzionava per Pedrosa, io dicevo che non mi piaceva, puntavo all’alternativa e dicevo a Honda di non dare nulla a lui”. Parole confermate anche dallo stesso Daniel Pedrosa: “In HRC era così, il pilota che va più forte è il numero 1", ha raccontato l’ex compagno di squadra. "È lui che sceglie i pezzi e determina la direzione dello sviluppo. Quando è arrivato Marc io ero il riferimento, poi con le gare e i campionati vinti le cose sono cambiate e Marc ha cominciato a decidere a modo suo”.
Che negli anni Marc abbia puntato a far costruire ai giapponesi una moto inguidabile è da escludere a priori, nessun pilota - specialmente se vince così tanto - farebbe una cosa simile e probabilmente Santi Hernandez ha parlato di un cambio di mentalità all'interno del box 93. Se è vero che a pensar male ci si azzecca però, è verosimile che Marc abbia lavorato per mettere insieme una moto in grado di funzionare soprattutto quando a guidarla è lui, così da rendersi, se non indispensabile, quantomeno necessario alla Honda. Se non altro, i risultati in pista dicono questo: quando torna la moto funziona, quando non c'è la Honda piange. E un pilota come Pol Espargarò non è stato mai ascoltato più di tanto in termini di sviluppo. Il gioco però - se di questo si tratta - continuerebbe a funzionare soltanto con un Marc Marquez vincente.