Il ritiro di Valentino Rossi è stato accompagnato da speciali, interviste, racconti e riflessioni da parte di ogni genere media: di settore o meno, dai social alla televisione, radio, edicole, personaggi pubblici, siti internet. In breve, il racconto è stato trasversale come il suo successo. Pensavamo di aver già visto tutto più volte, invece Mediaset (che ha trasmesso in chiaro la MotoGP dal 2002 al 2013) ha messo insieme anni di materiale video, comparsate in TV di Valentino e interviste a lui e agli amici, raccontando il fuoriclasse di Tavullia dalla spontaneità degli inizi alla grandezza di oggi. Ne è uscito uno speciale sul personaggio, la sua leggerezza messa davanti ai numeri e alle imprese, in quasi un’ora di ricordi e racconti con una lunga intervista a Valentino nel mezzo.
“Valentino Rossi è più il ragazzino dell’adulto, mi sento molto vicino a quando avevo 25 anni sotto tanti punti di vista, soprattutto come pilota - esordisce Rossi - Però sarebbe triste non evolversi e non cambiare, è la vita di tutti. Però quarant’anni è una bella età da avere: è divertente, hai comunque un bello sprint però hai l’esperienza, sai come funziona. Per fare il pilota di MotoGP purtroppo sei vecchio, però per il resto va bene”.
La domanda che non si può evitare, il perché del suo addio alle corse, arriva da una bambina: “Mi ritiro perché sono vecchio”, è la risposta. “A me sarebbe piaciuto continuare a correre qualche altro anno sinceramente. Però dipende molto dai risultati. Quest’anno ci ho provato, era una bella sfida. Cambiavo un po’ aria e pensavo - e speravo - di essere un po’ più competitivo e vanno tutti molto forte. Se non ci sono risultati secondo me non vale la pena continuare, farò qualcos’altro”.
Qualcos’altro come il padre, quando tra fine febbraio e i primi di marzo Valentino vedrà per la prima volta sua figlia mentre la MotoGP vola in Qatar per la prima gara della stagione: “Da una parte mi dispiace di diventare babbo tardi, però è stata una scelta, nella mia testa non c’era lo spazio per fare tutto. Se volevo fare il pilota bene mi dovevo concentrare al 100%. Però mi dispiacerà un po’ che non mi avrà visto come pilota di moto, glielo dovrò spiegare! Sarà bello, ci saranno un sacco di immagini da farle vedere”.
Poi l’intervistatore legge a Rossi le parole di alcuni grandi dello sport al momento del ritiro. Comincia dai due Michael, Jordan (“Sono mentalmente esausto e non sento più di avere delle sfide”) e Schumacher (“Avevo vinto tutto e non mi divertivo più”). Valentino però, spiega che per lui le cose sono andate in un altro modo: “Per me la storia è stata un po’ diversa, io quest’intervista l’avrei potuta fare nel 2010. Avevo vinto già nove mondiali ed è stata un’annata sciagurata per me, il vero stop tra la mia prima parte della carriera e la seconda. A parte che già fino al 2010 avevo avuto due carriere diverse, la prima quando da giovane sono arrivato in 500 e volevo battere quelli forti. Poi sono passati gli anni e ho anche vissuto il contrario, il grande vecchio che non vuole essere battuto dai giovani (Stoner, Lorenzo, Pedrosa, ndr.) . Ma nel 2010 è stata un’annata veramente difficile perché mi sono fatto molto male alla spalla, poi mi sono rotto la gamba. Lì avrei potuto dire basta, ho vinto tutto, non mi diverto più, vado via. Il problema è che io volevo continuare a correre perché mi divertivo - le parole di Rossi - io l’ho sempre fatto per il gusto di guidare la moto, di andare alle gare, lavorare con la mia squadra. Però ci devono essere risultati, ti diverti se parti da casa sapendo che puoi lottare per arrivare nei primi cinque, fare un podio o vincere la gara. Quando manca quello diventa un po’ tutto fine a sé stesso, soprattutto dopo tanti anni”.
Diversa, invece, la storia di Andre Agassi, che ha dichiarato che la sua vita, dopo il ritiro, è solo migliorata: “Io purtroppo non credo che sarà così - la risposta del 46 - ho letto il libro di Agassi, secondo me uno dei più belli degli sportivi. E lui proprio racconta che quasi odiava il tennis, giocava per una sfida che aveva col suo babbo. Invece a me le moto son sempre piaciute e mi diverto a guidarle, quindi penso che la mia vita senza essere un pilota della MotoGP sarà diversa… ma non credo meglio”.
Non manca all’appello nemmeno Giacomo Agostini, che ha dichiarato più volte di aver pianto per tre giorni dopo il ritiro: “Io non ho pianto, no. Non è una cosa per cui mi stimo, è solo il mio carattere. Non mi viene da piangere. Se sto realizzando che mi ritiro? Mah, si. Penso che mi dispiacerà e non credo che piangerò, però vediamo”.
Più vicino forse il discorso fatto da Usain Bolt, anche se nemmeno questo l’avrebbe convinto a lasciare. Per il giamaicano, il momento del ritiro è arrivato quando si è accorto che, ogni anno, la preparazione diventava più dura, fino ad essere insostenibile: “È così. Ogni anno, per cercare di stare al top - ma anche per fare decimo a Misano quest’anno - mi sono fatto un c… Mi sono allenato tantissimo cercando di rimanere concentrato, è un attimo dire basta, mancano tre gare… Quando sai che devi svegliarti e andare a correre 10 chilometri ti viene voglia di stare a casa e giocare con la PlayStation. O sederti a tavola a bere un bicchiere di vino, e questo lo patisci. Però ce l’avrei fatta, non mi sento così stanco né mentalmente né fisicamente”.
L’ultimo addio commentato da Valentino è quello Mohammad Alì, sempre impegnato per i diritti degli oppressi, che dichiarò di aver conquistato il mondo ma non la felicità: “Secondo me dietro ad ogni sportivo ci sono motivazioni diverse - ha spiegato Rossi - Qualcuno lo fa per dimostrare al babbo che aveva ragione lui, qualcuno per diventare ricco. Qualcuno per avere più successo nella vita, con le donne e fare una vita più bella. È qualcuno lo fa perché è appassionato, perché gli piace. Io l’ho sempre fatto per quello”.
In un modo o nell’altro però, Rossi sa che non smetterà mai: “Non smetterò assolutamente di andare in moto e di essere un pilota, perché correrò in macchina. Sono quello che decide gli allenamenti dell’Academy in moto e continuerò a far quello, mi allenerò coi nostri piloti sia con l’R1 che con il cross e le moto piccole. Non smetterò, ma allenarmi con loro sarà sempre più difficile perché vanno sempre più forte e io andrò sempre più piano. Poi continueremo a girare al Ranch che è il nostro paradiso: rimarrò un pilota. Alla fine metti tutto te stesso in quello ed è quello che ti viene bene! Io sono sempre stato un pilota, da quando avevo 3 anni. Mi hanno chiesto un sacco di volte cosa avrei fatto se non avessi guidato. Io non so cosa rispondere sinceramente, non so cosa mi potrebbe venire bene oltre a quello. Però sono passati tanti anni e questo rischio è passato, sono stato abbastanza veloce per fare il pilota e non andare a lavorare davvero, cioè svegliarmi tutte le mattine alle otto e andare in ufficio”.